Chiudiamola con sta storia della sovranità alimentare.
Smettiamola, su, di spaccare il pelo in quattro per la orrenda denominazione del ministero del “Lollo”.
Il Lollo è fascio, no? Dobbiamo discutere pure questo? No, vero? Allora, è il tono che fa la musica. È pur vero che è grave, da parte di sedicenti progres-sinistri, neppure conoscere i fondamentali: abbiamo trascorso anni a parlare di sovranità alimentare, sin dai tempi del Genoa Social Forum.
Ma anche solo limitandosi ai titoli, non vi pare che “IL CIBO NON È UNA MERCE, LA SOVRANITÀ ALIMENTARE È UN DIRITTO UNIVERSALE” ci parli di temi terzomondisti e noglobal, di tutela dei paesi poveri dal colonialismo alimentare dei paesi ricchi, dei disastri che Monsanto e soci hanno perpetrato da decenni nei paesi poveri, di sementi ogm imposte a forza, di dipendenza e asservimento?
Coniughiamola come INDIPENDENZA ed EQUITÀ alimentare, ok?
Dovete sapere che 20 anni fa “SOVRANITÀ” non aveva lo stesso significato fascio e nazionalista di adesso.
Per riassumere:
– Chi si è inalberato subito sulla parola SOVRANITÀ senza approfondire, ha fatto una gran brutta figura da superficiale, con la memoria da pesce rosso. O da sardina. Dovrebbe osservare almeno un anno di silenzio per espiare.
– D’altra parte, non è difficile capire che i destri qui intendono ben altro: SOVRANISMO alimentare, cioè sovvenzione e protezionismo ad oltranza di quanto è italiano rispetto a tutto il resto del mondo. Prima (i prodotti) italiani.
Qui – per approfondire un po’ – si innesta l’ultimo malo frutto del secolare discorso della “destra sociale”, abile ad impadronirsi delle istanze più popolari – trasformandole in becere e nazionaliste – della lotta al capitalismo.
In una frase: le destre combattono il “capitalismo internazionale” solo per tutelare quello nazionale, dato che le destre sono sempre state e rimangono SERVE DEI PADRONI: degli agrari un secolo fa, di Confindustria oggi.
Poi, fiutano come segugi i nodi dove più si addensa ignoranza e sanfedismo panciafichista, trovano qualche categoria di poveri da incolpare, e allèz.
Il loro “sovranismo alimentare” pesca nei trattori leghisti contro le quote latte, qualcuno li ricorderà. O più di recente, puzza di “forconi”. E della cara vecchia “autarchia”.
D’altra parte, se la sinistra si radical-chicchizza occupandosi à-la-Boldrini di “genere” inteso come grammatica, oppure si atlantizza e gareggia in militarismo coi peggiori guerrafondai, facendo pagare a noi i suoi vincoli con gli americani, se idolatra Draghi, se elegge Cottarelli e Casini, è ovvio che il ceto popolare e anche il ceto medio vota Meloni.
Esiste una terza via?
Certo. Gramsci disse: ISTRUITEVI, avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza.
Per capire come la sinistra possa tornare a fare la sinistra, a lottare per quello che sta a cuore alle classi medio-basse, “mollando le menate e mettendosi a lottare” (cit. il sommo Finardi) occorrerà ristudiare i fondamentali e partire da lì.
Occorrerà cultura popolare, visione politica e storica, e andare oltre i facili slogan.
Non si dovrà inseguire le destre o mischiarsi a loro – come gli sciagurati dell’epoca dei vaccini – ma inceppare con tutti i mezzi i loro ingranaggi populisti e padronali da fascismo di stato, e mostrare che ci sono altre possibilità, che può esistere una nuova classe politica che tuteli i lavoratori, senza leccare il culo ai padroni e senza far finta a parole di contrastarli, in realtà placando il popolo col corporativismo e il facile populismo.
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