L’ipocrisia del potere è sempre intollerabile. Quando poi riguarda l’ideologia con cui vengono nutriti i suoi “difensori armati” la cosa diventa apertamente un incentivo.
La notizia è stata data con l’”ohibò” di prammatica dai media “perbene”: Una bandiera di guerra del Secondo Reich, appesa in una delle stanze della caserma Baldissera di Firenze, che ospita il VI Battaglione carabinieri Toscana e gli uffici del comando regionale. Da sotto la finestra – che corrisponderebbe a quella di una camerata – affacciata sui trafficatissimi viali di circonvallazione, a poche centinaia di metri dal Ponte Vecchio, è bastato attendere il buio per filmare in maniera nitida uno dei simboli utilizzati durante le manifestazioni dai gruppi nazisti e xenofobi di tutta Europa, comprese anche alcune curve estremiste.
Andiamo con ordine, comunque. Non c’è dubbio che lo “scandalo” è stato sollevato da fuori la caserma, da un passante che ha fotografato la bandiera (non uno stemmino o un gagliardetto, insomma una cosa di piccole dimensioni che potrebbe anche passare inosservata). Solo a quel punto è scattata la ricerca del “colpevole” di quello che – per il codice penale italiano in vigore – è un reato: apologia di fascismo. Se un “difensore dell’ordine” non conoscesse la differenza tra un reato e un’opinione sarebbe già grave, perché ci sarebbe da preoccuparsi sulla sua capacità di “far rispettare la legge” (se l’ignora, come fa?).
Ma è fin troppo evidente che non si tratta della goliardata di un singolo carabiniere. «In questa caserma sono di stanza centinaia di carabinieri e alti ufficiali, come è possibile che nessuno si sia accorto di niente?», si domanda Matteo Calì, autore della fotografia. Diciamo dunque che varie centinaia di carabinieri, compresi sottufficiali e ufficiali, hanno visto la bandiera e l’hanno considerata “normale”.
Un singolo carabiniere con simpatie naziste è un problema. Un intero reparto è qualcosa più che inquietante.
Non si può neanche sostenere che ci sia dell’ingenuità. La bandiera del Secondo Reich, infatti, non sarebbe storicamente una bandiera nazista (ovvero del Terzo), ma – come riporta anche il Corriere della Sera – “la bandiera viene utilizzata nelle manifestazioni dei gruppi neonazisti e xenofobi in Germania come nel resto dell’Europa e ha fatto, secondo quanto si dice nel video, la sua comparsa anche in alcune curve di qualche stadio italiano. Spesso è al fianco dei simboli del nazismo, della svastica nera che era il simbolo della Germania di Adolf Hitler, nelle manifestazioni”.
C’è insomma piena consapevolezza che esporre la bandiera del Terzo Reich è un reato, dunque si ripiega su quella del Secondo per “sminuire” la portata dell’eventuale contestazione (che avrebbe doverosi risvolti penali). Le simpatie naziste vengono insomma appena appena velate dalla simbologia di Cecco Beppe.
Sono ovviamente seguite le prese di posizione indignate, tipo la ministra della Difesa, Roberta Pinotti, che ci ha tenuto a far sapere di aver “già chiesto al Comandante generale Tullio Del Sette chiarimenti rapidi e provvedimenti rigorosi verso i responsabili di un gesto cosi vergognoso”.
Il problema è però che tutti omettono di ricordare che si tratta solo dell’ennesimo caso del genere. A Milano, a febbraio di quest’anno, era successa la stessa cosa. E lì avevano avuto persino la faccia tosta di sostenere che si trattava di “un reperto di sequestro” (il che, tecnicamente, aggrava il reato, perché dichiari sapere che lo stavi commettendo).
Siccome non siamo ingenui e ricordiamo tutto, al contrario della stampa mainstream, vorremmo far scorrere il film che inizia subito dopo la Liberazione e arriva ai nostri giorni. Ossia dalla scelta – democristiana e statunitense – di mettere alla guida delle Scuole di formazione della polizia italiana Guido Leto. Che poteva vantare un curriculum criminale – capo della polizia segreta fascista, nel Ventennio – sufficiente a decretarne la condanna a morte, come un Eichmann o un Goering qualsiasi.
Qui no. La “continuità dell’apparato statale”, dal fascismo ad oggi, è tale da non consentire a nessuno di “sorprendersi” nello scoprire che una buona fetta del personale delle cosiddette “forze dell’ordine” è ideologicamente fascista. Glielo insegnano fin dal reclutamento...
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