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28/10/2022

La City non sogna più

di Guido Salerno Aletta

Il nuovo Premier britannico Rishi Sunak, subentrato in una manciata di giorni a Liz Truss sfiduciata dai mercati per la manovra di bilancio pesantemente in deficit a causa dei tagli alle aliquote più elevate delle imposte sui redditi, ha già annunciato che rimedierà agli errori commessi: il debito pubblico è già eccessivamente elevato. Sa bene, però, che il problema è molto più complesso del deficit di bilancio, visto che tutto il quadro delle relazioni internazionali si è rapidamente evoluto: la fine della globalizzazione, la frammentazione del mercato dei capitali, le tensioni internazionali rendono fosche le prospettive. Dalla Brexit alle sanzioni alla Russia, fino al progressivo raffreddamento delle relazioni con la Cina, si sta sbriciolando il contesto di globalizzazione dei mercati che negli ultimi quarant'anni aveva arricchito la City e mantenuto a galla la Gran Bretagna.

Uomo di finanza, Sunak aveva già ricoperto il ruolo di Cancelliere dello Scacchiere nel governo di Boris Johnson, costretto alle dimissioni nel corso dell'estate da una fronda interna al suo Partito. Conosce bene, dunque, i motivi profondi che hanno indotto i mercati ad affondare senza appello le proposte di tagli alle entrate di bilancio: l'eredità di Margareth Thatcher si è andata polverizzando, ed ora è impossibile riproporre le ricette liberiste per cui andò famosa in tutto il mondo.

La City le appoggiò vigorosamente, entusiasticamente, perché diveniva il perno delle relazioni interne ed internazionali: il Big Bang, la liberalizzazione del sistema bancario e finanziario inglese fu uno dei primi atti, e precedette le riforme in tal senso operate nel resto dell'Occidente. Era il presupposto indispensabile in vista del processo di privatizzazione delle imprese pubbliche, iniziando con quelle della Gran Bretagna e poi in giro per l'Europa: dalle imprese di telecomunicazioni a quelle operanti nel settore dell'energia, dalle ferrovie alle poste, senza trascurare i porti e le autostrade, fu un tripudio di affari. Inutile dire che la competizione in ogni settore prima in regime di monopolio pubblico fu il volano per raccogliere capitali e per indebitare i nuovi entranti sul mercato: anche lì, per la City, furono guadagni infiniti.

Cinquant'anni fa, la Gran Bretagna era ancora un punto di riferimento ineludibile per le sue industrie: nelle auto, la Mini fu un successo senza pari, le storiche MG, Austin, Rover e Jaguar sfornavano sempre nuovi modelli mentre Rolls Royce e Bentley rimanevano miti ineguagliabili; per le motociclette, BSA, Norton, Triumph e Royal Enfield facevano sognare i ragazzi; nel settore dell'abbigliamento, mentre spopolavano i marchi tradizionali di Burberry e Barbour, Carnaby Street divenne una icona della moda pop. Tutto finito, tutto evaporato: tagliare le tasse, ora, soprattutto ai più benestanti, significa far aumentare le importazioni. Anche la BMW, ad esempio, ha appena deciso di chiudere i suoi impianti automobilistici inglesi per trasferirli in Cina.

Fino all'anno scorso, invece, ancora al COP 26 di Glasgow, il sogno della City era quello di cavalcare la nuova onda, quella della Green Economy: il suo ruolo sarebbe stato quello di finanziare la transizione ecologica raccogliendo capitali in tutto il mondo.

Dopo un ventennio di globalizzazione dei commerci e di vorticosa circolazione dei capitali, in questi ultimi anni dopo la Brexit, ma soprattutto in questi ultimi mesi per via della guerra in Ucraina e delle tensioni su Taiwan, il quadro è diventato davvero fosco: non è una nebbia mattutina, ma una densa coltre di fumo che impedisce di guardare al futuro con serenità. La delusione più grande, per la City, è dovuta all'abbandono dei capitali stranieri più consistenti: arabi, russi e cinesi.

Se l'industria finanziaria basata a Londra è rimasta il vero motore della Gran Bretagna, sta venendo a mancare proprio il carburante che la alimenta.

Deglobalizzazione, frammentazione finanziaria e tensioni internazionali: l'onda montante della Green Economy si è già infranta sugli scogli della realtà.

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