di Chiara Cruciati – Il Manifesto
A pagare per la scomparsa di
Zahran Alloush, leader del Jaish al-Islam (l’Esercito dell’Islam), è il
campo profughi palestinese di Yarmouk. Ragioni di sicurezza, dicono
fonti del governo, impediscono di implementare subito l’accordo siglato
due giorni fa tra Damasco e Stato Islamico: le migliaia di
miliziani di Isis e al-Nusra dentro e intorno al campo a 8 km dal centro
della capitale avrebbero dovuto abbandonare i quartieri occupati in
autobus, insieme alle famiglie, per raggiungere Raqqa e permettere così
la liberazione dei 18mila residenti rimasti (erano 160mila prima della guerra).
Yarmouk vive soffocata dall’assedio esterno governativo e quello
interno delle opposizioni moderate e islamiste dal dicembre 2012: il
numero dei suoi abitanti è crollato e i servizi forniti alla comunità
più povera della capitale scomparsi. Il poco cibo viene confiscato dai
miliziani anti-Assad e rivenduto a prezzi esorbitanti ai civili. Un
dramma che ha ucciso oltre 100 persone per denutrizione. Muoiono di
fame, i fantasmi di Yarmouk, muoiono di tifo.
L’accordo tra governo e Isis ora è in stand by, dopo
l’uccisione in un raid aereo di una delle figure centrali della guerra
in corso: «Il Jaish al-Islam avrebbe dovuto garantire il passaggio
sicuro [dei miliziani a Yarmouk] attraverso le zone est di Damasco e poi
verso Raqqa – dice una fonte interna all’Isis all’agenzia Middle East Eye
– Ma la morte di Alloush ci fa tornare al punto di partenza». «Il
negoziato è congelato, ma non cancellato», ribatte invece l’Osservatorio
Siriano per i Diritti Umani, mentre autobus vuoti rimangono di fronte a
Yarmouk.
Zahran Alloush, 44 anni, era il comandante del Jaish
al-Islam, coalizione salafita attiva per lo più nel quartiere “ribelle”
di Damasco, Ghouta, nel quale è stato raggiunto nelle settimane
scorse un debolissimo cessate il fuoco. Tanto forte da eliminare ogni
opposizione rivale e da creare uno Stato nello Stato, un’amministrazione
parallela a Damasco e necessaria a fondare quello che è definito un
vero e proprio culto della personalità di Alloush.
Un raid, rivendicato dall’esercito di Assad (seppure fonti parlino di
aerei russi), ha centrato giovedì un edificio di Ghouta dove si teneva
un meeting segreto: 5 morti, tra cui Alloush. Subito dopo la coalizione
ha nominato il suo sostituto, per non indebolirsi in un momento
cruciale, dal punto di vista militare e diplomatico. Abu Homam Essam
al-Boudani, originario proprio di Ghouta, sarà il nuovo comandante della
federazione salafita, nata dopo il 2011 a seguito dell’amnistia
concessa all’epoca da Damasco a molti prigionieri. Rafforzatasi
nel 2012 quando compì un attentato contro il quartier generale della
Sicurezza Nazionale nella capitale siriana, con l’avanzata dello Stato
Islamico ha operato al di fuori della sfera di influenza del sedicente
califfato, restando in quella opulenta dell’Arabia Saudita, da anni sua
finanziatrice.
Il gruppo, considerato una delle forze armate più efficaci, è tanto
legato alla petromonarchia (il padre di Alloush è un noto religioso in
Arabia Saudita) da essere invitato alla conferenza delle opposizioni a
Riyadh a inizio dicembre. Il futuro ora è incerto: la scomparsa
di un leader carismatico come Alloush, disposto anche a negoziare (ora
non più), potrebbe provocare un arretramento del gruppo. Secondo il quotidiano arabo al-Hayat,
l’attacco contro Jaish al-Islam «è il segno del rigetto della
conferenza di Riyadh» da parte russa e governativa e la volontà di
proseguire nel conflitto per arrivare al tavolo del negoziato con
opposizioni più deboli. Ieri, ad una settimana dall’approvazione della
risoluzione sulla Siria, l’inviato Onu de Mistura ha annunciato
l’intenzione di aprire il dialogo a Ginevra il 25 gennaio con il governo
e «il più ampio fronte possibile dell’opposizione siriana».
Proprio Jaish al-Islam è stato tra i motivi di screzio tra Russia e
Stati Uniti e Arabia Saudita intorno alla famigerata lista redatta dalla
Giordania: 160 gruppi terroristi esclusi dal negoziato. Tra questi non
figurava il gruppo di Alloush che, legittimato dal fronte occidentale,
ha provocato le proteste di Mosca visti gli abusi contro i civili e le
posizioni ultraconservatrici anti-sciite.
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