Next Generation Europe o, come è meglio conosciuto, il Recovery fund si tradurrà nella imposizione di nuove controriforme neoliberiste, a partire da un nuovo taglio alle pensioni. Infatti, il Recovery fund implica che, per avere diritto alla riscossione dei fondi messi a disposizione dalla Commissione europea, il Paese richiedente debba presentare un piano che evidenzi come intendere spendere quei soldi. In particolare, nel punto A 19 delle conclusioni del Consiglio europeo sul Recovery fund (21 luglio 2020), si prevede che il piano debba basarsi in primo luogo sulle raccomandazioni specifiche che ad ogni singolo Paese sono state rivolte della Commissione stessa. Solo se il piano sarà coerente con tali raccomandazioni i fondi previsti dall’accordo verranno erogati.
Tra le raccomandazioni che la Commissione ha rivolto all’Italia negli ultimi anni c’è anche quella di attuare pienamente le passate riforme pensionistiche con l’obiettivo di ridurre la spesa e i pensionamenti anticipati. Come scrive il Sole 24 ore, quello della Commissione è un messaggio chiaro: “abbandonare subito Quota 100 e tornare rapidamente a muoversi lungo il solco tracciato dalla riforma Fornero.”[i] Del resto, il caso delle pensioni anticipate italiane era stato evocato ripetutamente dai Paesi “frugali”, il gruppo composto da Paesi Bassi, Austria, Danimarca e Svezia, che si era opposto all’Italia durante tutta la durata del Consiglio europeo.
L’accordo sul Recovery fund contempla non solo l’approvazione del piano, in base alle raccomandazioni specifiche, da parte della Commissione ma anche il parere del Comitato economico e finanziario[ii]. In questa sede, è collocato il cosiddetto “freno a mano”: si prevede che uno o più Paesi, nel caso in cui valutassero il mancato rispetto di importanti obiettivi, possono chiedere al Presidente del Consiglio europeo di rimettere la discussione sul punto o sui punti controversi alla prossima riunione del Consiglio europeo. Il procedimento può durare fino a tre mesi. Nel frattempo ogni pagamento verrà bloccato in attesa della decisione del Consiglio. È, quindi, improbabile che il governo italiano, preoccupato di mantenere fluido il flusso dei fondi comunitari, voglia correre il rischio di inciampare nello scalone che si prospetta a fine 2021 con il “pensionamento” di Quota 100. La questione delle pensioni verrà ripresa martedì prossimo con la convocazione dei sindacati e della commissione tecnica voluta dalla ministra del lavoro e delle politiche sociali, Nunzia Catalfo. Il confronto non potrà che ripartire dalle diverse opzioni di flessibilità “sostenibile” da adottare prima della chiusura della fase di sperimentazione partita nel 2019, che contempla anche Quota 100.
Alcuni ritengono che l’accordo su Next Generation Europe abbia riportato la governance della Ue da un piano intergovernativo, cioè come accordo tra governi e Stati nazionali, a un piano europeo, rimettendo al centro del processo decisionale la Commissione europea. Noi pensiamo esattamente il contrario: l’accordo è stato raggiunto grazie a un negoziato tra governi. Inoltre, i governi rientrano dalla finestra grazie al “freno a mano” e alla decisione finale demandata al Consiglio europeo, che, come si sa, è composto dai capi di governo della Ue. Tuttavia, anche se non fosse così, c’è poco da stare allegri. Infatti, la Commissione europea è una paladina instancabile delle controriforme neoliberiste. Secondo uno studio commissionato da un eurodeputato della Linke tedesca, Martin Schirdewan[iii], le raccomandazioni della Commissione rivolte specificatamente ai singoli Paesi hanno riguardato, oltre che la richiesta di riduzione della spesa pubblica, anche i tagli a pensioni, sanità, salari, diritti dei lavoratori e sussidi per disoccupati e persone disabili. In particolare, tra 2014 e 2018, sono state rivolte agli Stati Ue 105 raccomandazioni per l’incremento dell’età pensionistica e la riduzione della spesa pensionistica, 63 raccomandazioni per i tagli alla spesa sanitaria o per la privatizzazione della sanità, 50 raccomandazioni per la soppressione di aumenti salariali, 38 raccomandazioni per la riduzione della sicurezza del lavoro e dei diritti di contrattazione dei lavoratori, e 45 raccomandazioni per la riduzione dei sussidi a disoccupati e persone disabili.
Ancora una volta si dimostra che l’appartenenza alla Ue sia un fattore negativo per i lavoratori salariati e, in generale, per le classi subalterne, tendendo, invece, a favorire il grande capitale riducendo il salario in tutte le sue forme diretta (retribuzioni), indiretta (welfare) e differita (pensioni). L’architettura della Ue e dell’euro sono una gabbia pensata appositamente per imporre politiche antipopolari che altrimenti avrebbero trovato maggiori difficoltà ad essere introdotte e applicate. Per queste ragioni risulta sempre più importante rimettere al centro di una rinnovata politica di sinistra e anticapitalistica l’uscita dall’Ue e dall’area euro.
Note:
[i] D. Colombo e M. Rogari, Quota 100 riparte il tavolo sotto i riflettori Ue, “il Sole 24 ore”, 23 luglio 2020.
[ii] Il Comitato economico e finanziario esprime pareri su richiesta del Consiglio e della Commissione, monitora la situazione finanziaria del Paesi europei, prepara le riunioni dei ministri delle finanze (Ecofin), ecc. È composto, oltre che da rappresentanti delle Commissione e della Bce, da due rappresentanti per ognuno dei Paesi della Ue (uno della amministrazione pubblica nazionale e uno della banca centrale).
[iii] https://emmaclancy.files.wordpress.com/2020/02/discipline-and-punish-eu-stability-and-growth-pact.pdf
Fonte
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