In una intervista al Corriere della Sera il neo presidente, non a caso lombardo, di Confindustria Bonomi presenta ultimativamente il suo programma al governo, che in sintesi è:
Sblocco e libertà dei licenziamenti.
Fine dei contratti nazionali.
Fine del reddito di cittadinanza e ridimensionamento della CIG.
Sì all’intervento dello Stato per salvare le aziende a condizione che gestione e profitti restino ai privati.
Soppressione dell’IRAP, la tassa con cui si paga la sanità.
Questo è un programma alla Pinochet, che dimostra come in Italia il sistema delle imprese sia guidato da una banda di predoni, che progettano solo di saccheggiare il poco che ancora sia sfuggito alle loro passate razzie di diritti sociali e soldi pubblici.
Deve essere chiaro una volta per tutte che il modo in cui ci si colloca rispetto a Confindustria è la prima discriminante nella politica italiana.
Decenni fa il grande Fortebraccio su l’Unità divideva prima di tutto il mondo tra chi stava con l’operaio metalmeccanico e chi con il suo padrone.
Vale anche oggi.
Chi sostiene anche solo una delle selvagge pretese bonomiane, chi si riempie la bocca con la parola “imprese” e chiama “eroi” gli imprenditori, chi considera modernità e progresso questo sfacciato programma reazionario, è nemico del lavoro e della civiltà sociale.
Che poi sia il 90% e forse più del governo e del parlamento, PD e LEGA in testa, a non schifarsi di Bonomi, ma anzi a considerarlo un illuminato interlocutore o addirittura un riferimento, conferma solo come tutta la politica italiana in ogni schieramento sia oggi dominata dalla stessa destra confindustriale e liberista.
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