Com’è che non siamo affatto sorpresi?
L’ultimo scandaletto politico agostano – a Camere chiuse non si può pretendere molto – riguarda cinque parlamentari che avrebbero chiesto e ottenuto il “bonus Covid” da 600 euro, destinato a partite Iva e altre figure lavorative colpite dalla crisi pandemica.
Insieme a loro, secondo la segnalazione della direzione centrale Antifrode, Anticorruzione e Trasparenza dell’Inps, struttura ad hoc voluta dal presidente Pasquale Tridico, circa 2.000 tra amministratori locali e sindaci.
I “boatos” riferiscono che i cinque parlamentari sarebbero rispettivamente tre della Lega, uno della renziana Italia Viva e uno eletto tra i Cinque Stelle (ma potrebbe anche essere uno dei “fuoriusciti”).
Diciamo che l’unica cosa incomprensibile è il mantenimento, per ora, del segreto sui loro nomi, per ancora meno comprensibili motivi di privacy. Se c’è infatti una categoria che non può pretenderla – tranne che per fatti privatissimi, come quelli familiari – è proprio quella di parlamentari; per definizione, infatti, ogni loro atto deve essere conoscibile dal pubblico.
L’atto, di per sé, è miserabile. Chiedere altri 600 euro, conoscendo meglio di tutti le pieghe della legge (da loro votata o magari contro cui avevano votato, com’è il caso dei leghisti), godendo dei quasi 15.000 euro mensili garantiti dalla carica, dà la statura morale di questa feccia. Si capisce, in qualche misura, che si tratta di “peones”, semplici “sciacciabottone a comando”, esclusi dalla possibilità di “grattare” in grande, e dunque attentissimi ai piccoli dettagli, alle molliche che sgocciolano giù dal tavolo.
Dalle nostre parti abbiamo visto come tale bonus non sia stato dato a persone senza reddito e senza proprietà, per motivi incomprensibili ai profani. Quindi non per una eccessiva “permissività” del decreto presidenziale.
Ma la dimensione numerica degli “abusivi”, tenuto conto della marea di amministratori locali coinvolti, restituisce plasticamente la “qualità” fognaria dell’attuale classe politica, senza alcuna distinzione tra “partiti” (ormai da tempo semplici aggregati di clientele, pacchetti di tessere, ecc, capaci dai catturare “consensi volatili” con slogan da osteria).
In un certo senso, è il punto di arrivo della “discesa in campo della società civile”, dei “non professionisti della politica”, aperta a suo tempo da Berlusconi e perfezionato dopo 30 anni dai “grillini”. Al di là infatti della contrapposizione “morale” tra i vari fenomeni (la cultura dei “cazzi propri” simboleggiata dal Caimano e la retorica della “legalità” che ha portato per un breve attimo i Cinque Stelle a diventare primo partito, così come il razzismo intrinseco di Lega e “meloniani” o l’affarismo “europeista” del Pd), c’è un tratto comune a tutti, che ha coinvolto entusiasticamente anche i residui della sedicente “sinistra” (chi non ricorda la “pulizia etnica” praticata da Bertinotti nei confronti dei militanti di esperienza per “dare spazio” a campioni della “nuova politica” come Gennaro Migliore e Vladimir Luxuria?).
E quel tratto comune era appunto l’ignoranza e l’estraneità alla politica, sia rispetto alle “grandi visioni” sia alla “struttura dei valori”.
Sembrava una “svolta purificatrice”, è stato il traboccare delle fogne che già la “vecchia politica” democristiana e craxiana faticava a contenere, subordinando (e utilizzando) le clientele come vettore di consensi.
Di fatto, le clientele sono rimaste, ma senza più il “tappo istituzionale” rappresentato da politici di professione. Ossia da quelli formati nell’arco di una vita – dalla semplice iscrizione alla gavetta dell’attivismo territoriale o categoriale, dalle prime prove nelle amministrazioni locali attraverso cui si selezionavano poi gli aspiranti alle cariche parlamentari e alle poltrone di governo – per mediare tra una moltitudine di interessi, seguendo un minimo (molto minimo e alla fine quasi nulla) di logica politica generale.
Che differenza vedete – quanto a “competenza” – tra un Toninelli o una Azzolina e le torme di “nani e ballerine” portati ai vertici dal cavaliere?
L’estinzione del ruolo della politica, sotto la pressione congiunta della prevalenza dell’economia e del “trasferimento di sovranità” alle istituzioni sovranazionali (UE, Nato, Bce, ecc.), ha portato naturalmente con sé l’estinzione della “professionalità”.
Parlamento e amministrazioni locali sono oggi popolate da “miracolati” che sono riusciti ad entrare in una istituzione che dà qualche potere (decidere l’allocazione di risorse pubbliche sempre meno rilevanti, lungo la catena di comando che va da Bruxelles all’ultimo municipio metropolitano o paese della provincia).
Come si fa, allora, a stupirsi ancora, a “scandalizzarsi”, davanti al fatto che poi questi quaquaraqua – perfettamente consapevoli che la loro stagione da “miracolati” durerà un battito di ciglia – provano a “massimizzare gli introiti” racimolabili in quel breve lasso di tempo?
Avete creduto alla “società civile”? È questa. Merda secca, senza onore e senza uno straccio di dignità. Figuriamoci di idee...
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