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25/06/2017

Banche venete, un primo crack che costerà carissimo all’Italia

Da tempo, autunno 2015, segnaliamo che il sistema bancario italiano, ben oltre le quattro banche “salvate” dal decreto del novembre dello stesso anno, è a rischio implosione. Probabilmente, un po’ per lontani ricordi della prima repubblica e un po’ perchè oggi la politica più della legge elettorale e dei temi etici non esprime, si pensa a un problema tecnico-contabile che in qualche modo troverà sistemazione. Oppure una questione che, una volta messi in galera i ladri, può risolversi da sola. O, male ancora, un qualcosa che, applicata davvero la costituzione, si mette a norma. Non è così in nessuno dei casi.
 
Prima di tutto perché il sistema bancario reale è talmente cambiato, rispetto anche a dieci anni fa, che non sarà facile ricondurlo anche a un qualche indirizzo costituzionale. E non solo perchè, con l’Unione Bancaria, la Bce ha la sorveglianza diretta delle banche italiane strategiche, ragionando in un’ottica europea di sistema che favorisce l’asse bancario franco-tedesco. Ma anche perché, come stiamo vedendo anche in questi giorni, i decreti del governo in materia banche vedono sempre la sorveglianza legale e materiale dell’unione europea. Detto in soldoni: lo ammette anche Repubblica, il crack di Veneto Banca e della popolare di Vicenza costeranno al contribuente italiano una dozzina di miliardi. Più altri due-tre miliardi, a seconda delle stime, di risparmi evaporati che non entreranno mai più in circolo nell’economia italiana. Inoltre ci sono 4.000 esuberi, una cifra altissima per capire che peso sociale ha la ristrutturazione dell’economia dei servizi bancari in un paese. Naturalmente stiamo parlando solo di una parte del problema: ci sono CariCesena, cassa di Risparmio di Rimini, banca di San Miniato e, ciliegia sulla torta, il Monte dei Paschi da sistemare.

Dopo la ristrutturazione, che potrà costare complessivamente dai 30 ai 50 miliardi (in un paese dove si taglia di tutto), il sistema bancario tornerà a funzionare? E’ un’ipotesi ottimistica. Nel senso di chi vede le banche come strumento di erogazione di prestiti, mutui e fidi per singoli, famiglie, piccole imprese. E’ il modello di business delle banche, tanto più di quelle territoriali, ad essere messo in discussione dalle rivoluzioni del mondo finanziario, come lo shadow banking, dalla crisi della redditività delle banche, che le spinge a portarsi (e i clienti assieme a loro) sempre più verso modelli di rischio, e l’evoluzione tecnologica che avrà un effetto rivoluzionario sul banking nazionale.

Nel frattempo i media nutrono un’opinione pubblica, che vive ormai di credenze, di storie del mondo bancario fatte di sprechi, di furti, di nepotismi. Storie vere ma che non toccano il nodo della crisi del valore bancario tutta sistemica, cioè globale, ma anche tutta nazionale. Sarà una palla al piede almeno per un decennio, questa vicenda delle banche, chissà quando ci sarà una forza politica all’altezza di questo problema.

Spiace dirlo ma è la verità.

Redazione, 24 giugno 2017

Ecco un commento di Intermarketandmore sul “salvataggio” delle banche venete da parte di Banca Intesa (finanziata a sua volta dal Tesoro).


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