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29/11/2014

L’altra Corea a Nord: la bella Yo-jong Kim dittatrice sorridente


Un’altro Kim al potere in Nord Corea. Al femminile. La giovanissima Yo-jong, 26 anni, sorella del tondeggiante Kim Jong-un. Saga dinastica questa volta gradevole alla vista. Ma attenzione, ci spiega Michele Marsonet, che la sorridente Yo-jong è la numero 2 del regime, erede degli spietati Kim.

Continua la saga dinastica nella Repubblica Popolare di Corea. Dopo la prolungata assenza dalla scena pubblica dell’attuale leader Kim Jong-un, che aveva scatenato una ridda di voci circa una sua possibile defenestrazione (anche se era difficile capire chi sarebbe stato in grado di farlo), sale ora definitivamente alla ribalta un’altra Kim.

Si tratta della sorella minore, Kim Yo-jong, già comparsa in diverse occasioni ufficiali al fianco – o immediatamente dietro – del più celebre fratello. Le poche immagini disponibili ci mostrano una ragazza esile e piuttosto carina secondo i canoni della bellezza orientale, molto composta e consapevole del suo ruolo.

Se non sapessimo chi è verrebbe da dire che si tratta di una delle tante studentesse coreane (però del Sud) che frequentano i corsi di università straniere, incluse quelle italiane.

Invece, da quanto si apprende e usando il solito beneficio d’inventario sempre indispensabile quando si parla delle vicende di Pyongyang, la giovanissima Kim sta velocemente scalando i vertici del potere e alcuni analisti la danno ormai come numero 2 del regime.

La cosa più notevole è l’età. Già, perché al suo confronto i nostri due Mattei, Renzi (39 anni) e Salvini (41) fanno la figura dei proverbiali “vecchietti”.

Kim Yo-jong, infatti, di anni ne ha solo 26, essendo nata (a quanto pare) il 26 settembre del 1987. Ma anche il fratello che ora è capo supremo del Paese, da questo punto di vista, non scherza affatto. Nato nel 1983 e, quindi, appena trentunenne.

Solo che nel caso nordcoreano non è stata necessaria alcuna “rottamazione”. I due ragazzi non hanno dovuto liberarsi degli equivalenti di Bersani e di Bossi per accedere alla stanza dei bottoni, ma hanno semplicemente ereditato il potere supremo dal padre, Kim Jong-il, il quale a sua volta lo ricevette per investitura diretta dal più celebre esponente della famiglia, il fondatore della Repubblica Popolare Kim Il-sung. Il protagonista, per intenderci, della guerra che insanguinò la penisola coreana negli anni ’50 del secolo scorso.

Una “Dynasty” in piena regola, insomma, però reale e per niente di fantasia. Il potere che si trasmette da padre a figlio (o figlia) senza interferenza alcuna da parte di soggetti non appartenenti alla famiglia, e ovviamente senza sentire il parere di quel popolo che pur figura come protagonista diretto anche nel nome ufficiale della nazione.

Mi si potrebbe far notare che succede anche altrove, per esempio in alcune repubbliche ex sovietiche del Caucaso o dell’Asia centrale. Ma, senza citare casi per noi esotici, basta rammentare che negli Stati Uniti la lotta per la presidenza sembra orientarsi verso un duello permanente o quasi tra i Bush e i Clinton.

Una differenza tuttavia c’è, e di sostanza. Jeb Bush e Hillary Clinton la presidenza devono conquistarsela a suon di voti, e gli elettori possono bocciarli entrambi senza creare traumi a Washington.*

Per i Kim tutto questo non vale, e sembra in pratica impossibile pensare a un leader con un cognome diverso (credo anche a causa del processo di divinizzazione del fondatore dello Stato). Ciò detto, la Corea del Nord resta un Paese interessante per gli analisti politici, se non altro perché rappresenta un caso unico come durata nel tempo.

Fonte

* Bella battuta! (...)

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