Se c’è una cosa che rappresenta meglio di tutte la tipica debolezza politica e culturale delle classi dirigenti italiane (o aspiranti tali), ebbene, quella cosa è un’implacabile ed immancabile tendenza al trasformismo. Fu cosi prima dell’avvento del fascismo.
E’ cosi anche oggi davanti ad una crisi economica e sociale di cui non si vede la fine e rispetto alla quale tutte le forze politiche presenti in Parlamento non appaiono in grado né di fare un’analisi seria, né, tanto meno, di mettere in piedi un progetto di rilancio del paese e dell’economia, chiuse come sono tutte quante nelle mortali maglie della gabbia che ci impongono UE ed euro. Ed allora tutti in quella buca, dunque. E’ il solito trasformismo, segno ineluttabile di un declino che pare, ancora una volta, inarrestabile.
Le argomentazioni fumose e pasticciate di quelli del PD sulla crescita del 1,5% del PIL e sul fantomatico “aumento dell’occupazione” sono solo becero marketing per sé e per quel governo su cui hanno pur sempre la golden share e non meritano nemmeno di essere confutate perché si tratta di inezie mentre il paese vive ormai in un’economia di guerra. Ciò che avvilisce, invece, è trovarsi, ancora una volta, davanti all’ennesima occasione persa.
Vedere #DiMaio dapprima sposare, da destra, la linea “law and order” di Minniti e poi tentare goffamente di accreditarsi in un forum padronale (il “Workshop Ambrosetti” di Cernobbio che non ne ha mai azzeccata una) fino a citare come buon esempio per l’Italia le scelte ultraliberiste fatte da uno come Mariano Rajoi, in Spagna, è davvero deprimente. Per intendersi, Rajoi ha sforato il famigerato vincolo del 3 % ma non ha ricevuto sanzioni dalla UE perché ha avviato le sue “riforme strutturali”: aumenti delle tasse, sanguinosi tagli alla spesa pubblica e la solita “riforma del lavoro”, cioè, licenziamenti facili, flessibilità totale di orari e retribuzioni e lauti sconti alle imprese. E’ questo il modello economico-sociale di Di Maio e del M5S?
Ascoltare, poi, la senatrice #Lezzi fare critiche al governo banalmente “neoeuropeiste” é desolante. Nulla a che vedere con quelle posizioni alla Varoufakis, Revelli e Spinelli – che non condivido affatto – ma che, quanto meno, si basano su argomentazioni di indubbio spessore. La Lezzi dice che il governo Renzi e poi quello Gentiloni “non hanno saputo approfittare degli spazi di flessibilità offerti dalla UE”. Risibile, se pensiamo a quanto il M5S andava sostenendo, nemmeno tanto tempo fa, su Unione Europea, sovranità (politica, economica e monetaria), assenza di democrazia delle sue istituzioni al soldo delle banche, “dittatura finanzaria” e “massoneria Bilderberg”. Insomma, siamo davanti ad un’acrobatica giravolta del M5S che ora pare del tutto intenzionato a muoversi dentro le compatibilità dettate dalla UE onde accreditarsi quale “vera forza di governo” con il beneplacito di confindustria e di quelli che un tempo il M5S definiva in modo sprezzante “poteri forti”.
E’ così che si fa strada un minimalismo che serve a non spaventare quelli che devono dare il nulla osta a Di Maio & co. E allora vai di “smart nation” ed altre amenità tipo il “buon uso delle nuove tecnologie” che altro non sono che sciocchezze buttate lì alla cazzo, tanto per riempire il vuoto pneumatico, più o meno, alla maniera di Renzi. Ovviamente il centrodestra con Berlusconi resuscitato e salvinizzato esulta perché sa che quando tutti gli altri “si buttano a destra” vince sempre la destra. E sarebbe la tragedia finale per questo paese. “Così come nel 1931 le nazioni occidentali dispongono di tutte le risorse che servono per evitare la catastrofe e addirittura per riportare le economie alla prosperità, con il vantaggio che oggi conosciamo molto di più del funzionamento delle cose di quanto non sapessero i nostri predecessori.
Ma la conoscenza e le risorse non servono a nulla se coloro che le posseggono si rifiutano di usarle. Non sono in se stessi i fondamentali dell’economia a mettere paura, ma l’aver pressoché tutti i governi abdicato alle proprie responsabilità. Ed è questo che, prima di ogni altra cosa – conclude Krugman – angoscia sempre più la maggior parte degli economisti. Karl Marx scrisse che la Storia si ripete due volte, la prima come tragedia e la seconda come farsa. Si sbagliava: anche la seconda è in forma di tragedia!” (La grande abdicazione di Paul Krugman, editoriale sul New York Times).
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