Da tempo, autunno 2015,
segnaliamo che il sistema bancario italiano, ben oltre le quattro banche
“salvate” dal decreto del novembre dello stesso anno, è a rischio
implosione. Probabilmente, un po’ per lontani ricordi della
prima repubblica e un po’ perchè oggi la politica più della legge
elettorale e dei temi etici non esprime, si pensa a un problema
tecnico-contabile che in qualche modo troverà sistemazione. Oppure una
questione che, una volta messi in galera i ladri, può risolversi da
sola. O, male ancora, un qualcosa che, applicata davvero la
costituzione, si mette a norma. Non è così in nessuno dei casi.
Prima di tutto perché il sistema bancario
reale è talmente cambiato, rispetto anche a dieci anni fa, che non sarà
facile ricondurlo anche a un qualche indirizzo costituzionale. E non
solo perchè, con l’Unione Bancaria, la Bce ha la sorveglianza diretta
delle banche italiane strategiche, ragionando in un’ottica europea di
sistema che favorisce l’asse bancario franco-tedesco. Ma anche perché,
come stiamo vedendo anche in questi giorni, i decreti del governo in materia banche vedono sempre la sorveglianza legale e materiale dell’unione europea. Detto in soldoni: lo ammette anche Repubblica, il crack di Veneto Banca e della popolare di Vicenza costeranno al contribuente italiano una dozzina di miliardi.
Più altri due-tre miliardi, a seconda delle stime, di risparmi
evaporati che non entreranno mai più in circolo nell’economia
italiana. Inoltre ci sono 4.000 esuberi, una cifra
altissima per capire che peso sociale ha la ristrutturazione
dell’economia dei servizi bancari in un paese. Naturalmente stiamo
parlando solo di una parte del problema: ci sono CariCesena, cassa di
Risparmio di Rimini, banca di San Miniato e, ciliegia sulla torta, il Monte dei Paschi da sistemare.
Dopo la ristrutturazione, che
potrà costare complessivamente dai 30 ai 50 miliardi (in un paese dove
si taglia di tutto), il sistema bancario tornerà a funzionare? E’
un’ipotesi ottimistica. Nel senso di chi vede le banche come
strumento di erogazione di prestiti, mutui e fidi per singoli,
famiglie, piccole imprese. E’ il modello di business delle banche, tanto
più di quelle territoriali, ad essere messo in discussione dalle
rivoluzioni del mondo finanziario, come lo shadow banking, dalla crisi
della redditività delle banche, che le spinge a portarsi (e i clienti
assieme a loro) sempre più verso modelli di rischio, e l’evoluzione
tecnologica che avrà un effetto rivoluzionario sul banking nazionale.
Nel
frattempo i media nutrono un’opinione pubblica, che vive ormai di
credenze, di storie del mondo bancario fatte di sprechi, di furti, di
nepotismi. Storie vere ma che non toccano il nodo della crisi del valore bancario tutta sistemica, cioè globale, ma anche tutta nazionale.
Sarà una palla al piede almeno per un decennio, questa vicenda delle
banche, chissà quando ci sarà una forza politica all’altezza di questo
problema.
Spiace dirlo ma è la verità.
Redazione, 24 giugno 2017
Ecco un commento di
Intermarketandmore sul “salvataggio” delle banche venete da parte di
Banca Intesa (finanziata a sua volta dal Tesoro).
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