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30/06/2023

Sciamano e Prigozhin figure del golpe circoscritto

Chi ricorda lo sciamano, figura iconica dell’assalto a Capitol Hill di due anni fa? Si trattava di un personaggio molto vicino al ruolo svolto da Prigozhin durante la crisi russa di inizio estate: quello dell’attore principale del golpe circoscritto a basso, o nullo, spargimento di sangue, dai caratteri ambigui (tra golpe, simulazione di golpe, messaggio in codice tra parti in conflitto) e con soluzione degli eventi teatrale quanto sostanzialmente incruenta. Il golpe circoscritto, con miriadi di immagini di prima mano, come negli Usa, o con poche come in Russia, contiene una grossa componente di simulazione, un uso della forza ristretto che alimenta, nella dissoluzione di ogni reale informazione sui fatti che accadono, complottismo e propaganda.

In una situazione di crisi di questo genere, negli Usa ieri come in Russia oggi, vince chi, nella simulazione dello scontro, è in grado di far valere la propria capacità di pressione sull’avversario. Questo ci spiega la mutata natura del golpe nella nostra modernità: ad alto potere distruttivo nei paesi cosiddetti emergenti e in quelli più poveri, specialmente in Africa e in Asia, con spargimento di sangue ma con esito immediato in paesi a ridosso dell’Occidente come nel 2016 in Turchia, e circoscritto, più simulato che combattuto, nelle società moderne e complesse del nord del Mondo quali sono, in modi diversi, gli Usa e la Russia ma anche in paesi come il Brasile di inizio gennaio.

Le società del nord del mondo nei golpe hanno regole fondamentali, specie nelle crisi più gravi, che tendono a rispettare: risparmiare vite per evitare paralisi sociali ben più devastanti dello scontro politico, intralciare il meno possibile la vita economica e le transazioni finanziarie, vedere meno gente possibile nelle piazze per evitare il pericoloso spettacolo dell’effetto disordine, accumulare tensione e lotta di potere piuttosto che nel confronto armato nello svolgimento dello spettacolo, componente egemone degli eventi del golpe. Chi segue queste regole, e sa far valere la propria capacità di pressione sull’avversario, vince la lotta per il potere. E, guarda caso, la vince se le borse sono tranquille, come quelle Usa nel gennaio 2021 e quelle legate al prezzo del petrolio russo in questi giorni. Il golpe è circoscritto, e quindi accettabile nei suoi esiti, proprio quando rimane entro i propri processi di “specializzazione” riguardando solo l’ambito di potere nel quale vi è crisi di comando, senza effetto contagio sulla società (che lo guarda sui social e sui media).

In questo senso la società russa è molto cambiata dal 1993 quando lo scontro tra Eltsin e il parlamento si risolse con il cannoneggiamento di quest’ultimo. Oggi, nonostante la guerra in Ucraina, le regole del golpe circoscritto sono state rispettate. Segno che la società russa è antropologicamente più vicina all’Occidente di quanto oggi si voglia ammettere. Ma quando incide la vicenda Wagner sulla guerra in Ucraina? Come si sta dipanando una situazione classica, tentativo di golpe e guerra in corso, nel nuovo contesto bellico che vede la guerra sul campo sempre necessaria in un conflitto quanto meno decisiva per vincere la contesa tra nazioni?

La decisione del governo russo di mettere il gruppo Wagner, nella catena di comando dedicata alla guerra in Ucraina, alla dipendenze del ministero della difesa è stata sicuramente il fatto scatenante della rivolta comandata da Prigozhin. Il conflitto però avviene in un momento in cui la controffensiva ucraina non ha dato sostanziali risultati. Segno che la lotta per il potere a Mosca ha mostrato una certa razionalità anche nelle modalità di scontro. E, nelle ore di assoluta confusione sulla situazione russa, l’Ucraina non ha saputo, o potuto, approfittarne. Allo stesso tempo però quello che è accaduto in questi giorni ha rafforzato il partito della guerra del fronte occidentale. Un flop, come sta accadendo, della controffensiva ucraina unito ad un atteggiamento granitico del potere russo avrebbe potuto consigliare, alle forze della Nato, un disimpegno verso una chiusura diplomatica del conflitto russo-ucraino per mancanza di soluzioni militari.

Quello che sta per accadere è praticamente già scritto: da una parte la controffensiva ucraina è destinata a impantanarsi dall’altra quello che è accaduto in Russia favorisce il partito dei falchi della Nato, quelli che pensano come possibile la disgregazione, durante il conflitto, del potere moscovita. Il problema è che sta accadendo il contrario: un nuovo assetto di potere, attorno alla centralità del ministero della Difesa, emerge a Mosca e, anche se negli analisti della stessa Nato si crede sempre meno alla possibile sconfitta militare russa, la posizione operativa degli occidentali è ancora quella del sostegno incessante all’Ucraina.

Nel frattempo, come abbiamo visto, riemerge il fenomeno del golpe circoscritto, stavolta a Mosca, entro la dimensione di guerra ibrida della quale è ancora difficile vedere la fine. Lo sciamano ieri e Prigozhin oggi sono gli spettri di questo genere di golpe, un processo di specializzazione della violenza, e di confinamento degli effetti devastanti dello scontro politico, che ci rivelano la mutata natura della lotta per il potere.

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