di Michele Giorgio – Il Manifesto
Le pressioni
dell’Autorità nazionale palestinese, di Israele e dell’Arabia Saudita
non sono riuscite a bloccare le autobotti cariche di gasolio, dirette
alla centrale elettrica di Gaza, che il Cairo ha inviato per alleviare la mancanza di energia nella Striscia. L’Egitto
alla fine ha deciso di rispettare i termini preliminari del clamoroso
accordo, ancora in via di definizione, tra quelli che sino a qualche
tempo fa erano nemici implacabili: l’ex “uomo forte” del partito Fatah,
Mohammed Dahlan, e il movimento islamico Hamas.
L’iniziale blocco del carburante aveva gettato nello sconforto i due
milioni di palestinesi di Gaza che affrontano un’altra estate, con
temperature elevate, avendo ogni giorno appena 3-4 ore di energia
elettrica a disposizione e servizi pubblici ridotti al minimo. A
ciò si aggiunge la condizione di decine di migliaia di famiglie senza
alcun reddito che sopravvivono solo grazie agli aiuti alimentari che
forniscono le agenzie umanitarie e le associazioni religiose.
Lunedì Israele aveva ridotto l’erogazione della sua quota di
corrente elettrica alla Striscia da 120 a 100 Megawatt: una decisione
presa dopo l’annuncio che l’Anp del presidente palestinese Abu Mazen non
pagherà più l’intera bolletta energetica di Gaza. Una misura
che – assieme alla riduzione del 30% degli stipendi e delle pensioni per
gli ex dipendenti dell’Anp e alle pressioni saudite e americane sul
Qatar affinché cessi il sostegno ad Hamas e ai Fratelli musulmani –
vuole costringere il movimento islamico a rinunciare al controllo di
Gaza che mantiene da dieci anni.
L’accordo tra Dahlan e il leader di Hamas Yahya Sinwar
rischia di mandare in fumo i piani di Abu Mazen, convinto che i due
milioni di abitanti di Gaza, con il peggioramento delle condizioni di
vita, si ribelleranno contro gli islamisti al potere. «Un piano
che non ha possibilità di successo» spiega l’analista e docente
dell’università al Azhar di Gaza, Mkhaimar Abusada, «la popolazione è
molto provata ma non si rivolterà contro Hamas. Il malcontento è forte
ma allo stesso tempo la gente non ha fiducia nell’Anp di Abu Mazen. E
poi il movimento islamico nei mesi scorsi ha reagito con il pugno di
ferro alle manifestazioni di protesta per la mancanza di energia
elettrica».
Comunque si svilupperà questa vicenda, Mohammed Dahlan ne uscirà vincitore. Il presidente dell’Anp gli ha fatto terra bruciata intorno dopo averlo buttato fuori da Fatah con l’accusa di corruzione. Ma
colui che era considerato il più probabile successore di Abu Mazen
prima di essere allontanato, ha confermato che le strette relazioni che
mantiene con l’Egitto, i Paesi del Golfo e gli Stati Uniti lo rendono
ancora oggi il candidato favorito dell’Occidente, di una parte del mondo
arabo e di Israele per la presidenza dell’Anp, malgrado la profonda
avversione dei vertici di Fatah. I palestinesi non lo amano, anzi, e vedrebbero con favore (lo dicono i sondaggi) Marwan Barghouti
alla presidenza. Ma il più noto dei prigionieri politici palestinesi
sconta cinque ergostoli in Israele. E sino a quando tra i possibili
successori di Abu Mazen ci saranno personaggi come Mohammed Dahlan, il
governo Netanyahu non avrà alcun interesse a liberare (in un eventuale
scambio di prigionieri) un “resistente” come Marwan Barghouti.
Dahlan grazie alle donazioni che da tempo garantisce ai
poveri di Gaza e al sostegno politico dell’Egitto – che ha rapporti
difficili con Abu Mazen e il suo entourage – è riuscito a portare dalla
sua parte gli antichi nemici di Hamas interessati ad instaurare buone
relazioni con il Cairo. E dopo aver ottenuto dagli egiziani il
gasolio per Gaza, ora appare come il “salvatore” di due milioni di
palestinesi alle prese con la mancanza di elettricità.
Abu Mazen al
contrario agli occhi di una buona parte della sua gente è il “carnefice”
che, pur di raggiungere i suoi obiettivi politici, non esita ad
aggravare la condizione dei civili di Gaza. Da alcuni giorni Hamas e
Dahlan, con la mediazione del capo dell’intelligence egiziana Khaled
Fawzy, hanno avviato una trattativa molto complessa. Fonti locali
anticipano che, se si arriverà ad un accordo definitivo, l’Egitto aprirà
per più giorni al mese il valico di Rafah e darà più elettricità a
Gaza. In cambio Hamas agirà con forza contro i jihadisti dell’Isis che
dal Sinai cercano rifugio nella Striscia. L’obiettivo politico delle
intese è mettere in forte difficoltà Abu Mazen e dargli una spallata.
Dahlan di fatto è diventato il “ministro degli esteri” di Hamas. E
potrebbe diventare presidente dell’Anp proprio con l’appoggio degli
islamisti, forti anche in Cisgiordania.
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