Dopo il blitz che tra giovedì sera e venerdì mattina ha portato dieci attivisti ad arrampicarsi su alcune antenne violando la zona militare, ieri pomeriggio un corteo di quasi 5000 persone ha sfilato tranquillamente, e sotto un sole cocente, nel territorio di Niscemi, puntando diritto alla sughereta dove sorge la base militare in cui gli Stati Uniti stanno costruendo, per la modica cifra di 8 miliardi, una enorme base radar per loro fondamentale per il controllo del Mediterraneo. Il corteo ha gridato slogan contro gli Usa, la militarizzazione, l’inquinamento e le spese militari, con le ''Mamme No-Muos'' che reggevano uno striscione con su scritto ''diritto alla salute''.
La maggior parte degli slogan però sono stati riservati al governatore siciliano Rosario Crocetta, per otto anni sindaco antimafia della vicina Gela, l'uomo che solo qualche mese fa aveva sfidato l'amministrazione Usa ritirando l'autorizzazione ai lavori per il completamento del sistema satellitare voluto dalla Marina militare statunitense, un permesso concesso nel giugno 2011 dal suo predecessore Raffaele Lombardo, nonostante contrada Ulmo faccia parte della riserva naturale della ''Sughereta''. Il veto proposto da Crocetta aveva avuto l'ok del Tar e si aspettava il pronunciamento dell'organo d'appello dei giudici amministrativi, il Cga; ma un mese fa, qualche giorno prima che le toghe si riunissero, Crocetta ha ritirato l'esposto, sottraendo ai magistrati la materia del contendere. La ragione del suo voltafaccia, aveva spiegato l’esponente del PD, starebbe nelle analisi condotte dall'Istituto superiore di sanità, che secondo lui avrebbe stabilito la non pericolosità dell'impianto per la salute. La mossa del governatore è stata naturalmente vissuta come un tradimento dai No-Muos, in testa le mamme, che per mesi hanno vigilato giorno e notte davanti alla recinzione dell'impianto. ''Crocetta ci ha preso per cretini ma noi non ci fermiamo. Lui ha avuto paura e si è ritirato. Noi lottiamo per i nostri diritti e la salute dei nostri figli'' ha detto alle agenzie di stampa Maria Concetta Gualato, coordinatrice delle mamme No-Muos. Nel corteo ieri spiccavano gli striscioni ''Fermarlo è possibile, tocca a noi farlo'' e ''Crocetta porta la Sicilia alla guerra''. Alla manifestazione oltre a esponenti di diversi partiti di sinistra, sindacati, associazioni e comitati, hanno partecipato anche i sindaci di Messina, Niscemi, Pozzallo, Caltagiorne, Acate, Piazza Armerina, e anche il consiglio comunale di Palermo ha dato la sua adesione.
Poco prima delle 19, quando il corteo è arrivato davanti alle recinzioni sono stati lanciati dei bengala e dei fumogeni. A quel punto moltissimi attivisti hanno cercato di scavalcarle mentre le forze di polizia in tenuta antisommossa tentavano di impedirglielo con delle cariche. Dopo qualche minuto però molti attivisti, ‘armati’ di cesoie e corde, hanno divelto le recinzioni o sono riusciti a scavalcarle, penetrando così all’interno della base e raggiungendo i loro compagni appollaiati sui tralicci. Altri manifestanti, invece, hanno preferito allontanarsi. Quelli che erano riusciti ad entrare nella ‘zona rossa’ si sono diretti verso la vecchia base, lontano dal cantiere dei lavori. Al termine della manifestazione, in serata, gli attivisti che da più di 24 ore erano arrampicati sulle antenne sono scesi, avendo portato a termine l’obiettivo che si erano prefissati.
Se la mobilitazione prosegue contro gli attivisti si scatena come al solito la repressione.
Se la mobilitazione prosegue contro gli attivisti si scatena come al solito la repressione.
A seguito dell’invasione di ieri la procura di Caltagirone ha aperto un'inchiesta per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, in riferimento anche al finanziere contuso, e danneggiamenti. I manifestanti hanno anche buttato giù ieri durante l’invasione della base oltre un chilometro di recinzione e ora chiunque può accedere all’area sequestrata finora illegalmente dai militari statunitensi. Finora però non risultano né fermati né denunciati che però potrebbero arrivare nelle prossime ore dopo l’analisi dei filmati girati dalla Digos. Dalle prime dichiarazioni degli inquirenti la tattica sembra quella già utilizzata in Val Susa: tentare di dividere il movimento tra attivisti autoctoni e manifestanti venuti da altre zone e individuare i militanti dei centri sociali o dei cosiddetti gruppi ‘anarco-insurrezionalisti’ come elementi di infiltrazione responsabili della radicalizzazione delle forme di lotta. I gesti citati dalle forze dell’ordine a giustificazione dell’apertura dell’inchiesta sono il lancio di un bengala contro un elicottero della polizia che sorvolava la zona, e il taglio di una gomma del furgone della Rai…
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