I neoliberisti sono impagabili. Contemporaneamente ciechi e feroci.
L’ultimo Bollettino della Bce ne è una dimostrazione. Cosa ci raccontano infatti dall’Eurotower di Francoforte? Che nell’area euro la seconda ondata della pandemia e l’intensificarsi delle misure di contenimento, messe in atto un po’ ovunque a partire da metà ottobre, “dovrebbero determinare un nuovo calo significativo dell’attività nel quarto trimestre, sebbene in misura molto inferiore rispetto a quanto osservato nel secondo trimestre di quest’anno“.
Sono stime scritte sull’acqua, ma almeno provano a rispecchiare gli andamenti reali. “Le prospettive economiche a breve termine sono offuscate da andamenti sfavorevoli” e la pandemia “continua a ingenerare gravi rischi per la salute pubblica e per le economie dell’area dell’euro e del resto del mondo“.
Silenzio assoluto, naturalmente, sul fatto che gli andamenti del Pil sono ovunque in Europa e negli Usa meno tragici solo perché la produzione delle grandi imprese e nella manifattura non è mai stata fermata. Col risultato però di prolungare all’infinito la pandemia stessa, da stemperare con nuovi lockdown e, alla fin fine, peggiorare la stessa dinamica del Pil.
Tutto ciò è sottinteso, per la Bce, ma gli sta bene così. Cosa volete che sia qualche centinaio di miglia di morti in più, davanti a un paio di punti di Pil?
Dopo la ricalibratura di dicembre, dunque, Francoforte “rimane pronta ad adeguare, ove opportuno, tutti gli strumenti a sua disposizione per assicurare che l’inflazione continui ad avvicinarsi stabilmente all’obiettivo, in linea con il suo impegno ad adottare un approccio simmetrico“.
Il che è semplicemente ridicolo: sono ormai 13 anni – tredici anni – che l’inflazione resta ben lontana dal livello considerato “ottimale” (il 2%, stabilito in virtù di convinzioni astratte). Dunque sarebbe stato più logico interrogarsi sulla propria stessa azione di politica monetaria e sui suoi fondamenti teorici,
Ma quando mai... La “teoria è giusta”, quindi si va avanti come se niente fosse finché la realtà non si adeguerà.
La Bce ribadisce dunque il rilancio delle misure prese a dicembre per sostenere l’attività economica e l’inflazione dell’area euro: in particolare l’aumento a 1.850 miliardi di euro del piano di acquisti di debito per l’emergenza pandemica, esteso “almeno sino alla fine di marzo 2022“, e il potenziamento dei maxi-finanziamento Tltro-III per il credito all’economia.
Resta aperto il capitolo delle misure prese da tutti gli Stati europei a sostegno del bilancio; ossia dell’aumento drastico di deficit e debito pubblico.
L’istituto guidato dalla Lagarde riconosce che sono servite per attenuare l’impatto della pandemia, ma avverte che “le misure di bilancio adottate dovrebbero essere mirate e temporanee“. Non appena la tempesta si sarà placata, insomma, bisognerà metter mano alle strategie di rientro che la stessa Bce (insieme alla Commissione Europea e al Fondo Monetario Internazionale, ossia la Troika) consiglia da 30 anni. L’austerità, insomma.
In particolare, la Bce evidenzia che “nel 2021 Spagna, Francia, Italia e Slovacchia dovrebbero registrare i disavanzi più elevati, pari a oltre il 7% del Pil” e che “finché l’emergenza sanitaria persiste e la ripresa non è in grado di autoalimentarsi, sarà importante prorogare queste misure temporanee“.
Un po’ di comprensione tattica, insomma, viene mostrata. E non potrebbe essere altrimenti, a meno di non voler far crollare l’intera economia europea (compresa quella tedesca e in generale del Grande Nord).
Al prezzo però di sforamenti di spesa che nell’Ue raggiungeranno l’8% del Pil nel 2020, dallo 0,6 per cento del 2019 e dovrebbero scendere al 6,1% nel 2021, al 3,9% per cento nel 2022 e al 3% nel 2023. Tutte cifre campate in aria, ma che servono a fissare una cornice cui inchiodare poi le scelte politiche nazionali e comunitarie.
Anche le misure mirate al mantenimento dei posti di lavoro che “hanno raggiunto livelli senza precedenti nei primi mesi dopo l’inizio della pandemia” devono “essere limitate nel tempo, al fine di non ostacolare la necessaria ristrutturazione economica, pur restando in vigore per un periodo sufficientemente lungo da preservare posti di lavoro produttivi che altrimenti potrebbero andare persi“.
Quindi Confindustria e soprattutto il suo conducator, Carlo Bonomi, possono star tranquilli. A Francoforte e Bruxelles la pensano proprio come lui: licenziare fa bene (alle imprese che devono “asciugarsi” e ristrutturare) e ”pazienza” se qualche milione di lavoratori continentali si ritroverà disoccupato proprio quando la stessa Bce e la Ue decideranno che è ora di tirare il freno sulla spesa pubblica perché “la pandemia sarà finita” e si dovrà ricominciare con l’austerità.
Parole chiare, senza equivoci e non interpretabili. Da leggere e capire bene. Se qualcuno si illudeva che dopo il disastro del 2020, che continuerà per buona parte dell’anno in corso, ai piani alti dell’Unione Europea fossero diventati meno feroci, beh..., si è sbagliato. Ha confuso le proprie speranze con le concrete scelte padronali.
I trattati europei stanno lì, intoccati. Una breve sospensione per non affogare tutti, anche i boia, e poi via... si ritorna al vecchio taglia-taglia che ha prodotto il disastro che abbiamo di fronte.
Meditate, gente...
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