La bella e partecipata manifestazione di sabato scorso a Roma ha
dimostrato che esiste un’opposizione alle politiche populiste del
governo Lega-Cinquestelle. Eppure non sarà la sinistra a capitalizzare
le spinte sociali che pure resistono all’imbarbarimento dei rapporti
politici. Il modo e il tono con cui è stata trattata la manifestazione
dal partito di Repubblica dovrebbe, in tal senso, chiarire la tendenza
in atto. Sabato pomeriggio, sul sito del quotidiano, campeggiava in
primo piano la diretta della manifestazione romana. Subito dopo, in
posizione dominante, la manifestazione “Si Tav” di Torino. Le due
manifestazioni, diverse sotto molti punti di vista (ma non tutti i
punti di vista: un legame ideologico poteva essere rintracciato, ad
esempio, in un certo antirazzismo umanitario), venivano assimilate da
Repubblica come “mobilitazioni anti-populiste” (e menomale che è fallito
il referendum sulla privatizzazione dell’Atac, altrimenti avremmo avuto
la tripletta impazzita condensata nel trionfalismo giornalistico del
partito di Scalfari e Calabresi).
Al di là
delle differenze, appartenevano ad un campo, quello
democratico-liberale, oggi opposto a quello “populista-sovranista”. E’
sotto gli occhi di tutti (gli addetti ai lavori) che i due popoli che
hanno riempito le due piazze sono diversi, a volte addirittura opposti,
carichi di ansie e prospettive differenti. Il problema è chi, al
momento, ne ha fatto e ne farà la sintesi politica. Come detto, a trarne
giovamento, sapendo modellare le spinte sociali secondo propri
interessi politici, è oggi il partito di Repubblica, la (ancora) vasta
area politico-culturale che ha al centro il Partito democratico, ma che
si estende ben al di là di esso, comprendendo molta della “sinistra”
oggi in lotta contro il governo giallo-blu. Questo non significa, è bene
specificarlo onde evitare incomprensioni, che la piazza romana sia
stata una piazza affine al partito liberale-europeista di Repubblica. Il
problema (enorme) attuale è un altro: che le mobilitazioni di questo tipo servono
a una Politica oggi egemonizzata da Repubblica e so(r)ci. Non sono
manifestazioni “divisive”, al contrario riuniscono attorno ad alcuni
macro-temi (il principale dei quali è appunto l’antirazzismo declinato
esclusivamente in chiave umanitaria) quello che il “renzismo” aveva
opportunamente contribuito a dividere: le strade della sinistra da
quelle della liberal-democrazia. La divergenza sta tornando ad essere
una convergenza di interessi.
Detto della difficoltà attuale nel muoversi dentro i rapporti della
politica, è anche evidente che un’opposizione a questo governo va pure
portata avanti. Allearsi con la borghesia illuminata pur di mobilitarsi
contro il babau populista non solo garantirà a Salvini (su Di Maio non
giureremmo) di governare per un altro ventennio, ma ridurrà
ulteriormente i legami tra sinistra e proletariato (legami che di fatto,
oggi, non esistono più, se non come sopravvivenze di un passato
remoto). Quest’ultimo, oggi, o non vota/non si interessa delle vicende
della politica, o quando lo fa approva la direzione politica populista.
Ingenuo e totalmente ideologico è oggi anche sperare nella “classe nera”
da opporre al “white trash”. La manifestazione di sabato, per dire,
nonostante il “core business” antirazzista, è stata come sempre una
manifestazione a netta prevalenza bianca. La linea del colore, in questo
senso, non può incidere: anche tra i migranti esistono
sfruttati e sfruttatori, ricchi e poveri, masse diseredate e padroncini
completamente asserviti alle logiche del profitto privatizzato. Pensare
che il colore possa unire politicamente laddove la composizione
materiale divide socialmente significa operare una forzatissima speranza
ideologica che però fa a pugni con la realtà. Non siamo negli Stati Uniti.
La sinistra, oggi, esiste solo in quanto contraria sia al populismo
di governo sia alla liberal-democrazia dell’opposizione (che però è
espressione politica dei ceti dirigenti sempre e comunque “al governo”, e
questo il tanto disprezzato “popolo” lo riconosce, anche se non sa
esprimerlo). Fuori da questo rifiuto speculare c’è solo la
subordinazione, un’acqua di partecipazione che muove un mulino politico
nemico degli interessi di quel proletariato di cui sopra. Quelle stesse
persone estasiate dalla mobilitazione romana (Zingaretti in primis)
saranno i primi a privatizzare l’Atac e il resto dei servizi pubblici
comunali, ad approvare l’Alta velocità in val di Susa e nel resto del
paese, a sostenere le ragioni dell’austerity europeista contro i bisogni
della popolazione impoverita. Perché regalargli l’ennesima copertura
politica usata contro di noi?
Fonte
Analisi un po' troppo confusa che non si capisce bene dove voglia andare a parare.
Di chiaro c'è il fatto che si sta risvegliando con forza la contraddizione tra questioni civili e sociali.
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