A un particolare tipo di debito
occulto di cui nessuno parla e al quale il Veneto, e molte altre
regioni, ha fatto spesso ricorso, e che si chiama “contratto di
concessione” o “finanza di progetto” (project financing).
Una brutta bestia affamata capace di stare acquattata per anni
proprio come un debito sommerso e saltare fuori al momento giusto
per mangiarsi il nostro sistema pubblico.
L’idea, tanto per cambiare, è copiata
dalla sanità inglese, e introdotta in Italia alla fine degli anni ’90
(legge n 415/1998) in una fase in cui alle regioni da una parte si
impongono imposte crescenti, restrizioni finanziare e dall’altra
è loro offerta, con la riforma Bindi, la possibilità di fare
“sperimentazioni gestionali”. Con questa scusa alle regioni non
sembrò vero di poter aggirare con i contratti di concessione, gli
sbarramenti di spesa: mentre si tagliava ovunque, soprattutto posti
letto, esse continuarono a costruire ospedali dandoli in
concessione ai privati.
Il contratto di concessione di un
ospedale è qualcosa di diabolico: il privato finanzia la
costruzione dell’ospedale avendone in cambio la gestione per un certo
numero di anni (20/30) dopo i quali il pubblico subentra come
proprietario ma ereditando praticamente dei catorci. La legge
impone che il privato per finanziare l’ospedale debba chiedere un
mutuo che tuttavia è garantito dal pubblico. Per cui tutti i rischi
finanziari sono del pubblico, il privato non rischia niente. Ma c’è
di più: il concessionario ha diritto di sfruttare l’opera
costruita, ma un ospedale non è un parcheggio o una autostrada che
nel tempo danno profitti, per cui per remunerare il finanziatore, la
regione e l’azienda di riferimento:
1) gli pagano un canone di concessione
per tutto il tempo della concessione trasferendo così spesa
pubblica al privato e senza nessun tipo di risparmio;
2) gli affidano la gestione completa di
quelli che si chiamano “servizi non sanitari” vale a dire mense,
raccolta rifiuti, pasti agli ammalati, pulizie, spazi commerciali,
quindi un business da paura ma che ha il piccolo inconveniente che
per essere privato è gravato dall’Iva e che quindi costa al pubblico
almeno il 22% in più.
Siamo alla più spudorata delle
speculazioni, cioè il concessionario ha interesse a spendere di
meno nei costi di fabbricazione dell’ospedale e quindi nella
qualità della struttura e a far spendere di più per la gestione.
Infatti i costi gestionali in generale sono diseconomici e per
questo maggiori rispetto a quelli degli ospedali a gestione pubblica
e, a seconda dei casi, essi variano dal 30, 40, 50% in più (L.Benci). Cioè la
qualità della struttura è bassa, i costi di gestione sono molto alti,
ai cittadini sono sottratte tante risorse e quel che è peggio si
costruisce un debito pubblico occulto perché nascosto nei bilanci
privati.
Quasi tutte le regioni per fare
ospedali hanno fatto ricorso ai contratti di concessione, perché
costruire un ospedale è una autentica fiera del malaffare. In
particolare si distinguono la Lombardia, il Veneto, la Toscana, la
Puglia, il Trentino - Alto Adige, l’Emilia Romagna... cioè tutte quelle
regioni che si autodefiniscono “virtuose”, che dicono di avere
i conti in regola.
Su questa immensa speculazione delle
regioni, la magistratura contabile proprio della regione Veneto,
ha detto chiaro e tondo che l’operazione di dare gli ospedali in
concessione al privato è “a debito” e va ad incrementare il debito
pubblico.
Se andiamo a vedere cosa è accaduto in
Inghilterra sbaglieremmo ad ignorare il monito della Corte dei Conti
e la denuncia dei medici di Vicenza: G. Hobsborne (head of exchequer del ministero delle finanze) ha definito il financing project in sanità come «totally discredited» e il governo è stato costretto per salvare i 31 Trust (Asl) a versare 451 milioni di sterline per finanziare i canoni di concessione degli ospedali, e attivare un fondo ad hoc di 1.5 mld di sterline per 25 anni per aiutare i trust in difficoltà.
Cosa accadrà in Italia non lo so,
anche se è prevedibile che anche questo sistema pubblico come
quello mutualistico, sotto il peso dell’indebitamento occulto e della
speculazione rischi di spezzarsi. Quello che so è che queste
regioni sono diventate di fatto enti immorali, che è immorale rubare
soldi ai malati e ai lavoratori e che in tutta Italia gli ordini,
i collegi, i sindacati, le società scientifiche, le associazioni
sociali, dovrebbero tutti insieme dire come i medici di Vicenza «ora
basta»... con i ladri di sanità.
21 novembre 2014
Le cagate del libero mercato di stampo anglosassone...
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