Durante il periodo natalizio tra Canada e Stati Uniti d’America si sono abbattute tempeste di gelo e neve da record: una massa di aria artica, in discesa dal Polo Nord, ha causato un tracollo termico eccezionale dal Montana al Texas; in alcuni stati al confine con il Canada siamo passati, in poche ore, da valori positivi a punte di -25/-30°C con bufere di vento e neve fino ai -50 gradi centigradi.
Responsabile di questo evento estremo anche un Ciclone Bomba, un vortice che ha visto scendere la pressione di circa 25 millibarin in meno di 24 ore: il ciclone ha causato fenomeni estesi ed estremi, cioè raffiche di vento da uragano insieme a neve abbondante.
Almeno 50 morti, oltre 200.000 persone senza corrente né riscaldamento e città devastate come zone di guerra. È questo il pesantissimo bilancio della tempesta del secolo che si è abbattuta in questi giorni su tutti gli Stati Uniti, dai Grandi Laghi al confine con il Canada fino all’estremità sud del Rio Grande, alla frontiera tra Texas e Messico, dove il maltempo sta rendendo ancora più drammatica la situazione di migliaia di migranti in cerca di rifugio.
Buffalo e lo stato di New York sono le aree più colpite con 30 morti, per la maggior parte persone rimaste intrappolate all’interno delle loro auto, e metri di neve caduta in poche ore.
Non ci sono dubbi: i gelidi cicloni-bomba a vortice polare che hanno colpito gli Stati Uniti sono stati causati dal riscaldamento globale. Tutte le rilevazioni indicano quale causa di questi fenomeni eccezionali il riscaldamento delle acque del Pacifico settentrionale che ha spinto l’aria del circolo polare artico verso il basso proprio sugli Stati Uniti.
E mentre negli Usa si gela, in Italia, in questi giorni, si registra un caldo record. Per gli esperti si tratta di «due facce del cambiamento climatico».
Il 2022 è stato, per l’Italia, l’anno più caldo degli ultimi 222 anni, ovvero da quando esistono le rilevazioni nel nostro Paese. Il record è stato svelato da un monitoraggio dell’Istituto per le scienze dell’atmosfera e del clima (ISAC) del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR). Per i ricercatori il primato sarà doppio: sia per le temperature massime sia per le medie.
Insomma, è il riscaldamento globale che sta peggiorando e ci dice che non ci sarebbe tempo da perdere.
E, invece, con la scusa della guerra l’industria dei combustibili fossili sta vivendo un periodo di incredibile ripresa, con il rilancio di oltre 80 progetti fra centrali elettriche a carbone ed enormi terminali di esportazione di gas, molti dei quali potrebbero condannarci a decenni di nuove emissioni di gas serra.
“...La ricaduta si sta verificando con le nazioni che cercano alternative al gas naturale russo bloccato dalle sanzioni successive all’invasione dell’Ucraina. La situazione mette ulteriormente a rischio il bilancio mondiale delle emissioni, minacciando di inondare i paesi con molta più energia fossile di quella necessaria per sostituire le forniture russe [...]”
Le società petrolifere sostengono di poter mitigare questi effetti con l’installazione di macchinari per la cattura della CO2. Gli sviluppatori del progetto Rio Grande, ad esempio, promettono di eliminare nella struttura proposta in Texas oltre il 90 per cento delle emissioni utilizzando un processo industriale che intrappola i gas serra e li immagazzina sottoterra.
La compagnia petrolifera Occidental ha dichiarato a marzo di avere concluso un accordo per iniziare a vendere quello che chiama «petrolio a emissioni nette zero», sostenendo che le sue tecniche di cattura della CO2 elimineranno le emissioni normalmente associate alla produzione di petrolio.
Secondo gli attivisti per il clima, queste promesse non tengono conto delle emissioni create quando i combustibili fossili vengono trasportati e infine bruciati dai clienti, né del fatto che la tecnologia di cattura della CO2 rimane un work in progress.
Alcuni dei maggiori progetti dimostrativi realizzati finora non hanno raggiunto gli obiettivi di riduzione delle emissioni prefissati. «Pensare di produrre solo un altro po’ di gas e poi passare alle energie rinnovabili non ha più senso» ha detto Hohne, fondatore di New Climate Institute, che ha contribuito al rapporto delle Nazioni Unite sul divario di emissioni. «Il bilancio della CO2 non ci concede più lo stesso margine di 10 o 20 anni fa».
”Il ritorno dei combustibili fossili – La guerra in Ucraina è la ragione – o l’alibi – per cui la riduzione delle emissioni delle centrali a carbone è stata in gran parte arrestata” di Evan Halper – The Washington Post del 13/11/2022
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