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03/10/2016

Referendum: perché Napolitano adesso striglia Renzi?

Napolitano continua a comportarsi da capo della maggioranza e da Presidente della Repubblica (al punto che non riusciamo a capire perché si dimise due anni fa), ed ha colto l’occasione per strigliare Renzi attribuendogli errori che avrebbero fatto partire il No, mentre, con il sotto tono, la vittoria del Si sarebbe stata certa e tranquilla.

E’ evidente che l’errore che Napolitano rimprovera a Renzi  è la sua impostazione iniziale “se vincono i no, me ne vado” scatenando quella personalizzazione dello scontro che avrebbe avvantaggiato il No.

Ovviamente c’è del vero in quel che dice Napolitano e personalmente tirai un sospiro di sollievo ascoltando quella dichiarazione di Renzi: basta rileggere un mio articolo pubblicato qui nel quale, fra i dissensi di diversi lettori, sostenni che Renzi era il punto debole degli avversari e che la campagna del no avrebbe dovuto far leva sulla diffusa ostilità verso il personaggio. Solo che, Renzi ci ha reso la vita più facile andando al self service, ma sarebbe stato comunque inevitabile che si producesse un effetto simile, perché in ogni referendum c’è sempre un nemico di elezione che incarni il fronte avversario (Fanfani 1974, Craxi 1991, Berlusconi 1998 e 2005).

Peraltro ci si mise lo stesso Napolitano a dire che la campagna per il No era un affronto nei suoi confronti, gettando altra benzina sul fuoco. Ed allora, perché questo sfogo, senza nemmeno attendere il risultato del referendum?

Si tratta di un segnale di nervosismo che fa capire come le cose si stiano mettendo male per il Si, ma perché dichiararlo apertamente? Il fatto è che stanno venendo al pettine i dissensi sopiti fra i due.

Napolitano non ha mai amato Renzi (era chiaro che il suo preferito era piuttosto Letta), poi, visto che c’era e che bisognava farci i conti per portare al termine il suo progetto di sventramento costituzionale, ci si è adattato a convivere. Anche Renzi non ha mai amato Napolitano (ci ricordiamo degli sgarbi istituzionali dei primi mesi del suo governo?).

D’altra parte, tutti e due avevano il piano di una riforma della Costituzione di stampo piduista, per cui potevano convergere almeno su quello, anche se poi in politica estera – ad esempio e nei rapporti con la Ue, non la pensavano certo allo stesso modo. Ma, se il progetto costituzionale in sé era comune ai due ed, anzi, era più di Napolitano che di Renzi (che, non a caso ha recentemente detto che “questa riforma è più di Napolitano che mia”) era decisamente diverso l’uso che ciascuno dei due intendeva fare.

Renzi aveva pensato di fare della battaglia per la riforma costituzionale, la base del suo “partito della Nazione” che l’Italicum avrebbe dovuto garantire nel suolo di eterno partito di regime. E questo si saldava anche con un progetto personale che vedeva lui al Quirinale dopo Mattarella (tanto, a modificare la Costituzione ci ha preso gusto e non è certo la norma sui 50 anni che potrebbe fermarlo) e la Boschi a Palazzo Chigi.

Ma a Napolitano dei progetti del duo Boschi-Renzi non potrebbe importare di meno. A lui interessa solo la riforma costituzionale che ha promesso all’“Europa” (cioè alla tecnocrazia europea). E non ha alcuna passione per un maggioritario di partito: per lui  le larghe intese sono quello che ci vuole ed il governo Letta era la perfezione.

L’Italicum gli è sembrato un azzardo senza né capo né coda che ha compromesso la riforma presentandola come autoritaria. E’ questo il vero richiamo a Renzi mascherato dietro il rimbrotto sulla personalizzazione del referendum che è un peccato veniale rispetto al precedente. E tanto per essere capito, ora che si mette mano alla riforma elettorale, dice senza mezzi termini, che le coalizioni non sono una bestemmia. Quindi...

Renzi ha fatto il viso dell’arme e si è comportato come uno scolaretto:Si signor maestro, mi sono sbagliato”. Vedremo dal testo di riforma della legge elettorale se davvero crede a quel che ha detto o cerca di sgusciare con qualche altra trovata.

E’ una partita a mosse oblique e ne vedremo ancora delle belle.

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