Niente dovrà più essere come prima. La pandemia ha messo a nudo il fallimento politico del modello sanitario della Lombardia. La decantata “eccellenza” ha portato con sé migliaia di morti e il triste primato di essere in pole position nel mondo in relazione a decessi e infettati. Come si è arrivati a questo punto?
L’inizio è da ascriversi al condannato Formigoni, che ha “regnato” sulla regione dal 1995 al 2013. La legge De Lorenzo del 1992 ha aziendalizzato la sanità pubblica e Formigoni ne ha “approfittato”.
Sussidiarietà, competizione, libertà di scelta, eccellenza sono stati i mantra della sua filosofia. La conseguenza più diretta è stata favorire in maniera sfacciata la sanità privata.
Chi non ricorda L’IEO (Istituto Oncologico Europeo), fondato nel 1994 da Enrico Cuccia e da Veronesi, arrivato vicino al fallimento e salvato dall’accreditamento concesso all’ultimo momento dalla Regione Lombardia?
Altro esempio il S. Raffaele, ingrandito a dismisura in spregio alle leggi che proteggono l’ambiente e le aree vincolate a verde, oppure le inchieste per truffa ai danni del SSN.
Questo politica è continuata con Maroni fino ad approdare a Fontana. Un business continuo in cui l’80% del bilancio regionale è costituito dalla sanità. La regione riceve 17 miliardi di contributi statali dei quali oltre 7 miliardi vanno alle strutture private.
Viene attuata una riforma regionale che prevede un sistema centralizzato e razionalizzato funzionale a un maggiore equiparamento pubblico-privato con funzioni giuridiche paritetiche (vedi il fallimento delle proposte per la gestione dei malati cronici).
Il risultato di questa onnipotenza porta a uno scontro frontale anche con l’Ordine dei medici, gestore primario della medicina territoriale convenzionata. Il tutto si concretizza con la richiesta della regionalizzazione differenziata, un colpo di stato nello Stato.
In un continuum viene emessa una legge regionale che prevede l’accorpamento di strutture pubbliche ospedaliere e territoriali e una delibera del 2017 che prevede la chiusura di ospedali pubblici con costruzione di uno nuovo (2×1) di minori dimensioni, ma moderno, efficiente e costruito con soldi pubblici, ma a gestione privatistica.
In tal senso va la proposta di chiudere a Milano gli ospedali S.Carlo e S.Paolo con una perdita secca di 300 posti letto.
Ancor peggio, vengono chiusi in continuazione presidi territoriali pubblici, mentre nascono come funghi laboratori privati che offrono prestazioni dal costo poco superiore, ma con una risposta diagnostica dimezzata nel tempo.
Ultima chicca. Una delibera del maggio 2019 premia i manager “che tengono sotto controllo gli ordinativi dei laboratori“. In pratica, si incentiva a tagliare centinaia di migliaia di euro ai laboratori di Milano, Brescia, Lodi, le zone che oggi sono tra le più colpite dall’epidemia.
La chicca è rappresentata dal fatto che questa delibera è stata approvata anche dall'”opposizione”, il che significa che è passata all’unanimità.
Che fare? Cosa proporre? Commissariare la giunta è il minimo che si possa pretendere in conseguenza delle scelte politiche, ideologiche e come tali strutturali attuate dalla giunta Fontana in una lunga continuità con le precedenti.
In questo siamo confortati dalle direttive costituzionali degli articoli 117 e 120 con relativi commi.
Infine, nel 2006, è stato promulgato un regolamento di comportamento sanitario articolato che prevede un accentramento di potere al Primo Ministro in caso di inadempienze regionali.
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