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11/06/2021

Troppe incognite, la Bce non si muove

La Banca Centrale Europea prende tempo. Non tocca i tassi di interesse (a zero, o addirittura negativi per i depositi) e annuncia la prosecuzione degli acquisti di titoli sul mercato, secondo il programma Pepp, anche ad un ritmo superiore a quanto fatto finora.

Per comprendere la portata di questa “non decisione”, bisogna tenere presenti diversi fattori. Il primo è l’aumento dell’inflazione, soprattutto delle materie prime, in tutto il mondo.

La ripresa generalizzata del mondo industriale dopo la pandemia – che si è significativamente indebolita soltanto nei paesi più avanzati – ha prodotto una corsa agli acquisti dei componenti base dell’industria, che però non possono essere estratti just in time, al contrario dei prodotti finali.

L’eccesso di domanda, classicamente, fa volare i prezzi, per il momento. Il dato “buono” per i capitalisti e pessimo per chi lavora, è che questa pressione inflazionistica non riguarda affatto i salari. Anzi...

I “falchi” del Grande Nord europeo volevano comunque cogliere questa occasione per avviare un tapering, ossia un rallentamento delle misure di quantitative easing.

Non c’è però alcuna ragione “tecnica” per sostenere un cambio di politica monetaria. Un rallentamento avrebbe avuto come immediata conseguenza solo l’aumento dello spread sui titoli di stato dei paesi con più alto debito pubblico e la ripresa della corsa agli acquisti di titoli tedeschi, olandesi, ecc. Con l’effetto di aumentare il costo del “servizio sul debito” dei paesi mediterranei e il finanziamento a costo zero (o addirittura con guadagno) del debito tedesco, ecc.

Detto altrimenti, la determinazione della politica monetaria europea è un perenne oggetto di contrattazione tra interessi diversi e opposti, con alcune economie che possono prosperare a spese di altre ma che vengono dipinte come “frugali”.

Christine Lagarde ha scelto come sempre la via di mezzo, mantenendo gli stimoli e affidandosi all’estate per avere un quadro più preciso dell’evoluzione dell’economia continentale.

La ripresa produttiva è infatti fortissima, ma con molte incognite riguardo la durata, l’intensità, i possibili inciampi. Si è detto dei problemi di reperimento – e il prezzo – di numerose materie prime, ma è pur sempre in corso una pandemia mondiale. Che se appare in via di superamento nell’Occidente, grazie al monopolio detenuto sui vaccini, prosegue intensissima nel resto del pianeta.

Accade perciò che là dove le materie prime vengono estratte la pandemia faccia crescere i contagi e le varianti, che si diffondono di nuovo per il mondo – anche dove era stata pressoché annullata – grazie al trasporto via nave.

I media hanno dato ampio rilievo al blocco di tre porti cinesi, tra l’altro i più importanti per il carico e scarico di container, in seguito alla scoperta di alcuni contagiati con la “variante Delta”. Come al solito, le autorità cinesi hanno immediatamente fermato tutto organizzando il “tamponamento di massa”. Ossia di tutta la popolazione potenzialmente interessata (alcune decine di milioni di abitanti).

Misure ovviamente sacrosante per salvaguardare la salute della popolazione e, non stranamente, anche per garantire la più veloce ripresa delle attività economiche (una volta isolati i “positivi”, si può andare di nuovo di corsa). Ma che hanno una incidenza forte nel breve periodo.

Dai commenti preoccupati, si capisce che gli imprenditori occidentali (e i media da loro controllati) avrebbero preferito una atteggiamento più “bergamasco” nei confronti di questi focolai. Ossia chiudere un occhio e continuare a lavorare. Con i bei risultati che conosciamo...

Ma ci sono anche altre incognite, che riguardano la consistenza delle diverse “riprese”, e quindi la scarsa possibilità che il commercio globale conservi o riproduca esattamente le gerarchie precedenti la pandemia. Con serie ricadute sulla funzionalità delle infrastrutture e delle rotte globali (alcune diventano improvvisamente inadeguate ai volumi di traffico, altre si scoprono sovradimensionate e avviate al declino).

In questo momento è di fatto impossibile prevedere lo scenario dei prossimi mesi. E dunque la prudentissima e ossequiosissima Lagarde si guarda bene dal prendere decisioni che potrebbero costarle qualche consenso importante.

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