di Michele Paris
Come annunciato all’indomani degli attentati di Parigi del 13
novembre scorso, il presidente francese, François Hollande, e il primo
ministro, Manuel Valls, hanno presentato questa settimana al Consiglio
dei ministri una proposta di riforma della Costituzione per dare solide
fondamenta legali a iniziative da stato di polizia. Il presidente
potrebbe avere la facoltà di dichiarare arbitrariamente lo stato di
emergenza nel paese per un periodo ancora da stabilire, durante il quale
sarebbero sospese tutte le principali libertà democratiche.
La
proposta era stata avanzata dopo la strage dallo stesso Hollande nel
corso di un intervento straordinario di fronte a una sessione congiunta
del Parlamento a Versailles. In quell’occasione, Hollande aveva anche
chiesto il prolungamento di tre mesi dello stato di emergenza da poco
dichiarato.
Tra i poteri che verrebbero assegnati alle forze di
sicurezza grazie all’emendamento in discussione figurano quelli di
sorveglianza e di arresto sulla semplice base di comportamenti sospetti o
minacciosi dell’ordine pubblico. Perquisizioni e detenzioni potranno
essere effettuate con questi semplici pretesti e non ci sarà possibilità
di contestare le misure davanti a un giudice.
Non solo, nella
proposta del presidente e del capo del governo vi è anche la possibilità
di togliere la cittadinanza francese ai condannati per atti di
“terrorismo”. Il provvedimento sembra essere stato modificato rispetto
alle intenzioni iniziali e sarà previsto solo per coloro che hanno
doppia nazionalità.
Il fatto che molti francesi di origine
nordafricana mantengano la cittadinanza del loro paese di origine rende
potenzialmente molto vasta la portata della misura. In ogni caso, la
privazione della cittadinanza è una soluzione profondamente
anti-democratica, visti anche i precedenti storici relativi proprio alla
Francia.
Oltre a essere una proposta tradizionalmente sostenuta
dal Fronte Nazionale (FN), la revoca della cittadinanza fu usata nei
confronti di decine di migliaia di ebrei e oppositori dell’occupazione
nazista e del regime di Vichy durante la seconda guerra mondiale.
Come
ha spiegato lo storico francese Patrick Weil nei giorni scorsi, se la
proposta del governo dovesse essere adottata, si creeranno “due
categorie di cittadini” di fronte alla Costituzione francese. La stessa
ministra della Giustizia, Christiane Taubira, solo lunedì aveva
affermato in un’intervista a una radio algerina che “la privazione della
cittadinanza ai nati in Francia – i quali appartengono alla comunità
nazionale fin dalla nascita – solleva problematiche sostanziali su un
principio fondamentale, quello dello jus soli”, previsto appunto dalla
legge transalpina.
La presa di posizione della ministra è
sintomatica delle divisioni che devono essere emerse all’interno del
governo e dell’establishment Socialista, vista la delicatezza della
questione. Secondo il Nouvel Observateur, infatti, la proposta
di emendare la Costituzione voluta da Hollande sarebbe stata modificata
“dopo numerosi dibattiti” interni, mentre molti giuristi e parlamentari
avrebbero criticato l’iniziativa.
Il quotidiano Le Monde,
ad esempio, ha citato deputati e veterani Socialisti che hanno bocciato
l’emendamento, facendo riferimento sia alle implicazioni legali sia,
più frequentemente, alla sua inefficacia nella lotta al terrorismo.
Mercoledì anche il sindaco di Parigi, la socialista Anne Hidalgo, si è
detta “fermamente contraria” all’ipotesi avanzata dal governo sul ritiro
della nazionalità francese.
Il cambio della Costituzione per
codificare l’assegnazione di poteri virtualmente assoluti al presidente è
solo lo sviluppo più recente del processo di spostamento verso destra
del Partito Socialista francese. La rapidità di questa evoluzione, sotto
la spinta non tanto della minaccia del terrorismo quanto della crisi
economica e della risposta ad essa data della classe dirigente
transalpina, è testimoniata dal fatto che solo alcuni anni fa i leader
Socialisti, tra cui lo stesso Valls, avevano aspramente criticato
l’allora presidente Sarkozy per avere ipotizzato la privazione della
nazionalità per quanti minacciavano la vita di membri delle forze di
sicurezza.
Oltre
a un certo numero di politici, anche svariati giornali francesi hanno
più o meno apertamente denunciato le riforme costituzionali proposte da
Hollande, principalmente per il timore che una troppo evidente deriva
autoritaria e la rottura con i principi repubblicani possa provocare una
crisi di legittimità per un governo e un presidente già tra i più
impopolari della recente storia della Francia.
Il numero uno
dell’Eliseo e il primo ministro Valls sembrano intenzionati invece a
fare appello al nazionalismo e ai sentimenti xenofobi di una parte della
popolazione, alimentandoli con lo spettro del terrorismo, per
ritagliarsi una qualche base di consenso che legittimi la prosecuzione
di politiche impopolari sia sul fronte economico sia su quello della
sicurezza nazionale.
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