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28/07/2020

La Nato è in seria crisi

Le fonti sono autorevoli, anzi autorevolissime. La prima è il Ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, il quale in una intervista al giornale tedesco Reinische Post, ha affermato che è inutile pensare che i rapporti dentro la Nato e con gli Usa cambieranno se ci sarà un cambio di presidenza alle elezioni di novembre. “Chi ora in Europa punta tutto su un cambio alla Casa Bianca, dovrebbe essere preparato al fatto che, anche qualora ciò avvenisse, i rapporti con gli Stati Uniti non saranno più gioviali come prima”, ha affermato il ministro tedesco. Insomma nella Nato le cose tra Ue e Usa non stanno più come prima e l’Europa deve pensare autonomamente alla propria sicurezza.

La seconda è il Centro di Studi Strategici e Internazionali, uno dei più importanti think thank statunitensi, molto vicino all’establishment. Per il centro studi, il problema più urgente nella tenuta della Nato sta diventando l’atteggiamento della Turchia.

Prendendo spunto dell’incidente navale tra una nave militare francese e quelle turche nel Mediterraneo avvenuto alcune settimane fa, il CSSI sostiene che mentre questo può sembrare essere solo un altro momento di attrito tra gli alleati della NATO, in particolare con la Turchia, esso non lo è. “Questo incidente rappresenta un dilemma strategico più radicato per la NATO, nonché una divisione sempre più netta tra l’Unione europea e la Turchia”.

Non solo. Secondo il think thank “la totalità delle politiche e delle azioni della Turchia ha ormai raggiunto un punto di pericolosa escalation, che potrebbe sfidare sostanzialmente la coerenza della posizione di difesa collettiva della NATO nel Mediterraneo e indebolire la sua coesione politica. Le azioni della Turchia minacciano di ostacolare la vitale cooperazione NATO-UE anche nella regione”.

Alcuni fatti sono noti. Meno note sono le loro conseguenze. È noto infatti che l’Unione Europea ad aprile ha varato la missione Euronavfor Med IRINI per far rispettare l’embargo sulle armi in Libia pattugliando il Mediterraneo. La Turchia non ha gradito questa missione e l’ha contrastata materialmente.

Il 10 giugno 2020, le navi dell’operazione IRINI hanno tentato senza successo di ispezionare una nave mercantile battente bandiera della Tanzania, scortata da navi da guerra turche e diretta verso la Libia. Le navi turche hanno impedito alla marina greca di ispezionare la nave, sostenendo che il carico era “attrezzatura medica”.

Qualche giorno dopo la nave della Marina militare francese Le Courbet, operando nel Mediterraneo orientale nel quadro dell’Operazione Sea Guardian della NATO, avviata nel 2016, ha cercato di ispezionare la stessa nave. Ma la scorta turca è intervenuta di nuovo, portando questa volta a un incidente più pericoloso.

Secondo il governo francese, le navi da guerra turche hanno puntato i loro radar di controllo del fuoco sulla nave da guerra francese (la fase preliminare prima di fare fuoco su un bersaglio) e hanno puntato le proprie armi contro la nave da guerra per dissuadere qualsiasi tentativo di ispezione del carico. Ankara ha respinto queste affermazioni, definendole “infondate” e accusando invece la nave francese di aver condotto una “manovra ad alta velocità e pericolosa”. Su richiesta della Francia, la NATO ha avviato un’indagine formale sull’incidente, ma i risultati dell’indagine non sono stati ancora resi pubblici.

Inoltre viene sottolineato l’acquisto da parte della Turchia del sistema missilistico russo S-400 contro le indicazioni degli Stati Uniti e degli alleati della NATO, i suoi interventi militari unilaterali in Siria contro le forze curde, i suoi frequenti interventi militari nell’Iraq settentrionale (la sua più recente operazione aerea e terrestre era a metà Giugno), le sue violazioni delle sanzioni contro l’Iran, le frequenti invasioni dello spazio aereo greco e il suo recente veto su importanti piani NATO per la difesa del fianco orientale dell'alleanza.

Il Centro Studi Strategici Internazionali arriva alla conclusione che le relazioni tra i partner della Nato sono “diventate molto fragili con l’aumentare delle tensioni e le azioni unilaterali della Turchia che hanno destabilizzato significativamente la regione”. La conclusione non è una tesi ma un semplice e debolissimo auspicio: “Si spera che la rifocalizzazione su una serie di principi concordati e l’incentivazione dei progressi possano ripristinare l’unità della NATO e ripristinare l’attenzione sulla protezione del suo fianco meridionale”.

Che la Nato sia diventata ormai una scatola vuota, come le altre camere di compensazione tra gli interessi occidentali del passato (Wto, Fmi etc) è un dato rilevabile a partire dal conflitto in Georgia nel 2008 per l’Abkazia e l’Ossetia. La Georgia invocò l’art.5 della Nato chiedendo di intervenire contro la Russia ma la risposta fu picche!!

Gli ambiti in cui, in base al Washington consensus, venivano prese e mediate le decisioni tra interessi non sempre e non più coincidenti, hanno perso via via la loro funzione strategica nel contesto di una accresciuta competizione globale. Rimangono alcune manovre militari standard e spesso rituali (soprattutto in funzione anti-russa), alcune dichiarazioni formali sui teatri di crisi che si aprono, ma niente di più.

Scenari come quelli dell’aggressione Nato alla ex Jugoslavia nel 1999, non sembrano più ripetibili. L’attivismo regionale e internazionale della Turchia, che gioca ormai per conto proprio, è stato rivelatore di una crisi conclamata e di interessi divergenti che, come ha sottolineato il ministro degli Esteri tedesco, non dipendono né dipenderanno dall’inquilino che siederà al tavolo ovale della Casa Bianca a novembre.

Il mondo che abbiamo conosciuto sta cambiando.

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