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18/09/2015

Il Movimento 5 stelle è un movimento populista?

Spesso si accusa il M5s di populismo (con evidente segno negativo dell’espressione e cioè come sinonimo di demagogia, rozzezza culturale, ribellismo inconcludente) e il movimento, per parte sua, ha reagito facendo sua quella definizione ma con segno politico (se democrazia è “governo del popolo”, il populismo è movimento di popolo, dunque è sinonimo di democrazia). Come stanno le cose?

Sicuramente il M5s presenta aspetti tipici di ogni movimento populista:

- l’aperta ostilità verso il ceto politico in quanto tale, cui si contrappone l’immagine del “cittadino qualunque” chiamato ad incarichi politici che sopperisce con l’onestà alla mancanza di formazione;

- la diffidenza verso gli intellettuali, visti come alleati dei politici;

- il rifiuto dell’ideologia ed, in particolare, delle categorie di “destra” e “sinistra” ritenute espedienti artificiosi per dividere il popolo, mentre la vera contrapposizione è fra “sotto” e sopra”;

- la convinzione che esistano soluzioni “semplici” a problemi complessi;

- l’ostilità alla politica in quanto sapere distinto da quello diffuso e quotidiano;

- la propensione a forme elementari di democrazia diretta e l’acceso antiparlamentarismo;

- rifiuto di ogni tipo di alleanza nell’affermazione della propria totale alterità;

- il rifiuto di ogni modello di organizzazione formalizzata ed in particolare del partito politico;

- la propensione alla leadership carismatica;

- convinzione che il “popolo” sia spontaneamente portatore di valori sani e, dunque, non debba essere “educato” da nessuno

- l’insistenza sul tema dell’onestà e della corruzione come principale discrimine fra il “sotto” (onesto) ed il “sopra” (corrotto).

Dunque, ce ne sarebbe abbastanza per definire il m5s “populista”, trattandosi di tratti in larga parte comuni a qualsiasi protesta sociale che muova dal “basso”. In fondo anche il nascente socialismo di fine ottocento aveva molti tratti in comune con questo schema, però, come è noto, nel giro di una decina di anni, si trasformò in partito politico, stabilì un rapporto stretto con forti gruppi intellettuali, partecipò alle elezioni politiche, concluse alleanze e “scoprì” la politica. Ma, a ben vedere, quello che abbiamo descritto è lo “statu nascenti” di ogni movimento di questo tipo, ma nessuno di essi resta tale per più di qualche anno.

In genere, o si assiste alla trasformazione in movimento organizzato prima ed in partito dopo (con le debite gerarchie interne, il proprio ceto politico professionale, le proprie discriminanti ideologiche ecc.) o, dopo una breve stagione di successo, il movimento si dissolve.

A fare la differenza è la “coperta della politica”: i movimenti che giungono a questo stadio di maturazione si trasformano in movimenti politici organizzati e dotati di una propria cultura politica ben identificabile, quelli che non compiono questo passaggio, in breve si dissolvono.

Ovviamente, sia in un caso che nell’altro, si tratta di sbocchi assai differenziati, per cui la trasformazione in partito può produrre cose molto diverse come il partito Socialista, il Partito fascista o nazista, il movimento justicialista (peronista), Lotta Continua o il Partito del Congresso Indiano. E per cose diverse intendiamo non solo cose diverse dal punto di vista della cultura politica e della collocazione sull’asse sinistra-destra, ma anche relativamente al modello organizzativo che cambia da caso a caso. Ed anche nei casi di “meteore” rapidamente dissolte potremmo indicare casi assai diversi anche rispetto alla modalità di scioglimento. E la convivenza fra aspetti agitatori di tipo demagogico, leadership carismatica e spinte genuinamente democratiche coesistono, in una emulsione che, prima o dopo, finisce inevitabilmente per decantarsi.

Dunque, quello che identifica realmente un movimento non è tanto questo quadro iniziale, quanto il processo di trasformazione che ne seguirà e l’approdo cui giungerà. Naturalmente, nella direzione che prenderà poi il movimento, influiscono molto una serie di dati di partenza di cui occorre tener conto.

Ed il M5s ha delle caratteristiche che ne fanno un movimento populista sui generis. Alcuni elementi li traiamo dallo studio condotto da Roberto Biorcio, altri da un sondaggio Demos comparso nella settimana fra il 7 e il 13 settembre su Repubblica on line.

Le diverse analisi sociologiche sulla composizione di elettori e militanti del M5s sono abbastanza concordi nel descrivere un movimento a forte componente giovanile, abbastanza equamente distribuito fra i due sessi, a dominante urbana e di livello culturale medio alto (superiore alla media è l’incidenza di laureati e diplomati). E’ interessante notare anche la distribuzione abbastanza omogenea dell’elettorato fra le diverse regioni, il che implica che il movimento non è legato ad una particolare caratterizzazione locale, ma “introita” le diversità regionali tipiche del nostro paese. Dati confermati dall’indagine Demos che segnala picchi particolarmente alti di consenso fra Studenti, impiegati, insegnanti, professionisti e molto bassi fra casalinghe e pensionati.

In questo quadro le due difformità rispetto alla maggior parte degli analoghi movimenti populisti (Idv, An, Forza Italia, Lega, per non andare lontani nel tempo e nello spazio) sono il livello culturale più alto e l’equilibrio fra i due sessi (questo in particolare rispetto ad An e Lega).

Dal sondaggio di Demos, relativo all’auto collocazione degli intervistati sull’asse destra sinistra, apprendiamo che:

-il 35% si definisce “esterno” a questo asse (il classico “non siamo né di destra né di sinistra”, ma sono inclusi anche i “Non sa - non risponde”)

-il 33% si colloca a sinistra

-il 21% a destra

-l’11% al centro.

Qui ci sono due elementi di interesse: il livello basso di quanti si collocano fuori dell’asse destra – sinistra (solo uno su tre di un movimento che, nel suo complesso si dichiara né di destra né di sinistra) e la percentuale più alta di quanti si collocano a sinistra. Se confrontiamo il dato con quello di altri movimenti ad origine populista (Lega ed An in particolare) constatiamo che si è trattato prevalentemente di movimenti di destra.

Apparentemente anche il M5s ha una caratterizzazione da partito a leadership carismatica personale per il ruolo di Beppe Grillo, ma, a vedere le cose più da vicino, ci accorgiamo che: a differenza di tutti gli altri movimenti populisti, qui non abbiamo un leader carismatico, ma due personaggi, che si dividono i compiti e nessuno dei due è parlamentare. Anzi, nessuno dei due ha un incarico politico che formalizzi questo rapporto di leadership. Sia Grillo che Casaleggio si pongono non come “capi” ma come “garanti” del movimento. Un leader carismatico è tale se è indiscusso, invece in almeno tre occasioni, la base del movimento ha sconfessato le posizioni di Grillo votato la tesi opposta, e questo non ha affatto incrinato il rapporto di fiducia della base nei suoi confronti. In un movimento populista “classico” una dinamica di questo tipo sarebbe inimmaginabile.

Dunque, possiamo concludere che il M5s nasce come movimento populista ma sui generis. Molto dipenderà dal tipo di evoluzione che ci sarà nei prossimi due-tre anni, per ora possiamo solo individuare delle tendenze.

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