La crisi energetica e la scelta idiota di assecondare gli Stati Uniti con raffiche di sanzioni alla Russia sta mettendo in ginocchio l’economia europea. Mentre le altre sopravvivono assai meglio.
Con l’inverno alle porte è andato a farsi benedire ogni tentativo di “costruire la casa comune”, o almeno così pare a molti – e diversissimi tra loro – osservatori.
Il nostrano Sole24Ore, organo di Confindustria, di solito prodigo di elogi per l’Unione Europea quando raccomanda di tenere bassi i salari o tagliare ancora pensioni e sanità, è stato costretto ad ammettere che “mezza Europa fa da sé. Sale l’onda del protezionismo”.
Gli episodi sono ormai innumerevoli, ma soprattutto di dimensioni molto rilevanti. È ormai noto a tutti che la Germania, di solito “frugale” nella spesa pubblica, ha stanziato ben 200 miliardi di euro per attenuare l’aumento dei prezzi energetici per le proprie imprese. Mentre si rifiuta sia sia intraprendere la strada del price cap per il prezzo del gas sia di creare un fondo comune europeo, finanziato con l’emissione di titoli garantiti dall’Unione.
In pratica, ha pubblicamente inaugurato una strategia di “protezione” delle proprie industrie a scapito, inevitabilmente, di quelle degli altri paesi del Vecchio Continente. Concorrenza sleale, finanziata dallo Stato, distorsione del mercato... la liste dei tabù neoliberisti infranti da Berlino con questa decisione è di fatto infinita.
Chiaro che la credibilità di Scholz e soci nel sostenere “l’austerità” per gli altri partner sarà nei prossimi mesi ridotta a zero.
Si potrebbe citare – forse inutilmente – l’Ungheria che al contrario ha firmato contratti per un aumento delle importazioni di gas russo. Ma che Orbàn fosse “sovranista” non era un segreto...
Il problema è che lo stanno diventando tutti. Per necessità, non per ideologia.
Parigi, per esempio, continua ad opporsi alla costruzione del MidCat, un mini-gasdotto lungo meno di 200 km che dovrebbe scavalcare i Pirenei. La Spagna è infatti ricca, sulla costa atlantica, di terminal per scaricare e ri-gassificare il Gnl che arriva o potrebbe arrivare dagli Usa e dall’Africa.
Inutile dire che l’opposizione di Parigi è motivata soprattutto dai grandi guadagni che sta producendo in questo momento la sua struttura di centrali elettriche a energia nucleare, nonostante i numerosi problemi che incontrano diversi impianti ormai a fine carriera e – fino a pochi mesi fa – “minacciati” dai progetti di transizione energetica verso fonti meno inquinanti.
La stessa Norvegia, che ha appena inaugurato un gasdotto che la collega con la Polonia (lo stesso giorno in cui è stato attaccato il Nord Stream russo, a poche miglia dal punto in cui i due gasdotti si incrociano) ha avvertito che potrebbe ridurre nei mesi invernali le proprie esportazioni di energia elettrica verso il resto d’Europa. La siccità ha colpito anche da quelle parti, così che gli invasi delle dighe sono mezzi vuoti e viene a mancare buona parte del contributo delle centrali idroelettriche.
Ma anche la Germania, esportatore netto di energia elettrica grazie alle centrali nucleari, a carbone o a gasolio, sarà costretta a ridurre il suo contributo (pagato, non donato) verso i paesi vicini.
Più comica la situazione britannica, che dopo aver proclamato la riduzione delle esportazioni di gas verso l’Europa ora si trova a chiedere “solidarietà”, ossia forniture elettriche supplementari, perché non riesce ad alimentare le sue stesse centrali.
E infine gli Stati Uniti, che dopo aver sollecitato gli “alleati” europei a troncare i rapporti con la Russia (e tranciato il Nord Stream per “praticare l’obiettivo”), assicurando che avrebbero sostituito buone parte del deficit di gas con il proprio Gnl, ora stanno rivedendo i calcoli e comunicano che probabilmente si terranno il proprio gas per le necessità interne.
L’alleanza euro-atlantica è insomma il solito covo di vipere avide e concorrenziali al proprio interno, parzialmente unite solo quando c’è da rapinare qualche stato più debole (la lista delle sue vittime è infinita).
Ma fa anche meno paura di prima.
Un lucido articolo di analisi del Global Times – è cinese, non statunitense – fornisce anche notizie europee che non si ritrovano su nessun media italiano. Oltre a un giudizio complessivo ben poco “comprensivo” con le difficoltà in cui ci stiamo trovando per servilismo e inadeguatezza della “classe dirigente” continentale.
“I Paesi europei si stanno preparando ad affrontare un inverno rigido e difficile a causa dell’ulteriore aggravarsi della crisi energetica dovuta all’aggravarsi della crisi tra Russia e Ucraina e all’esplosione del gasdotto Nord Stream, mentre gli Stati Uniti stanno cercando di utilizzare gli alti prezzi dell’energia per indebolire ulteriormente l’economia europea e costringere le industrie manifatturiere a fuggire dal continente”.
Ma “alcuni Paesi dell’UE, in particolare le principali economie dell’UE, che acquistano energia dagli Stati Uniti a prezzi estremamente elevati, sono in una situazione forzata dalla crisi geopolitica piuttosto che in un normale accordo commerciale che segue le leggi del mercato, quindi non sarà sostenibile; in futuro, i Paesi dell’UE dovrebbero compiere sforzi per diversificare la loro dipendenza energetica verso altri Paesi, piuttosto che legarsi troppo strettamente agli Stati Uniti.”
Il Global Times, nell’articolo di Yang Sheng e Liu Caiyu, dà grande rilievo al nervosismo del presidente francese Emmanuel Macron, che giovedì ha affermato che le nazioni europee dovrebbero unirsi alle economie asiatiche per chiedere agli Stati Uniti e alla Norvegia di mostrare maggiore amicizia vendendo gas a prezzi più bassi.
Rivolgendosi a una conferenza di imprenditori a Parigi, Macron ha detto che i Paesi che sanzionano la Russia sono uniti come “combattenti per la libertà”, ma divisi come produttori o consumatori di combustibile fossile. Le due cose non possono stare insieme a lungo...
“In uno spirito di grande amicizia, diremo ai nostri amici americani e norvegesi: ‘Siete super, ci fornite energia e gas, ma una cosa che non può andare avanti per troppo tempo è che noi paghiamo quattro volte di più del prezzo che praticate alla vostra industria’“, ha detto Macron. “Questo non è esattamente il significato di amicizia“.
La Francia intenderebbe sollevare la questione in particolare al prossimo G7. Il mercato del gas infatti non esiste davvero al momento, ha detto il presidente francese, aggiungendo che le economie leader dovrebbero cercare di riportarlo a un corridoio di prezzi che “abbia senso“.
La situazione del Vecchio Continente è davvero complicata, a questo punto. Secondo Wang Yiwei, direttore dell’Istituto di Affari Internazionali dell’Università Renmin della Cina, gli alti prezzi dell’energia divideranno sicuramente l’Occidente, perché è molto chiaro che le compagnie energetiche statunitensi stanno “usando la guerra per arricchirsi“, e i prezzi elevati colpiranno direttamente l’economia dell’UE aumentando i costi per le industrie manifatturiere.
“In futuro, con l’aggravarsi della crisi ucraina, sempre più industrie manifatturiere abbandoneranno l’Europa per trasferirsi in Asia e in America, e quindi l’economia europea sarà svuotata. Oggi, grazie ai sussidi governativi, la vita quotidiana della gente comune non subisce grandi cambiamenti, ma a lungo termine, l’elevato debito e l’indebolimento della forza nazionale finiranno per avere un impatto sui mezzi di sussistenza della popolazione del continente“, ha osservato Wang.
Ma il peggio è che al momento non c’è molto che l’UE possa fare per fermare la crisi, anche se le élite dell’UE comprendono chiaramente la strategia degli Stati Uniti di usare la crisi russo-ucraina per indebolire il loro principale concorrente economico: l’UE.
Pace e sviluppo economico sono sempre strettamente collegati. Chi, come gli imperialisti dementi di questo continente, l’ha dimenticato, finirà per pagarne le conseguenze. In un modo o nell’altro...
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