D’Alema oggi, su il Manifesto, bacchetta Tommaso Montanari che l’altro giorno, al Brancaccio, aveva fatto riferimento alle sue responsabilità relativamente alla “guerra illegale in Kosovo”.
D’Alema sostiene che Montanari, critico d’arte, certe cose non le capisce e che meriterebbe una denuncia per calunnia che lui, bontà sua gli risparmierà. Esiste infatti una sentenza della Corte Costituzionale che stabilisce che quella guerra non fu incostituzionale. Anche se l’art.11 della Costituzione sostiene che l’Italia ripudia la guerra, poi consente, dice D’Alema “limitazioni di sovranità necessarie agli obblighi derivanti dai trattati internazionali” come, evidentemente, quelli legati alla nostra presenza nella Nato.
Ha ragione: il giovane e inesperto Montanari ignorava che per “limitazioni di sovranità” si potessero intendere i bombardamenti sulle popolazioni civili. Non è il solo, ma si è sbagliato.
A dire il vero Montanari è incorso pure in un’altra disattenzione, non passibile di calunnia, di cui però l’attento D’Alema non si è accorto: ha parlato di guerra in Kosovo. L’Italia, sotto la premiership di D’Alema fece da rampa di lancio per aerei che per molti giorni andarono a bombardare Belgrado, Novi Sad, Nis e molte altre città che dal Kosovo distano centinaia di chilometri.
Un’imprecisione di termini in cui molti sono soliti cadere. In fondo, se Montanari anziché di guerra illegale in Kosovo avesse parlato di bombardamenti della Nato, Italia compresa, sulla popolazione civile della Jugoslavia nessuno lo avrebbe potuto accusare di imprecisione e nessuno lo avrebbe potuto denunciare per calunnia. Un’altra volta ci dovrà stare più attento.
Peraltro, per quanto riguarda D’Alema, anche lui è uscito in un’affermazione che avrebbe richiesto qualche chiarimento politico in più, quando ha citato il suo ritorno in Serbia ai tempi in cui era Ministro degli Esteri del Governo Prodi tra il 2006 e il 2008.
Dice che i giovani lo hanno ringraziato perché quella guerra fu l’inizio “del ritorno alla libertà”.
Personalmente non nutro pregiudizi, quando si tratta di stabilire la verità dei fatti e i fatti di quegli anni li conosco discretamente, anche se può essermi sfuggito qualcosa. Per esempio non ho problemi a riconoscere che a Belgrado, D’Alema fece un intervento che ricevette applausi. Solo che non riguardava “il ritorno della libertà” in Jugoslavia grazie alle bombe della Nato. Riguardava invece un progetto di possibile cooperazione economica tra Italia e Serbia che conteneva elementi di interesse per il governo locale.
Nessun problema a riconoscerlo, ma le due cose mi sembrano parecchio diverse.
Naturalmente, per Massimo D’Alema come per tutti, fino a prova contraria, vale la sua parola a proposito di quei giovani serbi che l’avrebbero ringraziato per le bombe. Però, ci faccia un piacere. Ci mostri un documento, una registrazione, uno straccio di attestazione che confermi questa sua affermazione. E che magari metta in risalto il numero e la rilevanza politica dei soggetti che si erano complimentati con lui. Altrimenti saremmo nostro malgrado portati a formulare cattivi pensieri sul suo conto. Magari che lui non sia quel modello di attendibilità che dichiara di essere.
Qui mi fermo: nessun processo alle intenzioni.
Ma nemmeno nessuna disponibilità a farmi prendere in giro dalle giravolte dialettiche del politico di turno, indipendentemente dal fattore generazionale.
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