Sono passati otto mesi (novembre 2020) da quando al Parlamento Europeo è stata cancellata dalla risoluzione sulla libertà di stampa la proposta di inserire il seguente emendamento: “la detenzione e l’incriminazione di Julian Assange costituiscono un grave precedente per i giornalisti come stabilito dal Consiglio d’Europa”.
In un primo momento l’emendamento era presente nel testo, ma poi il nome di Assange era stato rimosso il 23 Novembre per decisione di una commissione di parlamentari europei composta dal Partito popolare europeo (PPE), dai Socialisti e Democratici (S&D) e dal partito Renew Europe.
A gennaio invece il Parlamento europeo ha approvato con 581 voti favorevoli, 50 contrari e 44 astensioni una risoluzione che chiede il rilascio immediato e incondizionato di Aleksej Navalny e di tutte le persone fermate in occasione del suo rientro in Russia, inclusi giornalisti, collaboratori o cittadini che lo sostengono.
Nella risoluzione, il PE invita i Paesi UE ad “inasprire sensibilmente le misure restrittive dell’UE nei confronti della Russia”. Ciò include sanzioni contro le “persone fisiche e giuridiche” coinvolte nella decisione di arrestare e incarcerare Alexei Navalny.
Come mai un così pesante ed esplicito doppio standard su due vicende che richiederebbero invece la medesima determinazione?
Il silenzio sulla detenzione arbitraria di Julian Assange è forse una delle pagine più vergognose della politica italiana ed europea, ma anche delle organizzazioni che si occupano della libertà di stampa e di libertà politiche. Tra l’altro le condizioni di salute di Assange, tuttora detenuto nelle carceri britanniche, appaiono assai più gravi di quelle di Navalny.
Per denunciare il silenzio sulla detenzione di Assange e la vergogna di questo inaccettabile doppio standard, il gruppo Italiani per Assange organizza un sit-in per il 50° compleanno del fondatore di Wikileaks, in piazza Trilussa.
Julian Assange è un giornalista pluripremiato per il suo coraggioso e rivoluzionario giornalismo d’inchiesta, che celebrerà ancora una volta il suo compleanno dietro le sbarre, in isolamento stretto, nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh per il solo fatto di aver portato a galla verità scomode su corruzione, frodi bancarie, accordi commerciali iniqui..., ma soprattutto per aver rivelato al mondo i crimini di guerra che hanno insanguinato le cosiddette “missioni di pace” delle forze armate occidentali, in particolare di quelle statunitensi, in Iraq e Afghanistan.
Attraverso WikiLeaks, Assange ha reso a tutta l’informazione internazionale un grande servizio, mettendo a disposizione dei cittadini di tutto il mondo un intero archivio di conoscenze, nella convinzione – che è alla base di ogni consesso democratico – che il solo modo per costruire una società più giusta è esporre l’ingiustizia che spesso dilaga e prospera al riparo della segretezza che garantisce l’immunità per i criminali, accanendosi contro chi, invece, quei crimini li rivela.
La battaglia per la liberazione di Assange e l’archiviazione delle accuse rivoltegli dal Dipartimento di giustizia Usa è una battaglia per la libertà di informazione che è il solo strumento a disposizione dei cittadini per controllare i governanti che amministrano il potere dello Stato in loro nome e dunque per esercitare effettivamente il potere politico.
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