Alcuni si sono irritati e sorpresi dai miei recenti toni con cui ho trattato Zelensky. Chiunque abbia avuto esperienze di marketing e pubblicità non potrà non notare come tutta la narrazione Zelensky ricalchi in tutta evidenza una chiara strategia.
Forse questa affermazione risulterà infondata ai più, ma io ho lavorato in quel campo per due decenni e passa, diciamo ad alti livelli, con una specializzazione professionale specifica proprio in strategie di marketing e comunicazione.
Non c’è alcuna possibilità che possiate sostenere il contrario, credetemi, la mia non è una convinzione politica è meramente una constatazione tecnica.
Zelensky è il testimonial (bravissimo) di una strategia di comunicazione (abilissima e molto professionale) che presuppone un abilissimo team che ne cura immagine e testi, team ovviamente non ucraino.
Ma è anche un PR con un altro team che gli apre porte di parlamenti, interventi nelle piazze pacifiste, interviste, servizi copertina e da ultimo anche merchandising e tutto il noto sistema che accompagna il format “rivoluzioni colorate”.
E chi lo dirige gestisce anche le sue relazioni internazionali, l’amicizia con i Trimarium in funzione anti-UE, gli attacchi a Germania e qualche volta Israele, l’ambiguo rapporto con la Turchia che sta nella NATO tanto quanto si bilancia con la Russia e molto altro.
O mi volete dire che un comico ucraino in politica da tre anni con un Paese al 133° posto per Pil, è in grado di far tutto questo da solo?
Ogni giorno concede qualcosa facendo respirare gli animi pacifisti e ragionevoli, un minuto dopo fa marcia indietro.
Ogni giorno alza la posta paranoica contro l’inumanità russa (che è per molti versi obiettiva), poi chiede più armi, più soldi, più riconoscimento e più odio per il nemico.
Ogni giorno noi non abbiamo alcuna informazione terza sui teatri di guerra, ma abbiamo cori di esperti che fanno sperare: “i russi sono impantanati”, “i russi cedono psicologicamente”, “i russi stanno preparando attacchi biochimici ed atomici (quando queste sono pari accuse fatte dai russi nei loro confronti).
Non vediamo i militari russi, non vediamo i militari ucraini, vediamo solo immagini ucraine e sentiamo solo comunicati ucraini.
Se c’è speranza, c’è un invio d’armi e tutto il circuito si rilancia.
Ogni giorno gli europei vanno incontro a questo tsunami emotivo terrorizzante spinti da dirette h24 gestite da professionisti della comunicazione che non hanno mai un dubbio, un’alzata di sopracciglio, un possibile ricordo del necessario bilanciamento quando si tratta di comunicazione di guerra.
Così i popoli, così i loro intellettuali principali, così i partiti annichiliti.
Granelli di sabbia in questa abbondante vasellina sono subito coperti di ignominia ed ostracizzati.
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