La coalizione a guida saudita ha accettato la richiesta dell’ONU di concedere una tregua dei bombardamenti sullo Yemen a partire da stamattina, fino alla fine del prossimo Ramadan. “Il comando delle forze congiunte della coalizione annuncia l’interruzione delle operazioni militari all’interno dello Yemen a partire da mercoledì alle 6 del mattino”, ha riferito l’agenzia di stampa statale saudita SPA, citando una dichiarazione del portavoce della coalizione, il generale di brigata Turki al-Malki.
Durante tale periodo di tregua dovrebbero essere concessi anche alcuni voli commerciali alla volta della capitale Sana’a e dovrebbe essere parzialmente rimosso il blocco navale verso la città portuale di Hodeidah, entrambe in mano agli Houthi.
Arrivano timidi segnali positivi dal conflitto in Yemen, che si sta rivelando forse il più disastroso dal punto di vista umanitario degli ultimi 20 anni.
Venerdì 25 marzo gli Houthi hanno bersagliato le infrastrutture industriali dell’Aramco, compagnia petrolifera di stato dell’Arabia Saudita, su tutto il territorio nemico, a suon di missili e droni; l’attacco è anche andato in onda in diretta mondiale durante le qualifiche del Gran Premio di Formula Uno di Jeddah, quando si sono viste imponenti fiamme stagliarsi sullo sfondo delle inquadrature del circuito. Oltre a determinare un pesantissimo danno di immagine per la corona Saudita, tale attacco, secondo alcuni, ha anche determinato un aumento del prezzo del greggio.
Nonostante ciò, invece di andare incontro ad un incrudimento, fra le parti si sono avuti segnali di de-escalation.
Il giorno successivo, infatti, sono stati gli stessi Houthi a dichiarare una tregua unilaterale di 3 giorni sia sul versante dell’offensiva di terra in Yemen, sia sul versante degli attacchi in territorio nemico, nonostante la risposta dell’aviazione della coalizione a guida-saudita non si sia fatta attendere. “Questo è un invito sincero a mettere in atto passi concreti per ricostruire la fiducia e portare tutte le parti dall’arena dei colloqui all’arena degli atti”.
Dopo questa prima risposta saudita, il Gulf Council Cooperation (GCC) ha esteso a sua volta un invito a tutte le parti in conflitto per un dialogo faccia a faccia, le cui sessioni sarebbero da tenersi a Ryad: il Segretario generale Nayef Al-Hajraf ha, inoltre, affermato che il GCC è impegnato “a trovare una soluzione politica alla crisi yemenita e a raggiungere sicurezza, stabilità e pace nello Yemen” e, “sostenere ogni sforzo che serve gli interessi del popolo yemenita e contribuisce a rafforzare la stabilità e l’integrità territoriale dello Yemen”.
Gli Houthi hanno rifiutato quest’offerta, sostenendo che i colloqui non andrebbero tenuti in Arabia Saudita, bensì in un paese terzo.
Tuttavia, questa apertura a colloqui diretti va colta come un segnale positivo, anche perché sembra porsi nel solco di un mutamento di orientamento più generale da parte delle monarchie del golfo, Arabia Saudita in testa, che sta passando da un atteggiamento di guerra e destabilizzazione totali nelle regione, all’accettazione di rapporti più sereni anche con i nemici strategici. La riabilitazione più o meno esplicita della Siria ed una de escalation nella guerra in Yemen potrebbero essere due tappe fondamentali in questo “cammino”.
Resta aperto il dossier Iran, sul fronte del quale, al momento, Ryad non pare intenzionata a fare passi indietro rispetto ai tentativi di isolare la Repubblica Sciita e di far saltare un nuovo accordo internazionale sul nucleare.
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