Vabbeh, la previsione era stata fin troppo facile... Però stupisce sempre vedere con quanta facilità e velocità si ottenga la verifica. Di questi tempi e con questa classe politica...
Saprete che per qualche ora – due-tre giorni – il Palazzo era stato attraversato da una strana fronda. Il capo politico dei Cinque Stelle ed ex premier di maggioranze disinvolte, nel pieno di una personalissima mini-campagna elettorale per la riconferma nel ruolo, aveva minacciato di non votare l’aumento delle spese militari. Un impegno preso da tutti i paesi europei per sfruttare l’occasione di una guerra alle porte di casa.
Persino il fatto che la Germania – disarmata a prezzo di due guerre mondiali alquanto sanguinose – si riarmi al modico prezzo di 100 miliardi subito era passato quasi sotto silenzio. Anche nei paesi in cui la BundesWehr aveva fatto posare i propri ingombrantissimi scarponi.
Bene. L’avvocato Giuseppe Conte, nel breve giro di ventiquattr’ore è passato da una riunione (presunta) infuocata con Mario Draghi – in cui avrebbe ribadito l’opposizione dei grillini a stanziare subito il 2% del Pil per gli armamenti – a una serena “fiducia” al governo proprio su questo punto.
È bastato, a Draghi, promettere che l’anno in cui quel traguardo di bilancio deve essere completato sarà il 2028, invece che il 2024. Ma nessuno ha capito dov’è che sta scritto…
E quindi il decreto è passato tranquillamente anche al Senato. Il massimo della dissidenza sono state un po’ di assenze ingiustificate, che hanno fatto scendere i “sì” ad appena 214, sui quasi 300 che teoricamente il governo poteva vantare su questo provvedimento (cui anche la presunta opposizione della Meloni era “antagonisticamente” a favore, pur votando tatticamente contro).
Ha tenuto il punto il presidente della Commissione esteri di palazzo Madama, il grillino Vito Petrocelli, che ora sarà probabilmente rimosso proprio dal suo “partito”.
Pinzillacchere a parte, resta il fatto che una vera opposizione parlamentare al riarmo non esiste. E questo nonostante i sondaggi – quasi comico, nella sua spudorata ansia di indurre in errore gli intervistati, quello di Swg per La7: “Lei è in accordo o in disaccordo con la seguente affermazione: Non è giusto che l’Italia aumenti le spese militari al 2% del Pil, ci sono altre vie per difendere gli Stati e le popolazioni” – diano una stragrande maggioranza ai contrari (54% persino in quello così contorto...).
Un sentiment popolare che evidentemente ha fatto pensare ai grillini che magari ci poteva essere uno spazio per giocare nuovamente in proprio e guadagnarsi qualche riconferma di consenso in vista del marzo 2023, quando i sogni di gloria e le percentuali del 2018 (33%) saranno solo un doloso ricordo.
Ma la forza dei “vincoli internazionali” – Unione Europea per le politiche economiche, Nato per quelle geostrategiche – è enormemente superiore alle fragili soggettività “scese in politica” sull’onda della crisi della “Seconda Repubblica”. E dunque tutto si è risolto in un ruttino di contrarietà...
Resta il fatto che la stragrande maggioranza della popolazione è contraria all’aumento della spesa militare, ben sapendo che – con i vincoli di bilancio ancora intatti – ogni euro che andrà in cannoni sarà tolto a sanità, scuola, pensioni, ricerca, ecc.
Questa maggioranza è uno spazio politico enorme. Decisamente eccedente le forze organizzate che sono contro la guerra ma fuori del Palazzo. Forse non saremo nell’immediato in grado di far cadere il “governo della guerra, del freddo e della fame”, ma è l’unica cosa sensata che si possa fare in mezzo a questa follia.
Siamo qui per provare a ridurre questo scarto. Cominciamo domenica, con l’assemblea che prova a dare un profilo europeo al movimento contro la guerra.
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