Alparslan
Durmus, Ministro per l’Educazione del governo turco, seguendo una
direttiva centrale, escluderà nel 2019 dai programmi scolastici di
secondo grado (il livello precedente gli studi universitari), le teorie
evoluzionistiche di Charles Darwin. In ogni ordine e grado, fino alle
scuole superiori quindi, “The origin of species”, non verrà più studiato interamente dai giovani turchi; il capitolo “The beginning of life and evolution” (“L’inizio della vita e l’evoluzione” N.d.A.), verrà cancellato invece dai curricula scolastici perché “gli
studenti non hanno un background sufficientemente appropriato, per
comprendere presupposti ed ipotesi di quel tipo, né tantomeno la
conoscenza e la struttura scientifica per essere capaci di capire
soggetti così controversi.” Fino a qui la notizia. Che impone però una riflessione.
Solitamente
mettere da parte i principi e i dettami della scienza, in virtù di
quelli dettati dalla religione, porta una nazione pericolosamente verso
la creazione di uno Stato confessionale. Questa è la china che sta
prendendo la Turchia, dopo che il premier Tayyip Erdogan, nei mesi
scorsi, ha accentrato con la forza i poteri su di sé, emendando la
Costituzione, abolendo la carica di premier, trasformando quindi il
Paese in una repubblica presidenziale.
Il
Corano, come la Bibbia, ci insegna che i nostri progenitori, sono stati
Adamo ed Eva, due esseri umani; ma, secondo un rapporto del 2013 su
religione e vita pubblica, solo il 49% dei musulmani turchi crede in
questa teoria, mentre il 62% degli statunitensi crede invece nelle
teorie evoluzionistiche.
Dal
1923, anno di fondazione della Repubblica di Turchia da parte di
Mustafa Kemal “Ataturk”, il Paese è sempre stato secolare, e la
religione faceva sì la sua parte, ma non interveniva nella cosa
pubblica; il principio universale di separazione fra Stato e Chiesa, che
è alla base della laicità, era comunque rispettato. Ora, questa
riforma, che sembra verrà pubblicata in Gazzetta Ufficiale la prossima
settimana, potrebbe essere il primo passo verso un avvicinamento ai
principi della shari’a. E’ dal 1633, dal processo che la Chiesa
intentò per eresia nei confronti di Galileo, che è stato reso evidente
quanto il Potere fondi la propria legittimazione sulla religione; per
non dimenticare le torture della Santa Inquisizione, o i processi alle “streghe”, modi e termini spesso utilizzati per definire o reprimere, persone “devianti”, o politicamente scomode.
Ma nel XXI secolo, una teocrazia moderna, si servirebbe dei principi religiosi per veicolare, ben altre cose.
La shari’a, nel lessico coranico è la “strada rivelata”, e quindi legge sacra, imposta da Dio. E’ interpretata dal Corano e dalla sunna,
una serie di norme di comportamento; in questo senso ogni atto umano,
esteriore od interiore, non solo legato alla religione ma anche ad
attività connesse alla sfera sociale, personale o politica, viene
classificato come accettabile o meno, in una scala di valori
predeterminati.
Il
Governo dell’AKP, realizzando questo “piccolo e marginale ritocco”
alla riforma scolastica segue l’ esempio dell’Arabia Saudita, unico
Stato in cui il Darwinismo non viene insegnato, capofila delle
petro-monarchie sunnite, schierate con gli USA contro l’Iran, di nuovo
considerato il nemico pubblico numero uno del mondo occidentale.
Parafrasando Neil Armstrong, primo uomo sulla Luna:
“Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità“.
Fonte: http://www.independent.co.uk
Traduzione, sintesi e cura di Francesco Spataro
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