Ormai gli omicidi sul lavoro si contano a decine ogni giorno. Anche venerdì 4 giugno nove lavoratori sono stati iscritti sul libro mastro della contabilità degli assassinati, dopo i nove di giovedì 3. Una contabilità che i media restituiscono in modo molto parziale e totalmente casuale.
Ce n’è di ogni tipo: l’incidente stradale tornando a casa dopo ore di lavoro pesante; il ribaltamento del trattore che è uno dei casi più ricorrenti e di primo acchito sembra sempre una tragica fatalità per poi scoprire che le aziende costruttrici non montano roll-bar di sicurezza per una questione di costi; l’asfissia durante la pulitura delle cisterne; lo schiacciamento da caduta di materiali durante la movimentazione; la caduta da impalcature; l’uso di macchinari pericolosi senza formazione né protezioni.
Un cupo e incompleto catalogo di ciò che, a qualsiasi età, attende lavoratrici e lavoratori quando la mattina si recano al lavoro.
Registriamo ogni giorno la contabilità della carneficina sui luoghi di lavoro e assistiamo frustrati con impotenza al fatto che nulla accade, che ogni giorno si ricomincia da capo senza che nulla si muova se non qualche stanca iniziativa che occupa due minuti di visibilità sui TG.
Ascoltiamo ogni giorno le dichiarazioni di occasione degli esponenti politici, dei ministri, dei portavoce delle associazioni datoriali, cioè i padroni: “è necessario fare qualcosa, siamo contriti per l’accaduto, studieremo ancora per rendere più sicuro il lavoro...”.
La risposta a quanto sta accadendo e all’immobilismo politico-padronale, non può che partire dalla pratica di lotta che il movimento di classe ha sempre adottato quando doveva porre ed imporre all’ordine del giorno le sue questioni, cioè quelle vere, quelle che fanno la differenza.
Cioè lo sciopero generale per la sicurezza sui luoghi di lavoro per pretendere poche, in definitiva semplici cose: no allo sfruttamento, più investimenti in sicurezza, più formazione mirata per le lavoratrici e i lavoratori, ricostituzione immediata e rilancio dei corpi ispettivi non solo di Inps, Inail e Ministero del Lavoro ma anche del Servizio Sanitario Nazionale e, soprattutto, pene più severe e certe per chi si rende responsabile degli omicidi approvando una legge di pochi articoli ma di sicura importanza che istituisca il reato di omicidio sul lavoro.
La proposta è sul tavolo di chiunque voglia farla propria per costruire nel più breve tempo possibile una fermata generale del lavoro che comunque USB praticherà nelle prossime settimane anche da sola.
Morti di lavoro venerdì 4 giugno 2021
Ortenzio Bruni, 59 anni, operaio, Ascoli Piceno
Bruno Bardi, 59 anni, autotrasportatore, Leffe
Giuseppe Di Vittorio, 59 anni, autotrasportatore, Castiglione Messer Raimondo
Antonio Laterza, 46 anni, operaio, Chiaromonte
Gerardo Lovisi, operaio, 45 anni, Cossano Belbo
Gianni Messa, ingegnere direttore della sicurezza, 58 anni, Cossano Belbo
Fabio Rovere, allevatore, 48 anni, Pieve di Teco
Domenico Zinna, 43 anni, autotrasportatore, Castegnato
generalità incomplete, 89 anni, agricoltore, Anzola Emilia
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