Grillo: dall’espulsione degli iscritti a quella degli immigrati
Sul codice etico recentemente approvato dal movimento 5
stelle è stata prodotta una muraglia di commenti che poco ha a che
vedere con due temi centrali. Il primo riguarda la politica
istituzionale che, ancora come 25 anni fa, si definisce rispetto
all’elettorato per il modo con il quale si comporta quando appare
un’inchiesta sulla stampa o in tv. Siccome in un quarto di secolo l’asse
della politica è cambiato, e di parecchio, non sarebbe male se
emergesse l’interrogativo su cosa oggi è veramente centrale. Lo stesso
Grillo subisce questa situazione. Nel messaggio di fine anno
cita uno studio su cosa potrebbe essere l’Italia nel 2050, qualche
giorno dopo riprende la routine di sempre: le manette, gli avvisi di
garanzia, gli onesti etc. Delle due l’una: o si colgono gli
scenari di enorme novità, citati dallo stesso Grillo, cominciando a
cambiare l’agenda della politica italiana giorno dopo giorno oppure nel
2042, non lontano dal 2050, la centralità della politica sarà quella di
oggi, la stessa del 1992: i mariuoli, le manette, l’occhiuta severità
del magistrato, la moralità dei partiti, i costi della politica, i
codici etici. Auguri, viene da dire.
Il problema è che il movimento 5
stelle è espressione di uno choc mai risolto, proveniente da diverse
pulsioni, nell’ideologia italiana. Quello choc convulsamente
reattivo alle ristrutturazioni degli anni ’80, e alla caduta del muro,
che immaginava il ritorno ad una mai esistita società equilibrata
tramite un’ondata di moralizzazione, pauperismo della politica,
tecnicismi e riforme istituzionali. Se si vanno a vedere i dibattiti
dell’epoca il nucleo ideologico del movimento 5 stelle è quell’ideologia
italiana, il cui nucleo duro dell’ideologia milanese della Casaleggio
sul né di destra né di sinistra affonda negli anni ’80, lo ritroviamo oggi
attorno alle polemiche su come si devono comportare i partiti in caso di
avviso di garanzia.
In un paese, quello di oggi, che ha perso
tutto (ricchezza, tecnologie, sapere, assetto sistemico) i toni del
dibattito sulla moralità accendono i più settari, e alla Casaleggio lo
sanno, ma non spostano di un millimetro i problemi che l’Italia ha
davanti. Nemmeno quelli di funzionamento della politica: quella
si risana con il dosato, e innovativo, riequilibrio della distribuzione
dal potere e delle risorse verso il basso, qualcosa di più complicato
di votare online, non con i codici puntualmente reinterpretati dalle
cerchie di potere. Tra l’altro la politica al servizio della democrazia
ha bisogno di investimenti, tanti, per poter costruire qualcosa di
utile. Non è un caso infatti, che il culmine dell’interesse privato in politica, Donald Trump, abbia rinunciato allo stipendio. L’interesse pubblico richiede investimenti pubblici in politica.
Che gli stipendi dei parlamentari vadano diminuiti è chiaro, ed è
merito del M5S aver puntato l’indice sul problema, che l’investimento
pubblico in politica debba esser potenziato non è chiaro per nulla.
Il M5S è fermo all’ideologia anni ’80 dell’unico investimento produttivo come quello nelle piccole medie imprese.
Anche qui, auguri: una politica povera, oppure a costo zero, o è
ostaggio dei Trump oppure non ha sviluppato quel livello di competenze
complesse, che è diverso dal mondo delle professioni, in grado di
sostenere l’innovazione economica e le emergenze sociali.
L’altro punto importante del codice etico di Grillo riguarda la questione del potere decisionale del fondatore del movimento.
E, si badi bene, la cosa non riguarda solo il movimento 5 stelle. E
nemmeno più di tanto il paragone tra il codice etico pentastellato e
quello degli altri partiti (molto meno restrittivo. Ad esempio un De
Luca non potrebbe essere governatore della Campania o Errani non
potrebbe fare il commissario all’emergenza terremoto). Il punto è
che il modo con il quale si governa un partito, un movimento, prefigura
quello con il quale si governerà un paese. E se il codice etico è
quello che si è letto sul blog di Grillo vediamo un movimento governato,
per statuto, dall’arbitrio di una volontà superiore. Una
volontà che non è regolata da nessuna norma statutaria ed è quindi,
anche formalmente, indiscutibile. Insomma, il riconoscimento del potere
carismatico, di Grillo, per meriti di spettacolo e di storica audience
televisiva.
Dare del fascista a Grillo però significherebbe non conoscere né il suo movimento né la società italiana.
Il M5S assorbe tendenze, e linguaggi, molto differenti: è qualcosa che è
composto dall’idea di democrazia radicale online che i pentastellati
esprimono e dall’arbitrio della volontà del fondatore, dalla presenza
egemone di una azienda mediale (la Casaleggio) e dai cicli di
mobilitazione dal basso in rete. Certo, in ultima istanza il potere è
regolato dal principio del capo ma tra questo e quanto avviene dal basso
in un movimento, come sempre, i conflitti non mancano o si riaccendono
all’improvviso.
Altro elemento, oltre a questo
intreccio tra potere personale e movimento dal basso, che caratterizza
il movimento 5 stelle è l’approccio settario alla politica.
Rappresenta il rovescio del “né di destra né di sinistra”, inclusivo dal
punto di vista dei contenuti. Il movimento 5 stelle, come è noto,
rifiuta infatti alleanze, in un tipico approccio settario rispetto ad
altri partiti, movimenti e sindacati. Verso i quali il rapporto non può
che essere episodico o strumentale ma mai di piena, pubblica
interlocuzione politica. Non stupisca: il settarismo è
universalistico. Assorbe i contenuti di tutti, parlando per tutti, e
reputandosi l’unica voce in grado di farlo (“nella società italiane noi
siamo i migliori”, ha detto lo stesso Grillo nel discorso di capodanno).
Altro elemento tipico di settarismo è la dinamica, a volte forsennata, delle espulsioni:
ogni elemento, a torto o a ragione, di differenziazione dall’ordine
interno finisce fuori dal movimento. Senza essere moralisti ma clinici,
tra principio del potere personale in ultima istanza e settarismo può
tutto questo servire a governare il paese? No. Il movimento 5
stelle si sta confermando quello che appariva qualche anno fa: ottimo
per distruggere uno scenario istituzionale asfissiante, inutile per
governare. Fino a quando, naturalmente, non ci sarà in piedi la
speranza di avere un marchingegno elettorale che permetta, ad una forza
che al massimo può toccare un terzo dell’elettorato, di vincere un bonus
elettorale che regala la maggioranza assoluta. Dopo, per questo
settarismo un po’ frutto dell’identitarismo un po’ dell’ingegneria
elettorale i problemi ci saranno, eccome.
Il principio dell’espulsione,
come abbiamo visto, ampiamente praticato per iscritti e parlamentati non
risparmia poi gli immigrati. Almeno a parole visto che nemmeno
la Lega con Maroni ministro degli interni è riuscita a praticare le
parole d’ordine dell’“espulsione immediata dei clandestini” chiesta da
Grillo. E non per lassismo: viene da dire che l’unica soluzione
praticabile, se si volessero prendere alla lettera le parole di Grillo,
sarebbe quella di spedire delle navi in disarmo al largo delle acque
internazionali con i cosiddetti clandestini. Naturalmente una cosa del
genere non è certo nelle corde del movimento 5 stelle. Il che fa vedere
come, quando Grillo parla, l’unica cosa che conta è l’affermazione che
sposta il consenso dell’elettorato. Il resto si vedrà. Intanto parlando
di come si potrebbero espellere gli iscritti, e come i clandestini, si
preserva un’idea di gruppo autentico, di società liberata dagli intrusi
che, come politica di brand paga.
Intanto, dopo aver registrato l’impraticabilità dell’economia alla Di Battista registriamo che Grillo non riesce neanche a parlare di un'economia in grado di sfruttare positivamente, e socialmente, i flussi migratori.
Non solo, rispetto alle retoriche della Lega di diversi anni fa (il
peloso “aiutiamoli a casa loro”) Grillo rappresenta una regressione. Non
crede nella politica internazionale, non appare interessato nemmeno
alla cooperazione come foglia di fico. Vuole solo espulsioni rapide.
Magari, come ha scritto sul blog, assumendo migliaia di laureati per
certificare prima possibile chi ha diritto di rimanere (in una galera,
visto l’approccio) e chi no. Il fatto che i laureati siano, in questo
scenario, assunti per operazioni di schedatura, invece che per
l’innovazione economica e sociale, qualifica da solo l’approccio al
problema.
Al momento il movimento 5 stelle esprime
un principio settario che non ha gran senso nella società italiana. La
nostra è una società differenziata che funziona per alleanze e va in
asfissia se qualcuno, a vario titolo, invoca il primato nell’esercizio
del potere. O meglio, il settarismo può andar bene ad una parte
della società italiana senza farsi carico di un progetto reale di
trasformazione, consumandosi nell’immediato della veste identitaria.
Se le cose continuano così, il movimento
5 stelle potrà quindi ancora fluttuare come titolo ad altro rischio
della politica italiana, gonfiandosi quando tutti scommettono contro i
partiti al governo, trovandosi però a sgonfiare di fronte ai problemi
veri. Ottimo quindi per far saltare il banco, inutile per fare qualcosa di nuovo.
Un rischio che appare del tutto concreto. Tra una regolazione del
principio di espulsione interna ed una proposta di espulsione per “gli
esterni”.
Redazione, 7 gennaio 2016
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