Nove mesi fa è stato eletto il nuovo presidente Gustavo Petro, nella coalizione del Pacto Histórico, sulla base di poche ma chiare parole d’ordine: pace, cambiamento e lo slogan reso famoso dalla vicepresidente Francia Márquez: “Vamos a vivir sabroso”.
Il progetto di Petro e Márquez, che in questi mesi sta prendendo forma, intende fare della Colombia una potenza mondiale della vita, il che è stato declinato tanto sul lato ambientalista – con i progetti di tutela della biodiversità di questo paese – ma altrettanto sul piano sociale. È soprattutto quest’ultimo che mette in discussione gli attuali rapporti di forza tra le classi in Colombia.
Prima di entrare nel merito delle riforme sociali del governo del Cambiamento, è bene tener presente che la Colombia è un paese smaccatamente classista, è stato governato per anni dalla destra più reazionaria, e – tanto per fare due esempi riguardo alla politica estera – è il paese del Sud America più vicino alla NATO, in termini di collaborazione militare; invece rispetto all’organizzazione sociale interna basti pensare che le città sono divise in Comunas con estratos che vanno dal 1 (quartieri in cui a mala pena esiste l’acqua potabile) al 6 (quartieri con standard di vita paragonabili ai Parioli di Roma se non migliori).
Inoltre, la questione della violenza è tutt’altro che risolta, esistono ancora “barriere invisibili” nei barrios, limiti da non oltrepassare pena la vita, in quanto territorio in mano a bande criminali/mafiose.
La famosissima Comuna 13 di Medellín, nonostante la forte spinta turistica di questi ultimi anni, è ancora una zona in cui i barrios si aprono di giorno (solo per i turisti) e si richiudono di notte; se sei originario di un quartiere non puoi lavorare nell’altro, non puoi andare a comprare, non puoi nemmeno passarci senza pagare “l’ingresso”, con il pizzo se sei un commerciante o con la vita.
In sostanza è un paese in cui, a parte in alcune zone circoscritte, esiste una disuguaglianza spaventosa fra chi non ha praticamente niente e chi invece vive nello sfarzo più assoluto.
In questo contesto il governo di Petro e Francia Márquez, ha avviato un processo di riforma radicale (appunto “Il Cambiamento”), per il momento basato su tre grandi riforme: la riforma delle pensioni, la riforma del lavoro e la riforma della sanità.
Tre temi di sinistra, affrontati in direzione opposta alle politiche liberal-conservatrici finora adottate. A queste si associa un approccio del governo nei confronti delle organizzazioni armate presenti nel paese diverso rispetto al passato.
Gustavo Petro intende dar forza al Proceso de Paz, ovvero creare quelle condizioni sociali perché le persone non siano obbligate ad arruolarsi in bande criminali e allo stesso tempo concertare con le organizzazioni armate le condizioni della pace (in particolare con FARC e ELN), a differenza dei governi Uribisti, che hanno fatto diventare la Colombia praticamente un narcostato sviluppando una narrazione paternalista e repressiva del conflitto armato nel paese, il che non ha fatto altro che incrementare il fenomeno dei Falsos positivos.
Ovvero, campagne propagandistiche contro il narcotraffico con cui i governi individuavano il numero di criminali afferenti all’organizzazione da colpire, i quali avrebbero dovuto essere eliminati/arrestati, ma che in realtà venivano presi tra i leader sociali, gli attivisti, i poveri e gli emarginati che nulla avevano a che fare con la droga.
Si può affermare senza ombra di dubbio che il nuovo governo sta attuando una linea politica progressista di sinistra, in cui la caratteristica principale è l’impronta sociale delle riforme.
La scandalo delle riforme
Come già anticipato, il dibattito politico in questi nove mesi si è concentrato sulle riforme delle pensioni, del lavoro e della sanità.
La prima di queste intende dare una pensione anche a chi non ha contribuito negli anni passati con un salario; ad oggi solo una persona su quattro ha diritto ad una pensione in Colombia, il che crea una condizione di indigenza della maggioranza delle persone fuori dall’età lavorativa.
La riforma del lavoro invece persegue tre obiettivi: la fissazione dell’orario di lavoro ad otto ore (attualmente non esiste un limite all’orario di lavoro, normalmente chi lavora lo fa per 10/12 ore al giorno); il pagamento delle ore di lavoro notturne, equiparate fino a questo momento alle ore di lavoro diurno; l’eliminazione del gap di genere negli ambienti di lavoro e l’equiparazione dei salari tra uomini e donne.
La riforma sulla sanità, che risulta la più avanzata in termini di approvazione legislativa, con l’84% del testo approvato, intende far diventare la salute e la prevenzione un diritto omogeneamente diffuso su tutto il territorio, e non un privilegio degli abitanti degli estratos alti.
Tra i primi atti della riforma c’è l’intenzione di ampliare la direzione pubblica della Drogas La Rebaja, un’azienda farmaceutica di Stato che produce vaccini.
Chiunque abbia un minimo di coscienza riterrebbe queste riforme non certo rivoluzionarie, ma sicuramente necessarie, invece l’opposizione di destra a questo governo – ancora supporter di personaggi condannati dalla Storia recente di queste paese come l’ex presidente Ivan Duque – è entrata in forte fibrillazione e cerca di riprodurre il tipico copione reazionario latino americano.
Così come per Pedro Castillo in Perú e Lula in Brasile, solo per fare due esempi, tramite i mezzi di comunicazione, la destra ha avviato una campagna di destabilizzazione del governo che Petro ha immediatamente chiamato con il suo nome “Golpe blando”.
Attraverso la rivista Semana, un mezzo d’informazione tra i più volgari e razzisti che esistono nel paese, due membri del governo – l’ambasciatore colombiano in Venezuela, Armando Benedetti, e la capa del Gabinetto, Laura Sarabia – sono stati accusati di abuso di potere.
Il primo, secondo la rivista Semana, famosa per la contraffazione di audio e intercettazioni, avrebbe affermato che senza i fondi ricavati dalle organizzazioni armate il Pacto Histórico non avrebbe mai vinto le elezioni (soprattutto nell’aria della costa pacifica); a questo si associa ovviamente una narrazione ributtante di continuo screditamento delle FARC e dell’ELN, responsabili – per i media nazionali – di ogni male del paese.
Laura Sarabia invece è accusata di aver mobbizzato la propria bambinaia in seguito alla sottrazione da parte della dipendente di una valigia piena di soldi, la stampa afferma però che la bambinaia avrebbe rapporti con gruppi paramilitari.
La destra, tuttavia, non usa solo la stampa per le proprie campagne, ma anche le istituzioni del paese e gli apparati burocratici che ancora sono fortemente ancorati ai sistemi para-mafiosi e clientelari dei governi precedenti.
Tanto che se la Semana fa propaganda, il CTI (Cuerpo Técnico de Investigación de la Fiscalía General della Nación) avvia le indagini e provoca la crisi di governo in corso.
Una crisi tutta interna alle istituzioni che nulla ha a che fare con la legittimità del governo, ma forte abbastanza da costringere David Racero, il presidente della Camera in quota al Pacto Histórico, a sospendere il dibattito legislativo sulle tre riforme.
Il governo, nei mesi scorsi, ha promosso un dibattito realmente democratico su queste tre riforme, coinvolgendo i sindacati e tutti i corpi intermedi della società, oltre che ovviamente il popolo colombiano. Nella macchina del fango messa in moto dalla destra tramite i mezzi di informazione in suo possesso, il presidente è anche stato accusato di autoritarismo rispetto all’iter seguito.
Nella realtà, a sostenere il Cambiamento è il popolo e non solo il Pacto Histórico e i suoi leader, come dimostrano le manifestazioni convocate dallo stesso presidente nel mese di marzo, quella del primo maggio e l’ultima, del 7 giugno, che ha dato una forte risposta di piazza al Golpe Blando e a favore del Cambiamento.
A differenza dei presidenti precedenti, coinvolti in scandali ben più profondi di questo, Gustavo Petro ha immediatamente sospeso sia l’ambasciatore sia la capo di Gabinetto e, nonostante sia consapevole della propaganda contro la coalizione che lo sostiene, ha insistito affinché si indagasse su queste infamanti accuse.
Un segno della diversità di un presidente sostenuto dal popolo, che non ha problemi a mettere in discussione se stesso e i membri del governo di fronte a paventati scandali.
E allora Mancuso? E allora D’Alema?
La Storia della Colombia è attraversata da scandali, spesso lasciati nel dimenticatoio sia dei media che della politica nazionale e internazionale, è questo il caso di due esempi piuttosto recenti.
Il primo riguarda le dichiarazioni di Salvatore Mancuso, colombiano di padre italiano, capace di fare arrivare 8 tonnellate di cocaina nel porto di Gioia Tauro e condannato a 15 anni di carcere negli Stati Uniti.
In Colombia è accusato di oltre 5.200 atti di violenza, come omicidi, sparizioni forzate e violenze di genere, nel suo ruolo di jefe dell’AUC (Autodefensas Unidas de Colombia, un’organizzazione paramilitare di ultradestra attiva nel narcotraffico).
Nel 2020 ha deciso di collaborare con la JEP (Jurisdicción Especial para la Paz), e le dichiarazioni che sta facendo sollevano scandali grossi come l’intera cordigliera andina. Queste hanno una portata talmente ampia da meritare uno spazio dedicato, ci limitiamo qui ad accennarne qualcuna.
Mancuso ha avuto strette collaborazioni con gli apparati dello stato e ha dichiarato di aver appoggiato tramite la sua organizzazione l’elezione del presidente Pastrana e di Alvaro Uribe.
Inoltre, in collaborazione con lo Stato e il presidente della Colombia Francisco Santos (2002-2010) e all’epoca sindaco della capitale, durante l’avanzamento della guerriglia delle FARC verso Bogotá, ha occupato con l’AUC i territori della metropoli opponendosi alla guerriglia.
Sia Uribe che Pastrana hanno denunciato Mancuso per false dichiarazioni, ma per la JEP una cosa è chiara: la commistione tra Stato e AUC ha permesso l’espansione territoriale ed economica di questa organizzazione di narcos, più di 250 dirigenti politici, 72 congressisti e 15 governatori sono stati già condannati con l’AUC in uno scandalo chiamato parapolítica.
Inoltre, Mancuso ha segnalato numerose fosse comuni in cui sono seppelliti centinaia di persone nel nord del paese, al confine con il Venezuela, scavate in collaborazione con i militari colombiani.
Sempre nel nord del paese l’AUC è stata responsabile della smobilitazione di parte dei guerriglieri dell’ELN nel 1996, rivelando che è stata una smobilitazione fittizia che in realtà ha trasferito gli armamenti di buona qualità in dotazione all’ELN ai gruppi dell’AUC, mentre il governo dell’epoca si vantava appunto della vittoria sui guerriglieri armati dell’Esercito di liberazione.
In ultimo, le collaborazioni dell’AUC, secondo le rivelazioni di Mancuso non si sono fermate agli apparati politici ma sono arrivate ai massimi vertici di alcune multinazionali come la Drummond, azienda petrolifera, già accusata in passato di relazioni con i narcotrafficanti, e la più nota alle latitudini europee Bavaria.
Un’azienda dal passato colonialista, responsabile nella storia del paese di aver imposto il consumo di birra con campagne denigratorie e razziste delle bevande autoctone.
Di tutto ciò ovviamente i media nazionali non parlano, badano invece a costruire campagne per screditare questo governo.
Venendo ancora più vicino all’Italia è emersa anche nelle aule di tribunale, la vicenda di D’Alema e Profumo e della compravendita di aerei e mezzi da guerra proprio durante le grandi mobilitazioni del Paro Nacional del 2021, quando era in carica il governo di Duque, la marionetta di Uribe.
Sembrerebbe che D’Alema abbia fatto da intermediario per una commessa militare tra Leonardo, con a capo Profumo, e il governo colombiano anche attraverso relazioni con gruppi criminali negli Stati Uniti, con tanto di mazzette milionarie per i politici colombiani.
Lo riportiamo per mettere in evidenzia il ruolo, per i tribunali ancora presunto, dei cosiddetti “ex-comunisti” e delle aziende di Stato italiane nelle dinamiche del Sud America: relazioni con corrotti, criminali, mafiosi e reazionari della destra più estrema.
Per concludere, di fronte ai ventilati scandali del Pacto Histórico, restano i fatti di questo governo e il sostegno popolare di cui godono Gustavo Petro e Francia Márquez.
Le riforme, i rinnovati rapporti con il Venezuela e l’apertura delle frontiere, gli accordi di pace con FARC e ELN, come l’ultimo cessate il fuoco firmato a Cuba tra il governo colombiano e il jefe dell’ELN, Pablo Beltrán, alla presenza del presidente Díaz Canel.
Sono piccoli passi verso il Cambiamento in un contesto certamente difficile, in cui le condizioni sociali della popolazione sono pessime e il conflitto armato nel paese causa ancora morti e spaventose contraddizioni nella popolazione.
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