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25/12/2015

Francia, l’emergenza democratica

di Michele Paris

Come annunciato all’indomani degli attentati di Parigi del 13 novembre scorso, il presidente francese, François Hollande, e il primo ministro, Manuel Valls, hanno presentato questa settimana al Consiglio dei ministri una proposta di riforma della Costituzione per dare solide fondamenta legali a iniziative da stato di polizia. Il presidente potrebbe avere la facoltà di dichiarare arbitrariamente lo stato di emergenza nel paese per un periodo ancora da stabilire, durante il quale sarebbero sospese tutte le principali libertà democratiche.

La proposta era stata avanzata dopo la strage dallo stesso Hollande nel corso di un intervento straordinario di fronte a una sessione congiunta del Parlamento a Versailles. In quell’occasione, Hollande aveva anche chiesto il prolungamento di tre mesi dello stato di emergenza da poco dichiarato.

Tra i poteri che verrebbero assegnati alle forze di sicurezza grazie all’emendamento in discussione figurano quelli di sorveglianza e di arresto sulla semplice base di comportamenti sospetti o minacciosi dell’ordine pubblico. Perquisizioni e detenzioni potranno essere effettuate con questi semplici pretesti e non ci sarà possibilità di contestare le misure davanti a un giudice.

Non solo, nella proposta del presidente e del capo del governo vi è anche la possibilità di togliere la cittadinanza francese ai condannati per atti di “terrorismo”. Il provvedimento sembra essere stato modificato rispetto alle intenzioni iniziali e sarà previsto solo per coloro che hanno doppia nazionalità.

Il fatto che molti francesi di origine nordafricana mantengano la cittadinanza del loro paese di origine rende potenzialmente molto vasta la portata della misura. In ogni caso, la privazione della cittadinanza è una soluzione profondamente anti-democratica, visti anche i precedenti storici relativi proprio alla Francia.

Oltre a essere una proposta tradizionalmente sostenuta dal Fronte Nazionale (FN), la revoca della cittadinanza fu usata nei confronti di decine di migliaia di ebrei e oppositori dell’occupazione nazista e del regime di Vichy durante la seconda guerra mondiale.

Come ha spiegato lo storico francese Patrick Weil nei giorni scorsi, se la proposta del governo dovesse essere adottata, si creeranno “due categorie di cittadini” di fronte alla Costituzione francese. La stessa ministra della Giustizia, Christiane Taubira, solo lunedì aveva affermato in un’intervista a una radio algerina che “la privazione della cittadinanza ai nati in Francia – i quali appartengono alla comunità nazionale fin dalla nascita – solleva problematiche sostanziali su un principio fondamentale, quello dello jus soli”, previsto appunto dalla legge transalpina.

La presa di posizione della ministra è sintomatica delle divisioni che devono essere emerse all’interno del governo e dell’establishment Socialista, vista la delicatezza della questione. Secondo il Nouvel Observateur, infatti, la proposta di emendare la Costituzione voluta da Hollande sarebbe stata modificata “dopo numerosi dibattiti” interni, mentre molti giuristi e parlamentari avrebbero criticato l’iniziativa.

Il quotidiano Le Monde, ad esempio, ha citato deputati e veterani Socialisti che hanno bocciato l’emendamento, facendo riferimento sia alle implicazioni legali sia, più frequentemente, alla sua inefficacia nella lotta al terrorismo. Mercoledì anche il sindaco di Parigi, la socialista Anne Hidalgo, si è detta “fermamente contraria” all’ipotesi avanzata dal governo sul ritiro della nazionalità francese.

Il cambio della Costituzione per codificare l’assegnazione di poteri virtualmente assoluti al presidente è solo lo sviluppo più recente del processo di spostamento verso destra del Partito Socialista francese. La rapidità di questa evoluzione, sotto la spinta non tanto della minaccia del terrorismo quanto della crisi economica e della risposta ad essa data della classe dirigente transalpina, è testimoniata dal fatto che solo alcuni anni fa i leader Socialisti, tra cui lo stesso Valls, avevano aspramente criticato l’allora presidente Sarkozy per avere ipotizzato la privazione della nazionalità per quanti minacciavano la vita di membri delle forze di sicurezza.

Oltre a un certo numero di politici, anche svariati giornali francesi hanno più o meno apertamente denunciato le riforme costituzionali proposte da Hollande, principalmente per il timore che una troppo evidente deriva autoritaria e la rottura con i principi repubblicani possa provocare una crisi di legittimità per un governo e un presidente già tra i più impopolari della recente storia della Francia.

Il numero uno dell’Eliseo e il primo ministro Valls sembrano intenzionati invece a fare appello al nazionalismo e ai sentimenti xenofobi di una parte della popolazione, alimentandoli con lo spettro del terrorismo, per ritagliarsi una qualche base di consenso che legittimi la prosecuzione di politiche impopolari sia sul fronte economico sia su quello della sicurezza nazionale.

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