Da domenica 17 la Lombardia sarà zona rossa. Questa decisione del governo ha mandato su tutte le furie il presidente Fontana, che ha dichiarato trattarsi di una “punizione che la regione non si merita”.
Si tratta di una presa di posizione singolare, di quelle a cui il presidente lombardo ci ha purtroppo abituati. Infatti, dall’inizio dell’anno Fontana andava dicendo che la Lombardia si stava avvicinando alla “zona rossa”, naturalmente senza far nulla per evitarlo e scaricando la responsabilità sui cittadini che dovevano “dimenticare certi comportamenti”.
Una riprova dei timori di Fontana era stata la decisione di rinviare il rientro in presenza degli studenti delle scuole superiori, fissato dalla Regione per il 25 gennaio, con un decreto poi annullato dal TAR.
Andiamo a vedere quali sono le vere preoccupazioni di Fontana rispetto alla supposta “punizione” della Regione, sulla quale Fontana preannuncia ricorsi al TAR e al Consiglio di Stato.
Il problema, per Fontana, è sempre e solo quello delle imprese lombarde che con la “zona rossa” subirebbero un grave colpo. La preoccupazione di Fontana è sempre di difendere il profitto anche se, come è successo la scorsa primavera, ciò entra in conflitto con la tutela della salute pubblica.
Ricordiamo le decisioni mancate sulle zone rosse della bergamasca e del bresciano che provocarono migliaia di morti e la protervia di voler difendere gli interessi padronali anche di fronte all’evidenza del rischio di contagio sui posti di lavoro.
Quanto ai cittadini che dovevano cambiare comportamento, ora Fontana giura che sono stati correttissimi.
Riguardo alle scuole superiori, che avrebbero dovuto riaprire alla presenza (50%) lunedì 18, è bene ricordare che ciò sarebbe avvenuto solo perché un gruppo di docenti e genitori ha proposto ricorso al TAR, vincendolo, contro la decisione della giunta regionale di procrastinare la riapertura al 25. Quindi le proteste di Fontana sono ridicole e bugiarde.
Tra l’altro, soprattutto a Milano, gli studenti di diverse scuole sono in stato d’agitazione per ottenere la ripresa delle lezioni in presenza, ma chiedono che ciò possa avvenire in sicurezza. Una richiesta a cui la Regione non sa dare risposte, né per quanto riguarda i trasporti né per l’effettuazione di tamponi rapidi, in caso di necessità, a studenti e personale.
Non si hanno novità nemmeno sui progetti della nuova assessora al welfare Letizia Moratti, che dovrebbe risollevare le sorti della Sanità lombarda dopo la fallimentare gestione Gallera. Si sa solo che dalla prima riunione di giunta, Moratti se n’è andata furiosa, sbattendo la porta.
Ma non facciamoci illusioni, la discussione era sul volere imporre alcuni suoi fidati collaboratori nei posti chiave della Sanità, non sul cambiamento del disastroso assetto regionale lombardo. Un vizio, quello di Letizia Moratti, di vecchia data, poiché è già stata condannata a un pesante risarcimento al Comune di Milano per assunzioni irregolari di collaboratori quando era sindaca della città.
Francamente, non ci sembra il caso di difendere il governo sulla politica inefficace e cervellotica delle zone a quattro colori ideata anch’essa, in definitiva, per tutelare gli interessi padronali. Tuttavia, Fontana non ha alcun diritto di protestare poiché della situazione lombarda è il principale responsabile, per le scelte passate e per quelle attuali.
Quindi, anziché parlare di “punizioni”, dovrebbe ringraziare il governo di non averlo (ancora) rimosso, come avrebbe meritato, e di non avere commissariato la Regione a causa della sua totale mancanza di responsabilità.
Purtroppo, si sa che anche in casa PD si è piuttosto attenti alle richieste degli industriali, ne fa fede la richiesta di deroga allo stato di “zona rossa” avanzata dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, a cui la storia della strage avvenuta nella sua città la scorsa primavera sembra non avere insegnato la prudenza.
Lo stesso vale per i sindaci di Cremona e di Crema, città governate da giunte a guida PD.
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