di Pasquale Cicalese
Ieri è uscito il dato dell’inflazione cinese, al 2,8%, ma soprattutto il dato dell’aumento dei prezzi alla produzione cinese di settembre, cresciuti di appena lo 0,9%. Nelle scorse settimane è uscito il dato dei prezzi alla produzione dell’eurozona, cresciuti del 43,3%. Il differenziale inflazionistico tra Cina ed Eurozona è lampante, siderale, a tal punto da considerare se l’eurozona reggerà.
Non è solo dovuto alla svalutazione dell’euro sul dollaro, dato dalla fuoriuscita di capitale europei verso la Fed e Wall Street per l’aumento americano dei tassi di interesse, ma anche al fatto che, dopo la pandemia, a seguito del boom della domanda mondiale, ora affievolita, una serie di componenti nell’eurozona non si trovano. Ciò è dovuto alla politica trentennale di deindustrializzazione e delocalizzazione di siti produttivi in Asia e in altre regioni. Si aggiunga il costo del trasporto e il dato è questo.
Quindi non solo un fallimento della politica monetaria della Bce, che non riesce a tener testa al dollaro, molto più della stessa Cina, anch’essa soggetta a svalutazione della propria moneta, ma un fallimento della politica economica della classe dirigente europea uscita da Maastricht. La deflazione salariale trentennale ha provocato un enorme surplus delle partite correnti, solo per la Germania 2 mila miliardi, poi l’Olanda e la stessa Italia. Ora, con la guerra in Ucraina in corso, questo surplus è svanito, 30 anni di sacrifici e di massacri salariali invano, e questo surplus va nei lidi americani.
Gli americani, senza sforzo, godono del plusvalore trentennale europeo solo brandendo l’arma della Nato e della supremazia del dollaro. Ora c’è questo differenziale inflazionistico dei prezzi alla produzione. Ieri è uscito il dato della bilancia commerciale dell’Eurozona, in deficit di circa 50 miliardi ad agosto, e non è ancora inverno. Un deficit simile l’eurozona non l’aveva mai visto.
Un suicidio annunciato già 30 anni fa, ma forse addirittura 44 anni fa con lo Sme. C’è chi parla di Piano Mackinder, di distruzione dell’apparato manifatturiero tedesco attraverso il costo del gas esorbitante che porta gli industriali tedeschi a chiudere o a delocalizzare. A quanto pare resiste l’Italia, stranamente, con le sue malconce ma flessibili piccole e medie imprese: il dato di agosto della produzione industriale, cresciuta mese su mese del 2,3% nonostante fosse agosto dà da pensare. Forse il fallimento dell’eurozona in termini di politica monetaria e politica economica ci dovrebbe portare, noi italiani, a pensare con la nostra testa, a non subire “consigli” catastrofici di Francoforte, Berlino e Bruxelles.
Loro hanno fallito, non vedo perché dobbiamo fallire anche noi. Il differenziale inflazionistico porterà ad una campagna stampa nei prossimi mesi di “invasione delle merci cinesi”, o perdita di quote di mercato mondiale: gridano al lupo al lupo per nascondere la loro ignavia, la loro ignoranza, i loro errori.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento