Sotto le pressioni delle ambasciate occidentali e dell’opposizione locale europeista, c’è stata la decisione di ricontare i voti delle elezioni presidenziali nella Republika Srpska del 2 ottobre, presa dalla Commissione elettorale centrale (CEC) della Bosnia ed Erzegovina, nonostante ancora non siano stati dati ufficialmente i risultati finali della votazione, che hanno visto la vittoria con uno scarto di oltre 30.000 voti del presidente uscente Milorad Dodik contro l’esponente filooccidentale Jelena Trivic.
Questa decisione, presa assolutamente in contrasto con la legislazione della BiH, è stata interpretata dalla forze vincitrici le elezioni, come lo scenario per la preparazione di una nuova Rivoluzione colorata, un colpo di stato oggettivo, contro l’autonomia serba all’interno della Bosnia-Erzegovina. Dietro questo scenario ci sono l’Occidente e le autorità di Sarajevo, è stato denunciato dai massimi esponenti dell’Unione dei Socialdemocratici Indipendenti di Dodik.
I due candidati di opposizione il Partito del Progresso Democratico di Jelena Trivic ha ricevuto meno del 10% dei voti alle elezioni parlamentari, mentre il Partito Democratico Serbo ha ricevuto circa il 15% dei voti. L’Unione dei socialdemocratici indipendenti di Dodik e Zelika Cviyanovich ha ricevuto circa il 63% dei voti, molto di più di quanto l’intera opposizione filo-occidentale abbia ricevuto insieme alle elezioni parlamentari. In questo scenario come può essere credibile una vittoria dell’opposizione?
L’ambasciatore della Bosnia ed Erzegovina in Croazia, A. Vranješ, ha affermato che “...l’intero processo post-elettorale è un tentativo di colpo di stato guidato da alcune ambasciate occidentali, da una parte dei media e dei social network e dall’opposizione, che ha perso le elezioni per l’ennesima volta... I rappresentanti dell’opposizione già nella notte delle elezioni hanno iniziato a prepararlo, anche se sapevano di avere perso, cercando di creare una atmosfera tesa e confusa, per annullare le decisioni popolari, portare il caos nelle strade e tentare di destabilizzare la Republika Srpska...”.
Queste accuse sono legate al fatto giuridico che la Commissione elettorale centrale della BiH non è un organo tecnico neutrale che sovrintende allo svolgimento del processo elettorale, di fatto è un organismo politico, come si è visto più volte in passato, imputato di assecondare gli obiettivi dell’establishment politico musulmano di Sarajevo e la cosiddetta Comunità internazionale. Esso è formata da tre rappresentanti dei popoli che formano lo stato bosniaco: un serbo, un croato e un bosniaco, oltre a rappresentanti di stati stranieri.
Il cuore del problema sta nel fatto che la Repubblica Srpska ha raggiunto oggi una solidità politica ed economica, anche in una prospettiva internazionale. Per questo le forze e i politici legati agli scenari occidentali e atlantisti, stanno mettendo sotto pressione le autorità serbe ed in particolare il suo presidente M. Dodik, visto come un politico non asservito agli interessi stranieri e non disponibile alla creazione di una sorta di BiH centralizzata a Sarajevo, con egemonia dei politici musulmani completamente dipendenti dai paesi occidentali, come continuamente suggerito e indicato da rappresentanti della cosiddetta Comunità internazionale, come, ad esempio, il rappresentante speciale degli Stati Uniti Gabriel Escobar.
Tutte queste azioni sono intraprese per indebolire in anticipo la posizione di Dodik, un politico indipendente che ha ottimi rapporti con la Russia, in un momento in cui lui e la Republika Srpska dovranno affrontare una serie di nuove sfide. Non sorprende che Dodik si sia affrettato a recarsi a Budapest in questi giorni, per ricevere le congratulazioni e il sostegno del leader di uno dei paesi della UE, il primo ministro ungherese Viktor Orban. E anche Mosca ha mandato le congratulazioni al presidente serbo. Di fatto non si vuole accettare che vi sia una politica indipendente nelle retrovie del fronte antirusso della NATO.
Il popolo serbo, per l’Occidente è un tangibile ostacolo che deve essere superato, prima di un delineato attacco alla Russia e quindi i politici serbi indipendenti sono sotto pressione, così come negli anni passati, la RFJ e la Serbia sono stati sottoposti all’aggressione diretta con i bombardamenti NATO del 1999. Pertanto, non sorprende che i serbi nella Republika Srpska abbiano votato per Dodik, che è a favore della difesa dell’identità e indipendenza serba, del mantenimento di buone relazioni con la Russia e con i paesi non facenti parte del blocco egemonico unipolare guidato dagli USA. Ai tempi odierni questa è una colpa gravissima.
Elena Trivic vorrebbe diventare la novella Tikhanovskaya della Republika Srpska. Probabilmente il “Piano A“ consisteva nel dichiarare la vittoria dell’opposizione la notte dopo le elezioni, con un gran numero di manifestanti scesi in piazza.
Ma questo piano è fallito per due ragioni: in primo luogo, il divario tra Dodik e la Trivic era troppo ampio e, in secondo luogo, poche persone sono scese in strada, in quanto non gode di molto sostegno tra la popolazione. Pertanto, il giorno successivo, una delegazione del partito di Elena Trivic si è recata all’ambasciata britannica. Questo è stato riferito dai media locali e l’ambasciata non ha smentito queste informazioni.
A quel punto è scattato il “Piano B”, che prevedeva il riconteggio dei voti. Ma questa è stata una decisione illegale, come spiegato sopra. Se l’opposizione insisterà sul fatto che Trivic è il vincitore, questo potrebbe causare una crisi prolungata nella Republika Srpska e una frattura nella società serbo bosniaca, e tutto ciò è lo schema delle varie Rivoluzioni colorate, che è l’usuale obiettivo dell’Occidente.
Ma questo potrebbe far accadere che l’opposizione non riconoscerà il risultato del riconteggio e chiederà nuove elezioni. Dodik ha già dichiarato che non lo accetterà. Questo sarebbe l’inizio del “Tempo dei problemi” nella Republika Srpska. L’alto rappresentante della Comunità internazionale in BiH, Christian Schmidt, non riconosciuto dalle Nazioni Unite e le autorità di Sarajevo userebbero questo per minare l’autonomia della Serbia dall’interno.
Il Vice Ministro degli Esteri russo A. Gruško ha confermato che la Serbia è sottoposta a pressioni senza precedenti: “Sappiamo molto bene la pressione senza precedenti a cui è sottoposta la Srpska ora. Questa pressione va oltre la portata delle relazioni diplomatiche tra gli stati, noi apprezziamo che la leadership serbo bosniaca stia lavorando in conformità con i suoi interessi nazionali.
La Russia farà di tutto affinché la cooperazione russo-serbo continui a essere un esempio di relazioni interstatali nel mondo moderno e in evoluzione... Un nuovo conflitto in Europa non è nell’interesse di nessuno. È evidente che la Bosnia Erzegovina si trova in una posizione piuttosto vulnerabile, e questo ci preoccupa, perché un altro conflitto nel cuore dell’Europa non è nell’interesse di nessuno, ma ovviamente ci sono circoli per i quali gli interessi di sicurezza non significano nulla, per essi la cosa più importante è continuare la lotta per l’egemonia mondiale e impedire ai paesi di fare scelte libere. L’Occidente vede la regione dei Balcani occidentali come un campo di lotta geopolitica con la Russia.”
In effetti la cooperazione tra RSrpska e Russia avanza in settori chiave come quelli del petrolio, del gas, dell’energia e dell’hi-tech.
L’analista politico e pubblicista N. Kecmanović, in passato membro della presidenza della BH, ha dichiarato che: “il compito storico di Dodik sarà di guidare la difesa della Srpska e del popolo serbo dall’ultimo assalto che l’Occidente sta preparando per distruggerla. Egli ha ottenuto una tripla vittoria e l’opposizione ha perso in tutte e tre le ultime consultazioni elettorali.”
Secondo l’esponente serbo bosniaco di Sarajevo, è un dato storico che, per vincere le elezioni nella RS ci devono essere, oltre al sostegno autonomo della maggioranza degli elettori, diversi fattori esterni che influenzano in modo significativo chi sceglierà il popolo. I primi tre fattori senza i quali non si può vincere sono l’appoggio della “madre patria”, cioè lo stato serbo, della Chiesa Ortodossa serba, come radice spirituale e poi della Russia, intesa come fratellanza identitaria storica e politica slava. In questi tempi a questo si sono aggiunti altri due fattori risultati decisivi: l’atteggiamento di ostracismo e arrogante della cosiddetta Comunità internazionale, intesa come l’Occidente e infine la scelta auto distruttrice e sottomessa agli interessi stranieri, della comunità musulmana e dei suoi politici di Sarajevo.
In sintesi così si può capire perché Dodik ha vinto per l’ennesima volta.
Il sostegno russo è stato pubblico e visibile: due incontri in tre mesi con Putin, oltre a numerose dichiarazioni di Lavrov e Kalabukhov sull’amicizia inscalfibile e storica tra Russia e Serbia. E Dodik alla Presidenza della Bosnia-Erzegovina ha sempre fermamente preso le distanze da tutte le dichiarazioni di Džaferović e Komšić (i presidenti musulmano e croato della BH), nonché del ministro Turkovic sulle sanzioni e sull’Operazione Speciale in Ucraina.
Non è mancato il supporto della Chiesa Ortodossa Serba: il patriarca Porfirije è andata spesso in Republika Srpska, parlando in diverse commemorazioni e celebrazioni con la presenza di Dodik.
E così dalla “Madre Patria“, la Serbia: i socialisti Dacic (presidente del parlamento serbo) e il ministro Vulin, oltre al radicale Seselj hanno esplicitamente sostenuto la rielezione della coalizione di Dodik , oltre ad alcuni media.
In merito agli altri due fattori che hanno permesso al leader serbo bosniaco di vincere le elezioni, l’ostracismo e l’arroganza del blocco dei paesi occidentali è stato più evidente che mai. Dopo le sanzioni personali statunitensi e della Gran Bretagna imposte a Dodik, queste sono state allargate anche alla sua vice, la candidata Željka Cvijanović, che così ha aumentato le simpatie e i voti dei serbo bosniaci verso di lei.
Le minacce dirette verso Dodik sono state così violente che, attraverso voci e “veline” mediatiche, il capo legale e legittimo (eletto) di uno stato riconosciuto a livello internazionale, è stato minacciato di arresto, rapimento e assassinio. Mentre le sanzioni della UE alla RS sono state bloccate dalla voce solitaria dell’Ungheria.
Tra gli analisti locali, già a maggio era evidente la probabile vittoria, dopo che a Banja Luka, un raduno di oltre 20.000 persone a sostegno di Dodik, organizzato dalla Organizzazione dei Veterani della RS, si era schierata contro i golpisti dell’EuroMaidan di Kiev e al fianco del Donbass. Questa organizzazione riunisce i veterani serbi che hanno combattuto nella guerra in Bosnia, ed è la più grande organizzazione non governativa della RS e della BH.
Per quanto riguarda il fattore sfavorevole portato dai politici musulmani di Sarajevo, essa ha sostenuto per tutta la campagna elettorale la tesi che per Dodik era “finita!”, appoggiando così l’opposizione ad esso, finendo sbugiardata e portando altri voti alla sua coalizione.
E così è stato: Željka Cvijanović è stata eletta membro serbo della presidenza della Bosnia-Erzegovina, mentre l’SNSD ha aumentato il numero di deputati nell’Assemblea della RS.
Gli elettori hanno capito che la coalizione dei partiti di opposizione, SDS, PDP e altri, hanno solo fatto una campagna elettorale contro Dodik, senza avere un candidato che potesse affrontarlo su un piano di parità ed esperienza politica.
Inoltre l’ostentata cooperazione con gli alti rappresentanti internazionali, in particolare con la figura non legittimata del tedesco Schmidt, con i funzionari dell’OHR (l’Ufficio di Alta Rappresentanza nella BH), ambasciatori occidentali, mediatori, giornalisti e agenti, si è dimostrata controproducente come le altre volte. Gli elettori lo percepiscono come un tradimento nazionale, non senza ragione. La percezione popolare è quella di come se stessero attaccando il loro paese dall’estero.
Il regista serbo bosniaco di Sarajevo Emir Kusturica ha dichiarato: “Dodik è un prodigio! Ha carisma, è intelligente, è capace. Dovreste prendere le cartoline di Banjaluka, Bijeljina, Trebinje... di 20 anni fa e vedere come è cambiato tutto con Dodik qui in Srpska, che è sopravvissuta nonostante tutto. Forse gli stessi elettori non sanno come spiegare il segreto del perché lo votano sempre. Ma eccolo di nuovo qui! E offre un governo di coalizione con i migliori quadri dei ranghi dei vari partiti patriottici... anche di esponenti di opposizione.
Sarebbe illogico che l’elettorato che segue quotidianamente il partito di Dodik, che ne è il leader, e della Cvijanović, che lo sostiene in tutto, non votasse per lui. Ma come si fa a dire che ha perso?! Come leader del SNSD, con l’aumento del numero di deputati nell’Assemblea della RS, questa volta è primo ministro, e la Cvijanović sarà membro serbo della Presidenza della Bosnia-Erzegovina e vicepresidente del partito.
Il PDP e i suoi dirigenti non riconosceranno mai il risultato delle elezioni, anche quando saranno annunciate ufficialmente dalla Commissione elettorale centrale, semplicemente perché con quel riconoscimento ammetterebbero allo stesso tempo, di aver ingannato il popolo della Republika Srpska e dovrebbero ammettere chi li ha creati e finanziati”, ha proseguito Kusturica.
Il 28 giugno 2022 nella cittadina di Andricgrad costruita dal regista serbo, Kusturica con la presenza di Dodik hanno inaugurato il monumento a Mesa Selimovic, insieme a Ivo Andric i due più grandi scrittori musulmani della letteratura jugoslava. In quella occasione Dodik ha dichiarato che “così da oggi Mesa Selimović ha avuto un posto fisso insieme agli altri grandi, perché è fondamentale essere legati ai nostri grandi e alla nostra storia.”
Personalità della Serbia, della Republika Srpska e del mondo affermano: non toccare la volontà elettorale del popolo della RS, non toccare la vittoria di Dodik!
Subito dopo le elezioni è stata lanciata una petizione con l’appello:
“NESSUNO DEVE CAMBIARE E ANNULLARE I RISULTATI DELLE ELEZIONI”
Il Testo della petizione:
Noi sottoscritti, guidati dal nostro amore per la Republika Srpska e tutti i suoi cittadini, con la nostra reputazione e parola, diamo sostegno pubblico al neoeletto Presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, vincitore delle elezioni del 2 ottobre 2022 .
“Allo stesso tempo, diamo un sostegno inequivocabile alla volontà democraticamente espressa del popolo serbo nella Republika Srpska, il cui diritto di scegliere liberamente i propri rappresentanti politici, che non deve essere contestato, alterato, cambiato o annullato da nessuno.
D’altra parte, condanniamo pubblicamente tutti i tentativi di violazione e le azioni illegali della Commissione elettorale centrale della Bosnia ed Erzegovina, nonché il sostegno a tali azioni da parte di alcuni attori internazionali in Bosnia ed Erzegovina, con l’obiettivo di contestare l’indiscutibile vittoria di Milorad Dodik e indirizzando così la Republika Srpska e il popolo serbo in uno stato di instabilità politica ed economica.
Tenendo presente tutto quanto sopra, sosteniamo fortemente il Presidente Dodik e le istituzioni della Republika Srpska nella difesa dell’integrità del processo elettorale, della volontà democratica del popolo serbo e della protezione dell’ordine costituzionale garantito dall’Accordo di pace di Dayton”.
La petizione ha già raccolto centinaia di firme. Tra gli altri, il professore francese di geopolitica Alexis Trud, gli accademici Jelena Guskova e Darko Tanasković, gli ex ministri degli affari esteri della FRY Vladislav Jovanović e Živadin Jovanović, poi i registi Emir Kusturica e Predrag Gaga Antonijević, il produttore Maksut Maksa Ćatović, l’attore Vuk Kostić, gli scrittori Slobodan Vladušić e Vladimir Kecmanović, gli storici Miloš Ković, Aleksandar Raković e Čedomir Antić, i professori Bogoljub Šijaković, Slobodan Antonić, Milomir Stepić, Miloš Jovanović, Srđa Trifković, Časlav Koprivica, poi i pubblicisti Aleksandar Pavić, Đorđe Vukadinović, giornalista Zoran e Dragovic Ljiljana Bogdanović e Siniša Ljepojević e altri numerosi professori universitari, scrittori, medici specialisti, pubblicisti, senatori, ambasciatori, ecc.
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