l’Espresso online, 30 novembre 2015
Le mistificazioni dei
crociati della “guerra santa” trovano terreno fertile nella crisi
economica e nelle politiche che la determinano. Come il gold standard
britannico fu foriero del primo conflitto mondiale, l’eurozona tedesca è
la levatrice degli odierni imperialismi europei
di Emiliano Brancaccio
Difendere i valori della cristianità
contro orde di musulmani intenzionati a soggiogare l’Europa. Chiudere le
frontiere e respingere gli immigrati per impedire l’accesso ai
terroristi. Partecipare ai bombardamenti e inviare truppe per reagire
agli attentati. Con gradazioni diverse, ognuna di queste proposizioni
costituisce una miscela di opportunismo, ignoranza e follia. In Italia, i
più indefessi fabbricatori di tali mistificazioni sono Salvini e i suoi
maestri di pensiero magico. La loro bussola politica può esser
sintetizzata nel grido “usciamo dall’euro ed entriamo in guerra santa”.
Un binomio istruttivo, se non altro per ricordarci che da quel nefando
accrocco di destra che è la moneta unica, costoro sarebbero capaci di
farci uscire ancor più a destra.
I novelli crociati, tuttavia, non si
trovano solo tra le fila delle forze xenofobe. Le mistificazioni
guerrafondaie si ritracciano ormai persino in alcuni editoriali del
Corsera. L’obiettivo non è nuovo: persuadere un governo riluttante a
lanciarsi in un’altra disastrosa avventura bellica. E’ il proposito di
una borghesia egemone ottenebrata da sé stessa, pronta a calpestare il
ripudio costituzionale della guerra pur di tenere un ruolo nella
tragedia che da tempo si consuma tra le macerie mediorientali. “Nous
laissez faire” è il suo vero motto: “lasciateci fare”. La storia
evidentemente non insegna. La deflazione investe oggi non soltanto i
salari, ma a quanto pare anche le coscienze.
Per provare a riaccendere qualche lume
suggerisco la rilettura di un saggio di Lucio Caracciolo per più di un
verso premonitore, pubblicato subito dopo la strage di Charlie Hebdo. In
esso si legge: “proprio perché il terrorismo è un pericolo permanente,
dobbiamo sfuggire all’ingranaggio della paura che ci spinge ad
arroccarci in spazi recintati ma mai impenetrabili, a scambiare i
migranti per orde nemiche che starebbero invadendo il Bel Paese, tra le
cui pieghe si infiltrerebbero squadre di attentatori. Salvo poi
lanciarci in campagne militari destinate a scavare nuove buche sulla
sabbia, da cui scaturiranno nemici più agguerriti e numerosi di quelli
che avremo eliminato. La lotta al terrorismo implica determinazione
fredda, paziente” (Limes, 1/2015).
Parole da sottoscrivere, oggi più di ieri. Perché il confondere
l’immigrato col terrorista è una bieca falsificazione del reale. E
perché, guarda caso, i suoi propugnatori sono gli stessi che della crisi
occupazionale e salariale cercano un capro espiatorio nella libera
circolazione di persone, mentre furbescamente glissano sulle cause
principali, come l’indiscriminata libertà di movimento dei capitali o la
liberalizzazione commerciale senza freni. Xenofobia liberista, così
potremmo definirla. La sinistra sarà pure evaporata, ma la peggiore
destra esiste ed è in ottima salute.
Lo scritto di Caracciolo è interessante
anche perché muove da un’evidenza ampiamente documentata in ambito
scientifico, ma che nel dibattito politico risulta sottaciuta: esiste un
legame stringente tra le relazioni monetarie internazionali, i connessi
orientamenti di politica economica e le dinamiche della geopolitica.
L’autore si riferisce alla partita in gioco tra Stati Uniti e Cina, ma
il nesso è generale e riguarda pure l’Europa. Un regime monetario
interno votato alla crisi permanente, alla divaricazione degli squilibri
sociali e alla distruzione economica di interi territori, rappresenta
un gigantesco alimentatore di consensi verso una politica estera di
guerra. Di questa ovviamente il terrorismo costituisce il detonatore, ma
le condizioni oggettive che la favoriscono sono determinate dalla
politica economica deflattiva imposta dagli interessi prevalenti
dell’unione monetaria. Come il gold standard britannico fu foriero del
primo conflitto mondiale, l’eurozona tedesca è la levatrice degli
odierni, confliggenti imperialismi europei.
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