A poche ore dall’inizio degli scrutini per l’elezione del presidente
della repubblica, appare sempre più chiaro che la Tunisia andrà al
ballottaggio il prossimo 31 dicembre. Nessun candidato tra i 22 presenti
ha infatti raggiunto il quorum sufficiente per essere eletto al primo
turno come primo capo dello stato dopo il deposto Ben Ali, nonostante
gli annunci trionfalistici di vittoria dei sostenitori dei due favoriti
alle elezioni: Mohamed Moncef Marzouki, presidente ad-interim oppositore del vecchio regime e sostenuto dagli islamisti di Ennahda, e Beji Caid Essebsi, leader del partito laico Nidaa Tounis e rappresentante della vecchia guardia di Ben Ali che ha trionfato alle elezioni parlamentari dello scorso mese.
Stando ai primi risultati degli exit polls, Essebsi si mantiene
comunque in testa nelle preferenze dei tunisini con il 42 percento
circa dei voti finora scrutinati, seguito da Marzouki con uno scarto di
circa dieci punti. Al terzo posto si piazza il leader del Fronte
popolare Hamma Hammami con il 10 percento delle preferenze, seguito
dall’uomo d’affari Slim Riahi. Come fanno notare la stampa nazionale e
internazionale, si è registrato un basso afflusso dei giovani alle urne,
un fenomeno che gli analisti fanno ricadere sui partiti politici
tunisini incapaci di coinvolgere i giovani con i loro programmi politici
e dare loro risposte.
Nonostante la vivace stagione politica che si è aperta con la
deposizione di Ben Ali e che ha visto l’ascesa e la caduta degli
islamisti moderati di Ennahda e la stesura di una Costituzione unica nel
mondo arabo in quanto a laicità, uguaglianza e libertà fondamentali,
infatti, Tunisi soffre ancora di problemi economici endemici, con una
disoccupazione da record, una corruzione diffusa e con i retaggi del
vecchio regime, oltre che con la minaccia del radicalismo sunnita che è
già costato la vita ai due esponenti dell’opposizione a Ennahda, Chokri
Belaid e Mohamed el-Brahmi.
La Tunisia aspetta quindi la terza tornata elettorale in tre mesi, un
voto storico considerato una tappa fondamentale del processo di
transizione politica in atto dall’inverno 2011, quando si è sollevata
contro un regime decennale e ha inaugurato la stagione delle primavere
arabe. Rivolte che agli occhi di molti analisti hanno preso una piega
democratica soltanto in questo Paese nordafricano, ma che adesso, con la
probabile vittoria di un ex esponente di quello stesso regime,
potrebbero non aver fatto abbastanza.
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