“Gli europei devono finalmente prendere sul serio la creazione di un esercito europeo” scrive il settimanale tedesco Die Zeit. “Per
troppo tempo abbiamo approfondito la complessità della “divisione del
lavoro” con la NATO (Pooling e condivisione) o "difesa intelligente”
(Smart Defense). Se l'Europa vuole essere un fattore importante nella
politica di sicurezza internazionale, deve finalmente avviare la
programmazione congiunta e l’azione comune". Sollecitazioni in
questa direzione erano già emerse all’inizio dell’anno alla Conferenza
sulla Sicurezza che si tiene annualmente a Monaco di Baviera.
Alla vigilia della conferenza, la ministra della Difesa Von der Leyen
in una intervista a Der Spiegel, ha pronunciato le parole che la Merkel
aveva ripetuto a Monaco: “Non possiamo girarci dall’altra parte quando
assassini, e violenze accadono ogni giorno”. Non più solo un supporto
agli altri eserciti dunque, ma anche una partecipazione diretta anche
dove si rischia di combattere davvero. Dal canto suo il ministro degli
Esteri tedesco, Steinmeier ne aveva parlato a lungo con il ministro
degli esteri francese Laurent Fabius. Stenmeier si era anche sbilanciato
affermando che Berlino è pronta a collaborare con Parigi nelle missioni
militari in Mali e Repubblica Centro Africana. “L’Europa non può
lasciare la Francia da sola”, aveva detto. Ma in una intervista alla
Suddeutsche Zeitung, il ministro degli esteri tedesco era stato ancora
più esplicito: “I principali conflitti del mondo si spostano sempre più
vicino all'Europa e le loro conseguenze si fanno sentire immediatamente
in Germania" ha detto Steimeier, che poi ha precisato: “La Germania è
troppo grande per limitarsi a commentare la politica globale”. Il
ministro della Difesa Von der Leyen aveva poi chiarito nella citata
intervista allo Spiegel online, quali sono i teatri di crisi che la
Germania percepisce come problematici, e in modo molto particolare
l'Africa sulla quale si vanno definendo e concentrando gli interventi
militari delle forze armate dell'Unione Europea. “Non si tratta di
interessi tedeschi, si tratta di interessi europei. L'Africa è il nostro
vicino diretto”. Del resto era stato anche il presidente del comitato
militare dell’Unione Europea, il generale belga Patrick De Rousiers, a
rivelare “che l'UE si è impegnata nel Corno d'Africa dal 2008 in
conformità con l'aspetto sicurezza comune e la politica di difesa.
Inoltre, stiamo anche aumentando il nostro impegno lì, non lo stiamo
riducendo”.
Ma le tensioni che si respirano in Europa non vertono soltanto sulla questione ucraina
ma anche nei Balcani e si sono imposte violentemente in questi mesi
nell’agenda politica di chi ambisce ad un ruolo di potenza globale per
l’Unione Europea o per una parte di essa. In un recente incontro a
Bruxelles lo stesso generale Patrick de Rousiers, ha dichiarato che la
costruzione della struttura militare della UE è giunta a una fase in cui
è necessario definire il suo ruolo strategico. I partecipanti alla
riunione dei ministri della difesa dell'Unione Europea tenuta di recente
a Bruxelles, hanno sottolineato la necessità urgente di aumentare la
responsabilità della UE e degli Stati membri dell'Unione per la
sicurezza a livello internazionale, in particolare nel territorio del
vicinato europeo. Nella stesura approvata, il documento contiene un
vasto elenco di misure che devono essere adottate per raggiungere questi
obiettivi. Nell’attuale scenario di tensione e conflitto con la Russia
sull’Ucraina e nei Balcani, non è difficile indovinare cosa significhi
“territorio del vicinato europeo”. La stessa Merkel in visita in
Slovenia e Croazia (due paesi fortemente debitori verso la Germania per
il riconoscimento unilaterale della loro secessione dalla Jugoslavia nel
1991) aveva fatto capire che anche nella regione balcanica è in corso
un braccio di ferro con la Russia: "Non si tratta solo dell'Ucraina" ha
affermato la Merkel "che ne sarà poi della Serbia e dei Balcani
occidentali?".
Questa spinta alla costruzione di un esercito europeo e ad un
protagonismo globale dell'Unione Europea o di parte di essa, trova
sponde anche in Italia. “Occorre trovare degli elementi che facciano
rivivere sentimenti di identità europea e un coordinamento a livello
europeo dei vari eserciti nazionali potrebbe essere una soluzione in tal
senso” aveva dichiarato a giugno di quest’anno il ministro della Difesa
Pinotti indicando anche le soluzioni per superare le reticenze a
procedere in questa direzione da parte di alcuni paesi membri
dell’Unione Europea. Per renderla praticabile, afferma il ministro
Pinotti, basterebbe iniziare con passi graduali, magari coinvolgendo
pochi Paesi membri all'inizio e puntando a un allargamento solo
successivamente. “Non serve che tutti partecipino”, ha chiarito il
ministro, “per effetto dell'articolo 4 si possono usare delle
cooperazioni rafforzate, non solo in progetti industriali, ma anche
capacità operative. Il trasporto aereo militare potrebbe essere in parte
comune. O potremmo avere battle group realmente flessibili e a carico
del bilancio europeo, da usare in aree di crisi”.
Il piano inclinato continua a inclinarsi e se qualcuno ha ancora in
mente l'Europa pacifica e dei popoli, farà bene a immergersi in un bagno
di realtà. L'Unione Europea - o parte di essa tramite le cooperazioni
rafforzate previste dai Trattati europei - non può più fare a meno dal
dotarsi di un politica e di una struttura militare integrata, con tutte
le conseguenze nelle relazioni con gli altri popoli che non è difficile
immaginare. E su questo terreno, al di là delle cortine fumogene, hanno
proceduto velocemente. Sarà bene che nessuno sottovaluti, Russia
inclusa, le ambizioni del polo imperialista europeo.
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