E’ previsto per il prossimo 27 settembre l’inizio della discussione al Parlamento Europeo – a quanto pare, limitata a un gruppo abbastanza ristretto di deputati – sulla questione del diffondersi del neofascismo in Ucraina. Sono stati invitati, oltre il rappresentante ucraino alla UE, giornalisti ed ex prigionieri politici ucraini, parenti di giornalisti assassinati dai fascisti ucraini, rappresentanti di organizzazioni per i diritti umani e del PC ucraino, oggi al bando.
Senza arrivare alle aperte forme di squadrismo nazista dell’odierna Ucraina, ci sono in Europa altre forme di persecuzione, sia politica che etnica, anche in paesi membri delle democratiche istituzioni UE. In Lettonia, con una popolazione di meno di 2 milioni di abitanti, di cui il 62% di origine lettone, vivono oltre mezzo milione (25%) di persone di origine russa, considerate per la maggior parte “non cittadini” e prive di diritti, a partire dal voto, a ricoprire incarichi pubblici, prestare servizio militare. Riga, però, scrive Vzgljad.ru, rifiuta il termine di “minoranza di lingua russa” e respinge l’accusa di discriminazione nei confronti degli abitanti di origine russa. Di fatto, però, al russo non è riconosciuto lo status di lingua regionale ed è considerata straniera, nonostante che nelle maggiori città del paese, a cominciare dalla capitale, la maggioranza delle persone usi il russo come prima lingua.
Estonia, Lettonia e Lituania, che da quasi trent’anni continuano ad accusare l’URSS di averle “occupate” per cinquant’anni, a partire dal 1940 e che da vent’anni pretendono per questo “riparazioni” dalla Russia, danno l’impressione di voler somigliare oggi a quei regimi che imperavano nei paesi baltici, appunto, fino al 1940 e che nel 1939 avevano stretto patti di mutua assistenza con l’URSS. Regimi nazionalisti e con caratteri di aperto fascismo, instaurati in seguito a colpi di stato che avevano abolito la Costituzione, sciolto i parlamenti, vietato le attività dei partiti politici.
Oggi in quei paesi si celebrano, ufficialmente e con la partecipazione delle massime autorità, le ricorrenze legate alle “imprese” dei volontari baltici inquadrati nelle divisioni SS locali. Si privano della pensione i veterani baltici dell’Armata Rossa e si proibisce loro di celebrare la festa della vittoria sul nazismo o di mostrare in pubblico le onorificenze di guerra sovietiche, ma si concedono lauti assegni sociali ai reduci filonazisti, che possono tranquillamente esibire le uniformi naziste (il maggio scorso un tribunale lituano ha stabilito che la svastica non era un simbolo nazista, ma parte della “cultura baltica”, da poter esporre pubblicamente) e gli stendardi dei reparti che affiancarono gli hitleriani nelle stragi di cittadini sovietici, ebrei e stessi baltici antinazisti. Si mettono al bando i partiti comunisti e addirittura, cadendo nell’assurdo, l’ideologia comunista; si perseguitano e si privano di diritti le minoranze, in particolare russe, come “residuati” della “occupazione sovietica”; si organizzano “convegni” che, mentre pretendono di parificare nazismo, fascismo e comunismo, hanno il solo scopo di cercare di nascondere le responsabilità di tutti quei Komplizen che, in vari paesi europei, fecero da tirapiedi alle SS. Si crede così di riuscire a far passare per “patrioti in lotta per il proprio paese” coloro che si misero al servizio del Drittes Reich. Tutto questo accade in paesi membri dell’Unione Europea.
Così, da parte estone, solo alcuni rappresentanti centristi all’Europarlamento hanno protestato contro la squallida manifestazione inscenata lo scorso 23 agosto a Tallin, nel pieno della presidenza estone della UE, alla presenza di una serie di Ministri della “giustizia” di paesi UE. Nel programma della cosiddetta “Giornata europea del ricordo delle vittime dei regimi comunista e nazista”, la parola nazismo – è sufficiente vedere il relativo sito estone – veniva citata solo nel titolo e l’intero programma era una catena di “crimini dei regimi comunisti”. L’eurodeputata estone Jana Toom ha detto che “equiparare nazismo e comunismo è al di là dei confini del bene e del male. L’ideologia della superiorità della razza scelta e quella del benessere generale hanno ben poco in comune”. A quanto pare, solo il Ministro greco della giustizia Stavros Kontonis ha rifiutato ufficialmente l’invito a partecipare, dichiarando che “l’equiparazione di nazismo e comunismo è provocatoria e inaccettabile”. L’eurodeputato del KKE Kostas Papadakis ha denunciato l’obiettivo dell’iniziativa, quello di “nascondere che il fascismo è una forma di potere del capitale in determinate condizioni. In Germania, il nazismo fu la forma ideale di sostegno del capitale nelle condizioni di preparazione militare alla conquista di nuovi mercati, di una profonda crisi capitalista, di crescita delle idee rivoluzionarie, dell’autorevolezza del KPD e dell’URSS. Esso fu sostenuto politicamente e finanziariamente da settori del capitale monopolistico tedesco. La campagna anticomunista della UE” ha detto Papadakis, “coincide con gli attacchi ai diritti dei lavoratori e del popolo e ha una storia lunga. L’impulso a questa campagna anti-storica fu dato nel 2005 dallo squallido memorandum del Consiglio d’Europa. Seguirono nel 2006 le risoluzioni anticomuniste del Parlamento europeo e, nel 2009, la risoluzione su “Coscienza europea e totalitarismo” e ancora altre dichiarazioni e decisioni anticomuniste della UE. L’esperienza conferma che l’escalation dell’anticomunismo annuncia nuove misure antipopolari, una riduzione dei diritti dei lavoratori, lo scatenamento di nuove guerre imperialiste”.
Ma non tutti, anche nell’Europa democratico-liberale, paladina dei “valori occidentali”, dimenticano la storia. Ecco che, di recente, proprio in relazione alla becera equiparazione di nazismo e comunismo e a rammentare il passato “poco onorevole” di coloro che fecero da tirapiedi ai nazisti, il britannico The Guardian ha accusato la Lituania di mentire sulla questione delle stragi di ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Sproloquiando sui “delitti del comunismo”, scrive il giornale, ripreso da Balalaika24.ru, la Lituania non solo mette in ombra i crimini del nazismo, ma cerca anche di giustificare i nazisti e i loro sostenitori lituani; la politica lituana della “memoria” non ha alcun rapporto con la morale, ma è solo un tentativo di giustificare i propri crimini e riscrivere la storia con l’obiettivo della lotta contro la Russia. Dalla concezione lituana del “doppio genocidio”, scrive The Guardian, emergono sorprendenti assurdità.
Con il proclamare l’uguaglianza di comunismo e nazismo, le autorità lituane spingono in secondo piano o nascondono i crimini nazisti e preferiscono parlare esclusivamente dell’epoca sovietica. “Prendete il Museo delle vittime del genocidio a Vilnius. Potreste pensare di trovarvi la storia di quel genocidio, nelle vicinanze del quale c’era appunto Vilnius, vale a dire l’assassinio degli ebrei. Ma vi sbagliereste. Qui, l’Olocausto non è menzionato. L’attenzione principale è rivolta alle sofferenze causate dal KGB. All’esterno ci sono due monumenti in pietra dedicati alle vittime di Mosca. Se volete ricordare i 200.000 ebrei lituani assassinati, dovrete allontanarvi di molto dall’edificio principale, lungo il vicolo che porta a una piccola costruzione, chiusa per ristrutturazione”.
Stessa cosa, continua il giornale britannico, al Nono Forte a Kaunas, in cui durante l’occupazione nazista si perpetrarono uccisioni in massa di ebrei e dove oggi si parla soltanto della “oppressione” degli anni sovietici. Se si parla di “nazisti e loro fiancheggiatori, non si dice mai che i secondi erano volontari lituani, che cominciarono ad assassinare i loro fratelli lituani il 22 giugno 1941, prima ancora che qui arrivassero gli hitleriani”. E’ il caso del Fronte attivista dell’allora premier collaborazionista Juozas Ambrazevicius, (le cui spoglie sono state di recente inumate alla presenza della presidente Dalja Gribauskajte) che organizzò il pogrom al ghetto ebreo di Kaunas ancor prima dell’arrivo delle SS.
In compenso, le autorità lituane “sembrano far di tutto per attirare meno attenzione possibile al luogo dove venivano uccisi gli ebrei. La targa sul luogo in cui era il cancello del ghetto di Kaunas si nota appena dalla strada; non c’è segnaletica e chi, nonostante tutto, riesce a trovare il complesso commemorativo, anziché la storia dell’Olocausto, ottiene la storia del Gulag e della deportazione dei lituani in Siberia. La spiegazione è semplice” scrive The Guardian, “i lituani sostituiscono la storia dei crimini del nazismo con un racconto sulle vittime dello stalinismo, per mascherare la verità storica e cioè che essi stessi hanno partecipato all’Olocausto insieme agli hitleriani. Ma in Lituania non si accontentano di equiparare nazismo e comunismo: riabilitano il nazismo ed eroicizzano i suoi complici lituani. In tal modo si perseguono tre obiettivi: liberare i carnefici dalle loro responsabilità, presentandoli come vittime; creare un mito nazionale dei lituani nella cui storia non ci sono macchie; falsificare la storia, presentando la Russia di fronte all’Unione Europea come regime del genocidio, non pentita dei crimini del passato”.
E intanto si continua a calcolare la somma da chiedere a Mosca a “risarcimento dell’occupazione sovietica”: una cifra senza fondo, dal momento che si vorrebbe con quella far fronte alla crisi economica che aumenta a vista d’occhio. In modo sornione, Mosca risponde che attende il rimborso per tutte le industrie, le infrastrutture, i porti, le innovazioni scientifiche con cui l’URSS aveva “oppresso” i paesi baltici.
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