Una decisione frutto di una discussione vera, con diversi interventi contrari o scettici su questa ipotesi che, secondo alcuni, non presenta elementi di discontinuità reale con esperienze già viste e rivelatesi fallimentari.
Al contrario molti altri interventi hanno segnalato gli elementi di discontinuità, soprattutto nel contesto in cui si agisce oggi piuttosto che sulle forze sociali o le soggettività politiche che stanno convergendo su questa proposta.
Tutti d’accordo sul fatto che la questione della rottura con l’Unione Europea (e conseguentemente con la Nato) sia elemento dirimente nella lettura della situazione e nella contraddizione in cui, una presenza nella campagna elettorale può fare la differenza, soprattutto tra chi ha meno di trent’anni, tra chi ha già rotto da tempo con i riti e le ambiguità della “sinistra”, e nei settori popolari penalizzati dalla crisi e dai diktat imposti da Bruxelles e Francoforte, in particolare nelle periferie.
Quattro ore e mezza di discussione con 24 interventi, hanno portato al voto finale sulla base del criterio una testa un voto. I favorevoli a dare mandato a Eurostop di discutere con le altre forze convergenti sulla lista elettorale, sono stati 99, 7 i contrari e 7 gli astenuti, altri non hanno votato.
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Fin qui il report finale di Eurostop. In più c’è da aggiungere che è molto forte la consapevolezza che “il morto” (la vecchia e mortifera “logica” della sinistra classica, da cui provengono anche alcuni attivisti di Eurostop) proverà in tutti i modi ad “afferrare il vivo”. Può infatti contare sull’abitudine alle procedure elettorali (raccolta delle firme, tempistica, ecc), su sempre più piccoli “potentati locali” pronti ad allearsi con chiunque pur di sopravvivere, su trucchi e marchingegni da cui fortunatamente la Piattaforma è estranea.
Diversi compagni, specie delle situazioni più periferiche – le piccole province, in genere, dove è minore la conflittualità sociale e il ricambio generazionale – hanno raccontato come i rappresentanti locali del “Brancaccio” si siano immediatamente rivestiti con i nuovi panni “napoletani”. Senza ovviamente cambiare una sola virgola del proprio consueto modo di fare e soprattutto di pensare. Insomma come se la fine di un’ipotesi – il Brancaccio, appunto – non fosse anche una dimostrazione pratica della crisi finale di una impostazione politica completamente immersa nel vecchio e morto modo di agire.
Su questo rischio, naturalmente, l’attenzione di tutti è massima.
Non si tratterà insomma soltanto di arrivare a un “programma” capace di “indicare il vero nemico” e i punti fondamentali che riassumono i bisogni del nostro blocco sociale (occupazione, art. 18, sanità, welfare, istruzione pubblica, nazionalizzazione delle industria strategiche a rischio chiusura o svendita, ecc).
Quello che grosso modo avevamo indicato in un editoriale di qualche giorno fa, subito dopo l’assemblea del Teatro Italia per il percorso #poterealpopolo.
E’ una sfida da vincere, non un rendersi disponibili a vecchi giochi.
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