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14/09/2015

Iran - Accordo sul nucleare, verso la ratifica e oltre

di Giorgia Grifoni

Non ce l’ha fatta a passare, al Congresso Usa, la fatidica mozione contro l’accordo con l’Iran. La battaglia condotta dal Partito repubblicano si è fermata venerdì scorso, quando i membri della casa dei Rappresentanti non sono riusciti a superare il quorum di 60 voti necessario per bloccare l’intesa raggiunta lo scorso luglio: solo 58, con il partito democratico quasi compatto intorno al presidente che ha gentilmente donato 42 dei suoi voti in favore dell’intesa. Il giorno prima era stato il Senato a dare la sua benedizione all’accordo. Il prossimo 17 settembre ci sarà la votazione finale, ma la strada sembra già spianata per la ratifica: un grande successo per l’amministrazione Usa che, secondo l’analista geopolitico Nima Baheli è “indicativo di come Obama, Kerry e tutto il Partito democratico abbiano investito nella riuscita di questo accordo. Un accordo che può essere visto sia come un fatto epocale dopo 35-36 anni di contrasto Stati Uniti-Iran, sia come uno dei tanti operati di Obama che potrebbero passare alla storia. Inoltre, l’accordo rappresenta un trampolino di lancio per il prossimo presidente, in particolare per il candidato democratico che potrebbe essere Hilary Clinton”.

La votazione del 17 settembre sarà l’ultima sulla mozione presentata dai Repubblicani. Quale sarà il passo successivo?

Da voci di persone dentro ai vari giochi, si dice che gli Stati Uniti abbiano investito veramente molto a livello di impegno e di immagine per i propri partner europei spronandoli ad andare in Iran a incontrare le autorità iraniane. E’ in quest’ottica che si deve leggere la visita di Gentiloni, dei francesi e prossimamente della Merkel. L’idea è che adesso ci siano da fare semplicemente incontri, magari anche dei memoranda d’intesa e che da qui a fine anno, forse gennaio – febbraio, le sanzioni possano essere tolte e si possa ricominciare a fare affari con l’Iran, che è un paese di 80 milioni di persone con un reddito medio abbastanza buono: insomma, un buon mercato per le imprese europee.

Come potrebbe, un’eventuale ratifica dell’accordo, modificare lo scenario internazionale, in particolare laddove – Siria, Yemen, Iraq – gli iraniani, come anche gli americani e i loro alleati sono più impegnati?

Personalmente penso che lo scenario Siria, rispetto allo scenario Iraq/Yemen siano un po’ differenti. In tutti e tre gli scenari si dice che l’Iran abbia il suo ruolo importante. L’Iraq penso sia prioritario sia per gli americani sia per gli iraniani per gli stessi interessi a lungo termine, ovvero cercare di farne uno stato unitario e mantenerlo tale. Un’ipotetica ratifica dell’accordo dovrebbe portare a una maggiore stabilizzazione, al rigetto dell’Isis dai confini iracheni. Nello Yemen reputo che l’Iran non sia un quadrante così importante, per cui in qualche maniera lo Yemen potrebbe essere sacrificato nell’ottica dell’accordo fatto e questo si evince dal fatto che gli Stati Uniti hanno dato un appoggio abbastanza forte all’Arabia Saudita nell’attacco allo Yemen. Discorso differente invece per la Siria, dove l’Iran reputa la presenza di un governo amichevole e alleato una priorità e in cui in questi anni ha investito grosse somme, sia per i quantitativi di armi, sia per l’impegno politico, economico e militare. In questa prospettiva, in tandem con i russi l’Iran dovrebbe cercare di arrivare a una sorta di accordo, di pacificazione e, secondo me, l’attuale impegno russo che varie testate hanno ricordato va in questa direzione.

Come bisogna interpretare l’ostilità verso Washington che continua ad arrivare da una parte dell’Iran, cioè dall’ayatollah Khamenei?

Si tratta di una strategia negoziale per far capire comunque agli Stati Uniti che l’Iran non sta elemosinando l’accordo: se l’accordo si fa bene, se l’accordo non si fa va bene lo stesso. Il fatto stesso che Hassan Rouhani e la leadership iraniana abbiano sottoscritto questo accordo indica che c’è stato il beneplacito della Guida Suprema. Quindi, le dichiarazioni che ogni tanto possono venire da Khamenei o da persone del suo entourage per me sono strategie negoziali e basta. Escludo che nel breve termine si apra un’ambasciata americana in Iran, ma penso comunque che la Guida Suprema voglia in questo momento una normalizzazione dei rapporti economici dell’Iran con l’Occidente.

In giugno il parlamento iraniano si riuniva per approvare un disegno di legge che vietava l’ingresso ai tecnici stranieri nei siti militari iraniani. La questione era diventata un braccio di ferro nelle ultime fasi del negoziato,ma alla fine l’avevano spuntata gli Stati Uniti. Cosa può, il parlamento iraniano, contro l’accordo?

Il parlamento iraniano aveva ratificato dei limiti. Nell’ambito dell’accordo, comunque, i funzionari dell’Aiea non possono andare direttamente nei siti, ma devono dare un preavviso al governo iraniano e chiedere l’autorizzazione per entrare, con margini temporali che vanno dai 24 ai 60 giorni. Questo è un risultato positivo sia dello staff negoziale iraniano come anche delle direttive che in qualche maniera il parlamento iraniano aveva dato. E, come hanno dichiarato sia lo staff negoziatore iraniano che Obama, non ci sono state dei veri vinti né dei veri vincitori, ma si è soltanto cercato di venire incontro l’uno alle esigenze dell’altro. All’interno del parlamento iraniano ci sono varie frange che possono essere in qualche maniera critiche di questo accordo, perché sostengono che l’Iran abbia accettato un’ingerenza delle potenze straniere in politica energetica ed estera: però, allo stato attuale, sono minoritarie. Inoltre, se non nelle parole ma quantomeno nei fatti, la Guida Suprema  supporta l’accordo e se ci dovessero essere dei problemi, questi non verranno certo dal parlamento iraniano ma tutt’al più dal Congresso americano.

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