di Michele Paris
Un’accesa polemica scoppiata negli Stati Uniti sta coinvolgendo la
probabile favorita nella corsa alla Casa Bianca per il Partito
Democratico in vista delle elezioni presidenziali del 2016. L’ex
segretario di Stato, Hillary Clinton, è infatti da qualche tempo
bersaglio di critiche a causa della situazione finanziaria della sua
famiglia, la quale ha messo assieme un’autentica fortuna al termine
della presidenza del marito Bill nel gennaio del 2001.
Le entrate
dei Clinton erano finite al centro del dibattito politico dopo che, in
un’intervista televisiva, Hillary aveva sostenuto che lei e il marito
erano “usciti dalla Casa Bianca non solo al verde ma anche indebitati”.
L’ex presidente e la ex first lady erano “senza denaro” e costretti “a
mettere assieme le risorse per i mutui, per le case, per l’educazione
[della figlia] Chelsea”, ritrovandosi perciò in una situazione definita
“non facile”.
Successivamente, nel corso di un’intervista al britannico Guardian,
Hillary è arrivata a negare che la sua famiglia faccia parte della
cerchia di americani “veramente ricchi”, essendo piuttosto tra coloro
che pagano tasse sul reddito “normali”. In ogni caso, ha aggiunto
Hillary, i suoi introiti e quelli del marito non costituiscono un
problema, poiché i due sarebbero diventati ricchi sfondati “lavorando
duro”.
A definire il livello di ricchezza raggiunto dai Clinton e
il genere di “duro lavoro” che i coniugi hanno dovuto sostenere è stata
qualche giorno fa un’indagine del Washington Post basata sulle dichiarazioni dei redditi presentate fino al 2013, quando Hillary ha lasciato l’amministrazione Obama.
Se
anche nell’improbabile eventualità che i due leader democratici fossero
effettivamente usciti in condizioni economiche precarie dall’esperienza
alla Casa Bianca, gli stenti per loro non sono durati troppo a lungo e,
soprattutto, sono stati ripagati in maniera sostanziosa.
Infatti,
dal gennaio 2001 fino allo scorso anno, Bill Clinton ha incassato ben
104,9 milioni di dollari in compensi per discorsi tenuti durante
conferenze pubbliche e private. Questa cifra è il risultato di 542
apparizioni dell’ex presidente, con una media di oltre 190 mila dollari
per un singolo discorso, vale a dire circa quattro volte il reddito
annuo di una famiglia americana media.
Scorrendo l’elenco di enti
e compagnie che hanno ingaggiato Bill Clinton è facile comprendere
quale genere di “duro lavoro” sia stato compensato così profumatamente.
Secondo il Post, cioè, gli sponsor maggiormente interessati a
garantirsi l’apparizione dell’ex presidente sono da ricercare
nell’industria finanziaria di Wall Street. Soltanto le grandi banche e
gli istituti finanziari hanno pagato Bill Clinton quasi 20 milioni di
dollari per 102 conferenze.
Questo denaro è di fatto il compenso
assicurato dai banchieri e dagli speculatori d’oltreoceano al loro uomo
alla Casa Bianca, il quale soprattutto negli ultimi anni della sua
presidenza è stato protagonista della più grande operazione di
deregulation finanziaria della storia americana. Tra le leggi che hanno
concesso mano libera alle compagnie finanziarie di Wall Street, portando
direttamente al tracollo del 2008, ci sono almeno il Financial Services
Modernization Act del 1999 e il Commodity Futures Modernization Act del
2000.
La firma su questi provvedimenti ha assicurato a Bill
Clinton la riconoscenza dei colossi bancari USA e dei loro dirigenti che
hanno di fatto cooptato l’ex presidente nell’élite dei super-ricchi
d’America.
Tra
gli sponsor più generosi spicca Goldman Sachs che, nonostante la sua
agenda affollata, ha ingaggiato Bill Clinton in otto occasioni,
pagandolo un totale di 1,35 milioni di dollari. Ancora di più ha fatto
però la canadese TD Bank, per la quale Clinton ha parlato dieci volte
incassando 1,8 milioni di dollari. Questa banca, fa notare il Washington Post,
possiede una quota di TD Ameritrade, il cui fondatore, Joe Ricketts, è
uno dei più importanti finanziatori del Partito Repubblicano.
La
necessità forse di superare le difficoltà economiche della famiglia ha
però spinto Bill Clinton ad accettare ingaggi praticamente in qualsiasi
ambito. Dagli interventi di fronte a platee di imprenditori per
discutere di commercio estero o della crisi finanziaria alla
somministrazione di consigli a investitori desiderosi di ascoltare una
celebrità nazionale, Clinton ha invariabilmente richiesto parcelle
super-salate.
Una delle prestazioni in assoluto più pagate per
Bill Clinton risale al maggio di due anni fa, quando una trasferta
“frenetica” di sette giorni tra Svizzera, Danimarca, Svezia, Austria e
Repubblica Ceca gli valse qualcosa come 1,4 milioni di dollari. Proprio
il 2012 è stato l’anno finora più impegnativo e proficuo per l’ex
presidente, durante il quale ha tenuto 72 discorsi retribuiti per un
totale di 16,3 milioni di dollari.
Parte del denaro raccolto in
questo modo, tengono a precisare i portavoce dei Clinton, viene
indirizzato talvolta verso la loro fondazione privata. Bill, inoltre,
negli ultimi anni ha visto aumentare la concorrenza di Hillary, sempre
più richiesta - e pagata - per i suoi interventi dopo l’esperienza al
Dipartimento di Stato.
In seguito all’uscita dall’amministrazione
Obama, Hillary Clinton ha anche iniziato un tour per la promozione del
suo libro, “Hard Choices”, grazie al quale le entrate della famiglia
sono lievitate ulteriormente. Per l’anno 2013, in ogni caso, non ci sono
dati sulla situazione finanziaria dei Clinton, essendo cessato
l’obbligo di rendere pubblici i redditi una volta abbandonate da
entrambi le cariche pubbliche ricoperte.
Oltre a compensare i
servizi di Bill Clinton durante i suoi otto anni alla Casa Bianca, il
denaro erogato dall’universo delle banche e delle corporation degli
Stati Uniti servirà a garantire la difesa dei grandi interessi
economico-finanziari anche nel caso di un’eventuale futura presidenza di
Hillary.
I due leader democratici hanno d’altra parte mostrato
una grande abilità non solo nell’intercettare dollari per il proprio
interesse privato ma anche a favore delle loro campagne elettorali e
delle casse del partito.
Bill e Hillary, secondo quanto riportato questa settimana dal Wall Street Journal,
hanno contribuito alla raccolta di più di 1 miliardo di dollari in
finanziamenti elettorali in due decenni di impegno politico. La rete di
donatori a cui i Clinton possono attingere, secondo il quotidiano
newyorchese, rappresenta un indubbio vantaggio per Hillary sui
repubblicani, nel caso quest’ultima decidesse di correre per la Casa
Bianca nel 2016.
Secondo i dati presentati, almeno i tre quarti
dei finanziamenti elettorali raccolti grazie allo sforzo dei Clinton
provengono da compagnie private. Per dare l’idea della vastità dei
legami dei Clinton con il mondo “corporate” americano, basti citare la
quota di donazioni raccolte dai due presidenti Bush nell’ambito del
business USA, non superiore cioè al 60% del totale.
Anche in
questo caso, l’ex presidente e l’ex segretario di Stato si sono affidati
in buona parte alla magnanimità dell’industria finanziaria, con Goldman
Sachs che si è mostrata il singolo donatore più generoso tra quelli di
Wall Street (5 milioni di dollari).
Come ipotizza il Journal,
perciò, una candidatura alla Casa Bianca di Hillary Clinton potrebbe
convincere le grandi banche USA a “tornare nel campo democratico”, dopo
che nelle ultime elezioni avevano favorito il Partito Repubblicano,
soprattutto nel 2012 con Mitt Romney.
Gli scenari descritti
confermano dunque ancora una volta l’avanzato deterioramento delle
condizioni democratiche negli Stati Uniti, dove l’intero sistema resta
nelle mani di una ristretta cerchia di politici multi-milionari
sostenuti e finanziati da interessi multi-miliardari, a cui qualsiasi
presidente o membro del Congresso finisce per rispondere una volta
eletto.
La situazione economica dei Clinton non è comunque
un’eccezione ma, anzi, sempre più la regola in un sistema come quello
americano e non solo. A partire dal 2012, infatti, per la prima volta
nella storia degli Stati Uniti oltre la metà dei componenti del
Congresso di Washington ha dichiarato redditi superiori al milione di
dollari.
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