di Francesco Dall'Aglio
La sequenza degli eventi è stata già ricostruita, e anche se restano un bel po' di buchi non è il caso di ricapitolarla qui. Cominciamo allora, pur nella consapevolezza del fatto che ci manca una serie enorme di dati, a fare il punto della situazione.
In primo luogo: è stato un colpo di stato? Per rispondere a questa domanda dovremmo capire cosa Prigožin contava di fare. Voleva anche lui la sua marcia su Roma? Ma la colonna era di sì e no di 8000 persone. Sperava che altri si unissero a lui? Esercito, politici? Aveva ricevuto assicurazioni in tal senso da qualcuno? Ma soprattutto, che obiettivo aveva, se anche la marcia sulla terza Roma fosse arrivata a destinazione? Far sostituire i vertici dell'esercito? E allora non è un colpo di stato. Togliere il potere a Putin? E allora lo è. Ma, ripeto, il potere a Putin con 8000 wagneriti non lo togli. O hai improvvisato sperando che ti andasse bene, perché con la legge approvata il 10 giugno hai capito che avresti perso il controllo della Wagner e hai dovuto fare in fretta, oppure ti sei fidato di qualcuno che al momento giusto ti ha mollato (e qui si aprirebbero altri interrogativi. Chi è questo qualcuno? Ti ha mollato perché nell'ora fatale si è spaventato, o ti ha infinocchiato da prima facendo il doppio gioco? E non ne usciamo più).
Seconda domanda: chi ha vinto? Ora non possiamo ancora saperlo (né necessariamente qualcuno avrà vinto). Se Shoigu e Gerasimov verranno sostituiti e Prigožin non cadrà da una finestra, potremo dire che ha vinto lui: ma non è mica solo Prigožin che vorrebbe vedere Shoigu e Gerasimov licenziati, o peggio. Il controllo della Wagner, comunque, lo ha perso: chi vuole restare nell'organizzazione si deve mettere alle dipendenze del Ministero della Difesa, che lo guidi Shoigu o chiunque altro. Quindi, per ora, di gran vittoria di Prigožin non parlerei, a di fuori del fatto che è ancora vivo.
Terza domanda: il potere di Putin si è indebolito? Sicuramente c'è stata una sfida armata al governo russo, su questo non si discute. Però la sfida è finita in nulla. Altrettanto però, si sono mossi in armi sull'autostrada verso Mosca dopo avere occupato Rostov, e l'esercito non li ha fermati. E ancora però, cosa avrebbe dovuto fare l'esercito? Bombardare Rostov, con tutti i civili in mezzo? Mitragliare la colonna sull'autostrada? Certo, sono sicuro che Nathalie Tocci e Iacoboni sono andati a letto tristissimi perché non sono morte alcune centinaia di civili russi, ma non so se le cannonate su Rostov avrebbero rinforzato la posizione di Putin. Morti a parte, sarebbero state interpretate come una ammissione di debolezza, e che il pericolo era percepito come molto più grave di quello che era. Non so se Putin abbia letto i Promessi Sposi, e ne dubito, ma la situazione è più o meno questa: “son cose, come io le dicevo, da finirsi tra di noi, da seppellirsi qui, cose che a rimestarle troppo... si fa peggio. Lei sa cosa segue: quest'urti, queste picche, principiano talvolta da una bagattella, e vanno avanti, vanno avanti... A voler trovarne il fondo, o non se ne viene a capo, o vengon fuori cent'altri imbrogli. Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire..."
Quarta domanda: ma c'è proprio bisogno delle milizie mercenarie? Ecco, sì. Perché non ci sono più gli eserciti di una volta, quelle masse di uomini in armi tra leva, volontari e richiamati. Dice: ma la Russia ce l'ha, la leva. Sì, ma non è abbastanza. Perché una mobilitazione generale o anche solo parziale ma seria (metà della massa mobilitabile, diciamo) avrebbe conseguenze devastanti sulla società, sull'economia e sul consenso politico di cui gode il governo. E costerebbe uno scatonfio di soldi, soldi che non ci sono: non ce li hanno gli USA, figuriamoci la Russia. E i contractors, invece, questo problema te lo risolvono, soprattutto se poi decidi, per il motivo di cui sopra, di non dichiarare la guerra ma una "operazione militare speciale", che pone seri limiti all'utilizzo delle tue froze armate. Sono, diciamo, lavoro esternalizzato. E se muoiono pazienza. Qualcuno si è mai lamentato della morte dei ceceni, o dei Wagner? No, infatti. Però la loro indipendenza potrebbe diventare un problema: e infatti lo si è risolto con la legge del 10 giugno, quella che ha provocato tutta l'ammuina di questi giorni. Per capire come finirà questa storia, chi avrà vinto e chi perso, chi ne uscirà più debole o più forte, c'è da aspettare ancora.
Ria Novosti ha da poco mandato in onda un servizio (girato sicuramente non oggi) che documenta la visita di Shoigu al posto di comando avanzato del Distretto Militare Occidentale, che si trova sul settore settentrionale del fronte (Svatove, Kreminna, quei posti là insomma). Nel frame che allego, è nel bunker di comando a colloquio con il generale Yevgeny Nikiforov (alla sua sinistra, già comandante del gruoppo militare russo in Siria e da gennaio a capo del Distretto Militare Occidentale) e un altro ufficiale che non riconosco. Cosa si siano detti, al di là delle solite formalità, ci interessa alla fine poco. Ci interessa relativamente poco anche quando è stato girato, se ieri o se prima dei fatti di Rostov. Quello che ci interessa è che il servizio è una prova abbastanza chiara del fatto che non solo Shoiugu è ancora al suo posto ma che molto probabilmente ci resterà, e che il governo ha interesse a che la cosa si sappia.
Ulteriori notizie.
C'è grosso nervosismo in Ucraina, Polonia e Lituania per via dell'esilio bielorusso di Prigožin. C'è chi teme che sia tutta una mossa per mettere la Wagner da quelle parti: ma da quello che sappiamo degli accordi presi, in Bielorussia ci andrà solo Prigožin del quale, al momento, pare si siano perse le tracce. C'è nervosismo ma anche entusiasmo, ovviamente, si parla di rinforzare l'intero fianco est della NATO per rispondere a questa minaccia (cioè Prigožin da solo), e sappiamo che questa cosa comporterà un aumento dei fondi eccetera, e siamo tutti contenti.
Budanov invece è ricomparso, pare (l'intervista è per la stampa), e continua a dire che la Russia sta preparando una "provocazione nucleare": in una intervista di tre giorni fa a The New Statesman, che ci siamo un po' persi per via delle 24 ore di colpo di stato, sostiene che i russi abbiano minato gli impianti di raffreddamento della centrale di Energodar per farli saltare e dare la colpa agli ucraini.
Infine, a Rostov si riparano le buche sull'asfalto lasciate dai cingoli dei carri della Wagner, con efficienza sovietica. Magari se passano pure da queste parti ci fanno un piacere, che ne abbiamo di risalenti alla tarda antichità.
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