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05/06/2021

Egitto - Accordi militari per isolare l'Etiopia

di Marco Santopadre

La strategia del Generale al Sisi punta decisamente sulla tessitura di una vasta rete di accordi militari con vecchi e nuovi partner al fine di rafforzare il ruolo regionale del Cairo e isolare quanto più possibile l’Etiopia di Abiy Ahmed Ali. 
L’ultimo dei paesi interessati dal lavorio del Cairo è stato il Ruanda, dove dal 27 al 29 maggio si è recato in visita il capo di Stato maggiore delle Forze Armate egiziane. Il generale Mohamed Farid e la sua delegazione hanno avuto colloqui bilaterali con il capo di Stato maggiore delle forze di difesa del Ruanda (Rdf), generale Bosco Kazura e altri alti funzionari della sicurezza a Kigali.

Le discussioni sono state incentrate sul rafforzamento della cooperazione militare tra i due paesi. Prima di lasciare il Ruanda il generale si è recato al Gisozi Genocide Memorial prima per rendere omaggio alle vittime del genocidio del 1994 contro i Tutsi.
 Nei giorni precedenti il capo di Stato maggiore dell’Esercito egiziano si era recato in Kenya allo scopo di siglare un accordo di cooperazione militare con il Ministero della Difesa di Nairobi. 
Nei mesi precedenti il Cairo aveva già siglato analoghi accordi con il Burundi, l’Uganda e il Sudan. Il patto con Khartoum è stato concluso a marzo, mentre ad aprile l’Egitto ha firmato un memorandum d’intesa con l’Uganda sullo scambio di informazioni di intelligence militare.

Nello stesso mese, gli eserciti di Egitto e Burundi hanno concluso un accordo di cooperazione militare nei settori delle esercitazioni congiunte. I cinque stati che hanno firmato accordi di difesa con l’Egitto si trovano nel Corno d’Africa o a ridosso di esso, in una regione in cui la tensione tra Egitto ed Etiopia è in aumento a causa della realizzazione della Grande diga della Rinascita etiope (Gerd), un progetto di enormi dimensioni che secondo i paesi a valle – Egitto e Sudan – minaccia le risorse idriche del Nilo e di conseguenza la loro economia e la stessa stabilità sociale.

Nella strategia egiziana di accerchiamento di Addis Abeba va del resto inquadrato il viaggio dello stesso Abdel Fattah al Sisi nel piccolo ma strategico Gibuti sempre alla fine di maggio, per discutere con l’omologo Ismail Omar Guelleh del rafforzamento della cooperazione e delle relazioni bilaterali, in particolare al livello di sicurezza, militare ed economico. Proprio in contemporanea con l’arrivo nel piccolo stato di al Sisi, due aerei militari egiziani scaricavano un ingente quantitativo di medicinali, forniture mediche e generi alimentari donati dall’Egitto.

Secondo la stampa somala i due leader avrebbero discusso in particolare delle previste elezioni in Somalia, del conflitto con l’Etiopia e della situazione nel Tigray dopo la fine della guerra scatenata in autunno da Addis Abeba contro la regione ribelle settentrionale. Secondo alcune fonti, al centro dei colloqui ci sarebbe stato il progetto di formare una coalizione contro il presidente uscente somalo Mohamed Abdullahi “Farmajo” – esponente delle Fratellanza Musulmana basata al potere in Turchia e in Qatar – sostenuto proprio dall’Etiopia, dall’Eritrea e dal Sud Sudan. Insieme all’Egitto della coalizione dovrebbero far parte, nelle intenzioni di al Sisi, il Sudan, Gibuti, il Kenya e l’Uganda.

Che le attenzioni del Cairo siano concentrate sul rivale etiope è confermato dalla partecipazione di uomini e mezzi delle forze armate egiziane all’esercitazione militare congiunta denominata “Protettori del Nilo”, realizzata in Sudan sempre nei giorni scorsi. All’inizio di aprile, inoltre, si erano tenute altre esercitazioni congiunte, questa volta delle due aviazioni militari, ribattezzate “Nile Eagle 2″, organizzate presso la base sudanese di Merowe, situata 380 km a nord di Khartoum. Le manovre militari, programmate dopo la firma di un trattato di cooperazione con Khartoum, mirano a rafforzare l’integrazione tra i due eserciti proprio in vista di un conflitto con Addis Abeba che tutte le dichiarazioni degli attori in campo continuano a smentire e ad esorcizzare ma che rimane sullo sfondo come un’opzione possibile tra quelle in campo per la soluzione del contenzioso sulla Grande Diga sul Nilo Azzurro che l’Etiopia pretende di gestire in maniera unilaterale. Da mesi, ormai, le autorità egiziane e sudanesi hanno definito le risorse idriche una questione “di sicurezza nazionale”.

«La nostra acqua è una linea rossa e toccarla comprometterebbe la stabilità dell’intera regione» aveva avvisato al Sisi nelle scorse settimane. Il monito del capo dello stato egiziano era giunto dopo che i media del Cairo avevano riferito che Addis Abeba aveva rimosso circa 5000 ettari di terreno nell’ambito della seconda fase del riempimento della Grande Diga della Rinascita. Un ulteriore riempimento del bacino idrico previsto a luglio, che riguarda circa 13,5 miliardi di metri cubi d’acqua, potrebbe portare ad una vera e propria escalation nelle relazioni tra i due fronti.
 «Dico ai nostri fratelli etiopi che non devono toccare una sola goccia dell’acqua che spetta all’Egitto, perché tutte le opzioni sono aperte. È meglio cooperare» aveva minacciato al Sisi dopo il fallimento di un ennesimo round di colloqui realizzati a Kinshasa, a causa dei contrasti tra Addis Abeba da una parte e Il Cairo e Khartoum dall’altro sul ruolo da attribuire, nella mediazione, agli osservatori del Sudafrica, degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, da affiancare a quelli dell’Unione Africana.


Intanto, proprio in questi giorni – dal 31 maggio al 6 giugno – l’inviato speciale di Washington per il Corno d’Africa, Jeffrey Feltman, è impegnato in una serie di incontri in Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Kenya al fine di tentare di dirimere il contenzioso sulla Gerd.

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