“Il 68% della popolazione concorda con l’affermazione secondo cui “Siamo in guerra anche noi perché mandiamo le armi in Ucraina”; la percentuale si assesta al 65% quando agli intervistati viene precisato che questa affermazione è di Silvio Berlusconi, a testimonianza di quanto si tratti di una posizione comunque ampiamente maggioritaria”.
Questa considerazione compare nell’analisi dei risultati del recentissimo sondaggio condotto da una istituzione apertamente “atlantista” come l’Istituto Affari Internazionali insieme al Laps.
Nelle polemiche di questi ultimissimi giorni sulle dichiarazioni di Berlusconi svelate nell’incontro riservato con i parlamentari di Forza Italia, sia il dibattito politico che l’informazione hanno accuratamente rimosso un convitato di pietra: la conferma che la maggioranza della popolazione è contraria al coinvolgimento dell’Italia nella guerra, all’invio di armi all’Ucraina, alle sanzioni contro la Russia e non si fida di Zelenski.
Il Cavaliere dunque ha svelato il sentimento prevalente nella società italiana che contrasta apertamente con le scelte, gli orientamenti e il posizionamento della stragrande maggioranza dei partiti presenti oggi in un Parlamento quasi dimezzato e composto di nominati.
Il problema di questa divaricazione tra società e politica, nonostante gli starnazzamenti atlantisti e guerrafondai della Meloni e del Pd, le ambiguità di Conte e di Tajani o il fondamentalismo euroatlantista della Bonino e di Calenda, resta del tutto intatto, anzi è aumentata in questi mesi di guerra per procura in Ucraina degli USA/Nato contro la Russia.
È una divaricazione su cui chi in Italia è contrario alla guerra – e soprattutto al coinvolgimento dell’Italia nella guerra che ne è una declinazione con una sua specificità “trasversale” – deve e può agire per ampliarla. L’obiettivo? Fermare la macchina e l’economia di guerra, isolare e indebolire i guerrafondai e i loro apparati.
Qui di seguito riportiamo le sintesi di due recenti sondaggi: uno dell’Ipsos di metà ottobre ed uno ancora più recente dell’IAI/Laps.
Lasciamo ai lettori del giornale l’opportunità di trarne le proprie conclusioni.
Questa considerazione compare nell’analisi dei risultati del recentissimo sondaggio condotto da una istituzione apertamente “atlantista” come l’Istituto Affari Internazionali insieme al Laps.
Nelle polemiche di questi ultimissimi giorni sulle dichiarazioni di Berlusconi svelate nell’incontro riservato con i parlamentari di Forza Italia, sia il dibattito politico che l’informazione hanno accuratamente rimosso un convitato di pietra: la conferma che la maggioranza della popolazione è contraria al coinvolgimento dell’Italia nella guerra, all’invio di armi all’Ucraina, alle sanzioni contro la Russia e non si fida di Zelenski.
Il Cavaliere dunque ha svelato il sentimento prevalente nella società italiana che contrasta apertamente con le scelte, gli orientamenti e il posizionamento della stragrande maggioranza dei partiti presenti oggi in un Parlamento quasi dimezzato e composto di nominati.
Il problema di questa divaricazione tra società e politica, nonostante gli starnazzamenti atlantisti e guerrafondai della Meloni e del Pd, le ambiguità di Conte e di Tajani o il fondamentalismo euroatlantista della Bonino e di Calenda, resta del tutto intatto, anzi è aumentata in questi mesi di guerra per procura in Ucraina degli USA/Nato contro la Russia.
È una divaricazione su cui chi in Italia è contrario alla guerra – e soprattutto al coinvolgimento dell’Italia nella guerra che ne è una declinazione con una sua specificità “trasversale” – deve e può agire per ampliarla. L’obiettivo? Fermare la macchina e l’economia di guerra, isolare e indebolire i guerrafondai e i loro apparati.
Qui di seguito riportiamo le sintesi di due recenti sondaggi: uno dell’Ipsos di metà ottobre ed uno ancora più recente dell’IAI/Laps.
Lasciamo ai lettori del giornale l’opportunità di trarne le proprie conclusioni.
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Russia-Ucraina, le ultime notizie: lo stato d’animo e le preoccupazioni degli italiani (Ipsos)
Russia-Ucraina, le ultime notizie: lo stato d’animo e le preoccupazioni degli italiani (Ipsos)
Il livello di preoccupazione degli italiani per la guerra Russia-Ucraina resta molto alto: solo un intervistato su dieci non si definisce preoccupato. Le rinnovate tensioni fanno aumentare sensibilmente il numero di chi pensa che le ostilità si estenderanno anche ad altri Paesi, è ormai un italiano su cinque a credere che ci stiamo avvicinando a una guerra mondiale. La minaccia nucleare riprende a preoccupare, infatti, l’uso dell’atomica è ritenuto probabile da un intervistato su tre ed è in crescita anche l’incertezza a riguardo.
Le possibili conseguenze belliche per l’Italia spaventano un rispondente su quattro, rimane però prevalente il timore per le conseguenze economiche della guerra con il 55% degli intervistati che si dichiara preoccupato.
Infine, la previsione di fine guerra resta ancora molto lontana: il 70% teme che la guerra si protrarrà ancora almeno diversi mesi.
La metà degli italiani non prende le parti né della Russia né dell’Ucraina e il supporto a Kyiv è in calo. Se è minima la parte di italiani che rivela di parteggiare per la Russia (7%), esiste la percezione che siano oltre due volte tanto quelli che stanno con Mosca (19%). In crescita chi ha posizioni «equidistanti» e sotto quota 50% il sostegno all’Ucraina.
Diminuisce il supporto alle sanzioni applicate alla Russia (42%), oltre un italiano su cinque non ha un’opinione in merito e meno di un intervistato su cinque ritiene che le sanzioni imposte riescano effettivamente a indebolire Mosca.
Solo un italiano su quattro crede si debba continuare con l’invio di armi a Kyiv, mentre poco meno di un terzo spingerebbe l’Ucraina a fare concessioni territoriali per porre fine al conflitto.
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Questi invece sono i risultati del sondaggio condotto da Istituto Affari Internazionali/ Laps
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Italiani incerti e divisi sulla guerra in Ucraina (Iai/Laps)
Italiani incerti e divisi sulla guerra in Ucraina (Iai/Laps)
Un Paese dalla parte del popolo ucraino, ma diviso sulle cause del conflitto e sulla risposta più adatta alla guerra: è questa la fotografia che si evince dall’annuale sondaggio sulla politica estera italiana realizzato da Iai e Laps con il sostegno della Compagnia di San Paolo.
L’accoglienza temporanea ai rifugiati ucraini raccoglie un’amplissima maggioranza di consensi (80%), ma appena il 58% degli italiani pensa che Putin sia il principale responsabile del conflitto, e il 57% si dichiara contrario all’invio di armi all’Ucraina da parte del governo italiano. Per molti versi, l’indagine conferma che la guerra è in Italia una tematica polarizzante, con idee contrastanti fra gli elettori dei vari schieramenti e partiti su come l’Italia si debba posizionare di fronte all’invasione.
Le responsabilità di Putin e della Russia
La maggioranza assoluta degli italiani concorda che la Russia sia la principale responsabile dell’invasione dell’Ucraina; tuttavia, un quarto di tutti i partecipanti al sondaggio (oltre il 30% tra gli elettori del Movimento Cinque Stelle) addossa invece agli Stati Uniti (17%) o alla Nato (9%) le maggiori responsabilità. Putin ha il gradimento più basso (2,7 su una scala 0-10) fra i leader stranieri: un dato in forte calo rispetto all’anno scorso (4,6), ma con significative oscillazioni tra gli elettori di centrodestra (3,2), quelli di centrosinistra (1,8) e il terzo polo (1,2).
Solidarietà ai profughi ucraini ma scetticismo sulle armi
Se da un lato l’opinione pubblica è ambivalente sulla Russia, dall’altro si mostra solidale con i profughi ucraini. Come già accennato, l’80% dei cittadini si dice favorevole all’accoglienza temporanea concessa ai profughi ucraini: è d’accordo ad accoglierli sia chi sostiene un diritto universale all’accoglienza (50%), sia chi vede l’accoglienza come misura di solidarietà straordinaria al solo popolo ucraino.
In linea di principio, l’adesione dell’Ucraina alle istituzioni euro-atlantiche è sostenuta da oltre tre quarti degli intervistati, ma le opinioni su come dovrebbe articolarsi nel concreto sono molto differenziate: mentre il 39% è a favore dell’ingresso di Kyiv sia nella Nato che nell’Unione europea, il 29% sostiene invece l’ingresso nella sola Ue. Il 23% si oppone a qualsiasi tipo di integrazione dell’Ucraina nell’una o nell’altra.
Buona parte degli italiani ha una posizione contraria o scettica sul sostegno militare all’Ucraina. Mentre i favorevoli alle sanzioni economiche contro la Federazione Russa sono un’ampia maggioranza (61%), il 57% si dice invece contrario all’invio di armi a Kyiv, dato che supera il 60% tra gli elettori pentastellati. Soltanto nell’elettorato del centrosinistra (60%) e del terzo polo (72%) i favorevoli al sostegno militare sono la maggioranza.
Le divergenze di vedute sono ancor più nette riguardo alle presunte ingerenze russe nel sistema politico italiano: anche se solo l’11% pensa siano illazioni del tutto infondate, il 39% ritiene che si tratti comunque di accuse esagerate e difficilmente dimostrabili. Per la metà restante si tratta invece di accuse “più che fondate”. Questa posizione è largamente maggioritaria fra gli elettori del centro-sinistra (68%) e del terzo polo (67%), mentre solo il 43% degli elettori di centrodestra dà credito alle accuse di ingerenza mosse al Cremlino. Queste diverse percezioni della propaganda russa in Italia sono forse il segno del suo parziale successo, largamente attribuibile alla capacità di adattarsi a un contesto politico-mediatico già fortemente polarizzato.
D’altro canto, il 68% della popolazione concorda con l’affermazione secondo cui “Siamo in guerra anche noi perché mandiamo le armi in Ucraina”; la percentuale si assesta al 65% quando agli intervistati viene precisato che questa affermazione è di Silvio Berlusconi, a testimonianza di quanto si tratti di una posizione comunque ampiamente maggioritaria.
A complicare lo scenario si aggiunge la figura del presidente ucraino Zelensky, che sembra essere piuttosto divisiva, raccogliendo un gradimento medio di 4,9 su una scala da 0 a 10 (contro, ad esempio, il 6,7 di Papa Francesco). La maggioranza degli intervistati (55%) giudica comunque positivamente la gestione della crisi ucraina da parte del governo Draghi. Difesa del fianco est, costi quel che costi?
Posizioni articolate, e in parte contraddittorie, emergono anche per quel che riguarda la presenza di due ulteriori contingenti italiani in Bulgaria e Ungheria a difesa del fianco est della Nato (nel quadro della Very High Readiness Joint Task Force). Da un lato, la maggioranza degli intervistati ritiene che queste missioni contribuiscano alla sicurezza nazionale dell’Italia (57%) e che siano importanti per mantenere buoni rapporti con gli alleati (63%).
Al contempo, il 68% crede che l’invio di truppe in Europa orientale aumenti i rischi di un’escalation nel conflitto con la Russia e il 61% pensa che riduca la probabilità di pace in Ucraina. Queste posizioni riflettono le diffuse preoccupazioni riguardo al conflitto: il rischio di una guerra nucleare e di ulteriori tensioni con la Federazione Russa sono infatti considerate la seconda e la terza principale minaccia alla sicurezza nazionale (con una gravità percepita, rispettivamente, di 8,1 e 7,9 su una scala 0-10), superate soltanto dal cambiamento climatico (8,3).
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