Giusva Fioravanti è un pluriassassino terrorista neofascista, che però mi ha sempre interessato.
Perché, oltre a tutte le belle caratteristiche di cui sopra, i suoi scritti negli anni hanno sempre lasciato capire che ha una testa pensante: certo, la prevalenza in quel cervello è un brulicare di cose orrende, basate sul malinteso di fondo che all’estrema destra si possa essere rivoluzionari.
Fatte le dovute proporzioni, è la stessa menzogna della quale si serve Meloni, ultima epigona della “destra sociale” di Pino Rauti, dei Casapound social club, giù giù fino alla Carta di Verona repubblichina, scritta da Mussolini e Bombacci nel 1943/44.
Meloni, appena andata al governo, ha confermato quanto questo populismo di destra sia un cumulo di palle: conservatrice, pro UE, pro Euro, pro NATO, toglie ai poveri (reddito di cittadinanza, p. es.) per dare ai ricchi.
Stesso comportamento di Mussolini negli anni '20: il fascismo è nato e prospera come servo dei padroni e padroncini, agrari, industriali, bottegai.
La destra terrorista è utile al potere, alimenta la strategia della tensione, sono cocchi della Questura, foraggiati, eterodiretti e protetti dai Servizi, dove per decenni hanno prosperato criminali fascisti impuniti.
Detto questo, Fioravanti ha scontato la sua galera (troppo poca, secondo noi, ma questo è un altro discorso), quindi trovo ingiustificata l’opinione di chi sostiene che “non possa parlare”. È vivo? Può parlare, dunque.
Abbiamo Adriano Sofri, ad esempio, che ora fa l’opinionista sul Foglio e ultimamente si distingue come grande tifoso dell’Ucraina, scrivendo cose ignobili, pensando a quello che scriveva negli anni '60: è la sindrome di Cohn-Bendit, da sessantottino ad atlantista arrabbiato è un attimo.
Veniamo ora al quotidiano che porta il nome “L’Unità“, diretto da questo Piero Sansonetti, veterano dei tradimenti e delle derive a destra.
Lo ricordiamo persino alla direzione di “Liberazione” grazie alla mirabile “vision” di Bertinotti: fondamentale fu il suo contributo ad affossare quel quotidiano. Poi l’approdo al giornale più adatto a lui, quel Riformista di centro-destra maramalda, del quale ha ceduto di recente la direzione nientepopodimenochè al compagno Matteo Renzi.
Il problema è un altro, ed è più di fondo. L’Unità non dovrebbe chiamarsi così, ci dovrebbe essere un regolamento di copyright: sarebbe come se Fiat mettesse sul mercato una Duna weekend e la chiamasse Ferrari sportwagon. Non è ammissibile. Chiamiamo questo quotidiano Fakeunity e tirèm innànz.
Se riusciamo a munirci di un antiemetico, possiamo trovare del buono nella presenza di Fioravanti in prima pagina della Fakeunity: è la conferma, anche per i più ostinati nostalgici, che quel giornale non ha più nulla dell’Unità che ricordiamo.
Fra parentesi, mi sono peritato di leggere il pezzo di Giusva, ed è un buon pezzo garantista sul carcere: trovo ad esempio che sia uno degli articoli meno indecenti presenti sulla Fakeunity di quel giorno. È un articolo senz’altro meno dannoso e tossico rispetto – ad esempio – ai deliri ukronazisti di Sofri.
Sansonetti ha trovato il modo di far parlare di sé e del suo detestabile foglio: prevedeva – vecchio volpone del torbido – la levata di scudi davanti a un terrorista e fascista “che scrive sull’Unità“. Già pregustava “la guerra di Piero“, lui paladino della libertà di espressione: salvate il fascio Giusva, chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto, scurdammoce o passato, scriviamo tutti sopra a Unità.
Dato che oramai la frittata è fatta, io la capitalizzerei per il futuro, caro Sansonetti.
Sono state infatti molte le occasioni, nel recente passato, nelle quali a scrittori e storici è stato impedito di parlare, di promuovere i propri libri, di fare ricerca, a causa del loro passato politico, della loro passata militanza in organizzazioni che praticavano la lotta armata. Siamo sicuri che ora troveranno in Sansonetti un paladino.
Che appartenessero alla sinistra e non alla destra neofascista, non dovrebbe importare. Piero sarà il primo piddino a schierarsi per la libertà di espressione anche di questi, non è vero?
Concludiamo con due citazioni gucciniane, perfettamente adatte al caso.
“...in tasca, l’Unità. La paghi tutta e a prezzi di inflazione, quella che chiaman la maturità“.
“Compagni, il gioco si fa peso e tetro, comprate il mio didietro, io lo vendo per poco“.
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