Ma cambiare tutto, rivoluzionare tutto, si deve. Altrimenti non ce n'è più per nessuno.
Le parole che seguono, scritte da Bertolt Brecht, non vanno infatti lette solo come resistenza "ideologica" in un mondo che andava in tutt'altra direzione. Era il 1934, Hitler aveva appena trionfato, la classe operaia tedesca si era arresa e omologata dopo un decennio di insurrezioni locali, anche per questo tutte fallite. La notte più nera era scesa sull'Europa, e gli anni successivi sarebbe andata anche peggio.
Fino alla svolta di Stalingrado.
Oggi, sul piano politico, sembra di essere tornati a quel punto. Parlare di comunismo o socialismo appare una follia romantica di pochi, per lo più ridotti volontariamente al ruolo testimoniale.
Eppure non c'è aspetto del presente che non ci mostri per intero la crisi fenomenale del modo di produzione che si descrive ancora come "il migliore dei mondi possibili". Vogliamo parlare del nono anno di crisi globale che si apre domani? O dell'avanzare inarrestabile dei mutamenti climatici? Oppure ancora delle decine di guerre apparentemente locali che ormai circondano e in qualche caso attraversano l'Europa? Vogliamo parlare delle nuove generazioni che non hanno mai conosciuto "la crescita" e che vengono avviate a una condizione che sarà certamente - per la prima volta nella storia moderna - peggiore di quella dei padri?
Questi segni fanno ricomparire con la forza dei movimenti tettonici la necessità di rompere e superare lo stato delle cose presenti. Come la scritta sul muro della prigione, quella è una forza invincibile, continuamente rigenerata anche indipendentemente dalla volontà soggettiva di qualcuno.
Vedere e studiare questi segni, star dentro il conflitto sociale come lievito nella farina, fa diventare invincibile quella parte di umanità che vede nell'altro qualcosa di più e di diverso da una "risorsa umana" da sfruttare.
Domani inizia il 2016. Quella scritta si rigenera per vie sempre diverse. Fin quando quel muro starà in piedi.
Buon anno e buone lotte, invincibili!
*****
La scritta invincibile
Al tempo della guerra mondiale
in una cella del carcere italiano di San Carlo
pieno di soldati arrestati, di ubriachi e di ladri,
un soldato socialista incise sul muro col lapis copiativo:
viva Lenin!
Su, in alto, nella cella semibuia, appena visibile, ma
scritto in maiuscole enormi.
Quando i secondini videro, mandarono un imbianchino con un secchio di calce
e quello, con un lungo pennello, imbiancò la scritta minacciosa.
Ma siccome, con la sua calce, aveva seguito soltanto i caratteri
ora c’è scritto nella cella, in bianco:
viva Lenin!
Soltanto un secondo imbianchino coprì il tutto con più largo pennello
sì che per lunghe ore non si vide più nulla. Ma al mattino,
quando la calce fu asciutta, ricomparve la scritta:
viva Lenin!
Allora i secondini mandarono contro la scritta un muratore armato di coltello.
E quello raschiò una lettera dopo l’altra, per un’ora buona.
E quand’ebbe finito, c’era nella cella, ormai senza colore
ma incisa a fondo nel muro, la scritta invincibile:
viva Lenin!
E ora levate il muro! Disse il soldato.”
Fonte
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