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22/06/2023

Guerra in Ucraina - West Point studia l’operatività russa

Per capire quacosa, bisogna studiare. Cosa che i giornalisti di regime non hanno tempo di fare, obbligati come sono a “stare sul pezzo”, ossia sull’ultimo annuncio propagandistico da sparare.

Leggiamo ogni giorno di presunte o reali “catastrofi” che hanno colpito qualche reparto russo, mai di analoghe sciagure per l’esercito ucraino. Se queste cronache fossero minimamente veritiere, le truppe di Kiev dovrebbero essere alle porte di Mosca.

Ci siamo perciò rivolti agli specialisti, agli studiosi della guerra e della sua evoluzione, e abbiamo appreso qualcosa di più serio, ovviamente.

Il sito specializzato statunitense che si firma collettivamente Simplicius the thinker ha messo a disposizione un’analisi del think tank di West Point (la famosa accademia di guerra che forma il quadro dirigente dell’esercito Usa), che riferisce qualcosa di completamente diverso.

In primo luogo che la “teoria della guerra” russa si è evoluta anche abbastanza rapidamente dallo studio fatto sull’intervento Usa in Iraq. Era una delle tante “guerre asimmetriche” che hanno segnato gli ultimi 30 anni, in cui una parte – semplicemente – non aveva di che opporsi, oltre a gestire un esercito di livello tecnologico enormemente più arretrato.

Da questo studio è derivata un’organizzazione del “fronte” completamente diversa da quella precedente, fondata sulle grandi concentrazioni di uomini e mezzi. La possibilità tecnologica di colpire con grande efficacia, e a grandi distanze, queste concentrazioni ha spinto ad adottare una configurazione più frammentata, ponendo ovviamente grandi problemi di centralizzazione, controllo, coordinamento operativo.

Ma è un modo di fare la guerra in cui la Russia (ma anche l’Ucraina, in parte) si sta rivelando “più avanti” del pur poderoso esercito Usa. Che infatti si è a sua volta messo a studiare, perché 30 anni di “guerre asimmetriche” avevano cancellato la necessità di confrontarsi con un avversario di pari livello. Ossia, sul piano della dottrina, di sviluppare un’idea di guerra simmetrica. Da cui far discendere scelte di riorganizzazione, innovazione tecnologica, metodologie di combattimento.

In secondo luogo, si ammette esplicitamente che questa è una guerra tra Nato e Russia, in cui gli euro-atlantici usano gli ucraini come cavia per “testare” cosa funziona ancora – nella disposizione tattica e strategica del Pentagono – e cosa invece è ormai da buttar via.

Non è una lettura adatta a chi ragiona con le sole categorie “morali” (la guerra imperialista fa schifo, certo, ma va studia e capita, se la si vuole far sparire dalla storia dell’umanità). Meno ancora da chi si accontenta dei bollettini di parte, che recitano ovviamente solo di “vittorie”, “avanzate”, “aumentare il sostegno” e via propagandando.

Buona lettura, invece, a chi usa gli occhi per discernere.

*****

Il Modern War Institute di West Point – una sorta di think tank presieduto da Mark Esper e che fa parte del Department of Military Instruction – ha pubblicato un’interessante analisi approfondita delle innovazioni russe sul campo di battaglia, intitolata
Il modo russo di fare la guerra in Ucraina: un approccio militare in corso di realizzazione da nove decenni.
È abbastanza affascinante da compiere un’analisi completa, perché gran parte dell’analisi conferma non solo molte cose di cui abbiamo discusso qui per mesi, ma anche che la Russia non solo si sta adattando ed evolvendo, ma probabilmente sta rivoluzionando la guerra moderna. E soprattutto, convalida le affermazioni da tempo sostenute dagli addetti ai lavori, secondo cui le attuali tattiche russe in prima linea, a volte mistificanti, sono scelte esattamente intenzionali, piuttosto che il prodotto disordinato di un comando malriuscito o privo di direzione.

L’articolo inizia con una nota di cautela su come le carenze o gli “errori” percepiti dalla Russia – come la ritirata di Kharkov, eccetera – siano stati eccessivamente semplificati in una falsa narrazione di forze armate deboli o in crisi.

L’autore stabilisce immediatamente che la Russia è in realtà “in anticipo sui tempi” in termini di avanzamento strategico militare concettuale. Prosegue sviluppando la tesi che il campo di battaglia moderno si è trasformato in un campo di battaglia con unità disperse e frammentate, dove le concentrazioni di truppe dense sono estremamente vulnerabili agli attacchi di precisione:
La capacità di individuare e colpire obiettivi a distanze sempre maggiori e con una precisione sempre maggiore aumenta la vulnerabilità delle concentrazioni di truppe dense e limita quindi la capacità di condurre operazioni sequenziali e concentrate su larga scala. Per questo motivo, al fine di migliorare la sopravvivenza, le attuali condizioni del campo di battaglia costringono le unità militari a disperdersi in formazioni più piccole, a trincerarsi o a entrambe le cose, a meno che queste condizioni non vengano contrastate efficacemente.

Di conseguenza, il campo di battaglia tende a diventare più frammentato, offrendo un’azione più indipendente alle formazioni tattiche inferiori, poiché la profondità del fronte si sta espandendo in misura considerevole.
Ma vediamo di analizzare punto per punto le affermazioni che sottolineano la tesi di cui sopra.

Il primo punto dell’autore è che gli strateghi militari russi hanno in effetti previsto correttamente i progressi odierni sul campo di battaglia:
Come illustra un’analisi di decenni di storia, la strategia militare russa negli ultimi decenni ha previsto correttamente una serie di implicazioni dei progressi nelle armi e nelle tecnologie dei sensori che attualmente influenzano il carattere della guerra in Ucraina.
L’articolo invoca ripetutamente il famoso concetto russo di “arte operativa”, in gran parte sviluppato dalle teorie del comandante e teorico militare russo Georgy Isserson. In breve, l’arte operativa è semplicemente una dottrina che cerca di fondere o collegare gli sviluppi tattici locali agli obiettivi operativi più ampi della “strategia”.

È una sorta di riorganizzazione mentale della battaglia in un quadro simile a quello degli scacchi, in cui i movimenti di ogni pedone rappresentano obiettivi generali più ampi piuttosto che semplici posizionamenti reattivi a livello tattico.

Una delle ragioni di questo tipo di struttura è che, classicamente, la strategia e la tattica sono state insegnate come discipline separate a compartimenti stagni.

I generali concentrano tutto il loro addestramento sullo sviluppo di ampi obiettivi strategici, sul movimento di grandi eserciti contro le forze di altri gruppi di eserciti altrettanto grandi e sulle teorie relative al modo in cui si influenzano a vicenda.

E i comandanti di unità si concentrano solo sulle tattiche locali, su come portare il plotone o la compagnia a un determinato obiettivo o intrappolare un’unità nemica, ignorando completamente gli aspetti strategici o operativi perché non sono di competenza del comandante.

Questo crea una sorta di forze armate disgiunte e compartimentate, in cui ogni tipo di pensiero è delegato al responsabile, ma le due cose non sono mai del tutto “collegate”.

L’arte operativa cerca di colmare il vuoto tra i due livelli, insegnando un metodo di pensiero strategico che impiega simultaneamente “i fini e i mezzi”.
Il livello operativo della guerra si colloca tra la tattica, che consiste nell’organizzazione e nell’impiego delle forze combattenti sul campo di battaglia o in prossimità di esso, e la strategia, che coinvolge gli aspetti delle operazioni di teatro a lungo termine e ad alto livello, e la leadership del governo.

L’Unione Sovietica è stato il primo Paese a distinguere ufficialmente questo terzo livello di pensiero militare, quando è stato introdotto come parte della teoria militare delle operazioni profonde che le sue forze armate hanno sviluppato negli anni ’20 e ’30 e utilizzato durante la Seconda Guerra Mondiale.
Alla luce di quanto detto, un ultimo buon modo di intenderla è racchiuso in questa citazione:
L’arte operativa comprende quattro elementi essenziali: tempo, spazio, mezzi e scopo. Ogni elemento si trova in maggiore complessità a livello operativo che a livello tattico o strategico.
L’autore continua la sua prefazione con gli esempi di “battaglia profonda” e “operazioni profonde” sovietiche praticate nella Seconda Guerra Mondiale.

In sintesi, queste operazioni utilizzavano una linea del fronte pesantemente stratificata, in cui le forze sovietiche attaccavano attraverso l’intera profondità operativa, al fine di facilitare gli sfondamenti che i secondi livelli potevano poi sfruttare. Come afferma l’autore, “questo richiedeva un’enorme densità di truppe lungo una linea del fronte ininterrotta, a più livelli di profondità, e la struttura delle forze dell’Armata Rossa era organizzata di conseguenza”.

Tuttavia, il primo cambiamento avvenne con l’introduzione delle armi nucleari:
Ciononostante, nel corso del tempo sono stati apportati degli adattamenti a questa strategia. Il primo grande cambiamento avvenne negli anni ’50, in seguito alla consapevolezza che qualsiasi guerra convenzionale su larga scala avrebbe comportato l’impiego di armi nucleari.

Ciò ebbe un impatto significativo sulla strategia militare sovietica e sulla successiva struttura delle forze militari, poiché aumentò la vulnerabilità della tradizionale concentrazione di forze necessaria per condurre operazioni in profondità. Le unità avrebbero avuto bisogno di una maggiore mobilità per aumentare la propria sopravvivenza.

Le successive riforme di Zhukov miravano quindi a trasformare le più grandi e ingombranti divisioni meccanizzate e di fucilieri della Seconda Guerra Mondiale in divisioni di carri armati e di fucilieri a motore più piccole e più mobili.
Per il timore che concentrazioni massicce di truppe potessero essere spazzate via da bombe atomiche tattiche sul campo di battaglia, l’Armata Rossa cercò di trasformare la sua struttura di forze in organizzazioni più sciolte e mobili.

L’autore continua notando che negli anni ’70, la minaccia persistente costrinse i sovietici ad “abbandonare gradualmente le forze profondamente inquadrate e densamente ammassate”, “optando invece per distaccamenti tattici più dispiegati in avanti e gruppi di manovra a livello operativo”.

Uno dei cambiamenti chiave creati da questa nuova dottrina è stato quello di modificare la velocità di avanzamento percepita. Il precedente metodo di avanzamento era percepito come un metodo che lasciava le forze vulnerabili al fuoco su larga scala, come le già citate bombe atomiche, quindi la nuova struttura organizzativa “più sciolta e mobile” era volta a raggiungere un tasso di avanzamento più veloce, al fine di mantenere le forze ammassate e di conseguenza vulnerabili per un periodo di tempo più breve:
La necessaria concentrazione di forze per le operazioni offensive non doveva più essere raggiunta da formazioni ammassate, ma piuttosto attraverso un rapido movimento da posizioni disperse e il cambio di fuoco, aumentando l’importanza delle formazioni che operano in modo indipendente. Di conseguenza, secondo la visione sovietica, il campo di battaglia sarebbe diventato sempre più frammentato, offrendo una maggiore indipendenza d’azione ai comandanti delle formazioni di armi combinate.
Rileggete l’ultima parte evidenziata, perché non solo ha un ruolo centrale nel tema degli sviluppi della Russia, ma dovrebbe anche ricordarvi l’attuale filosofia operativa della Russia nell’OMU.

Ma ancora più importante è notare la singolare ammissione contenuta nella frase finale. Questo nuovo cambiamento dottrinale dà maggiore indipendenza d’azione ai comandanti russi delle formazioni di armi combinate. Questa è una notizia bomba che ripudia immediatamente tutte le attuali idee della propaganda occidentale sull’etica delle forze armate russe.

Fin dall’inizio della SMO (Operazione militare speciale, ndr) ci è stato detto quotidianamente che la Russia è un “comando dall’alto verso il basso, centralizzato in stile sovietico”, con una struttura di comando rigida e inflessibile e un corpo di sottufficiali che o non esiste affatto o è incapace di operare in modo indipendente.

Sono stato una delle poche voci che si sono opposte con veemenza a questa caratterizzazione del tutto pretestuosa. Ho ripetutamente affermato che tutte le indicazioni sulle SMO, per chiunque le osservi da vicino e non si limiti a prendere le notizie dai titoli della CNN, riferiscono che le unità russe hanno in realtà una maggiore indipendenza operativa, flessibilità e iniziativa autonoma rispetto alle loro controparti occidentali.

Questo pezzo di West Point non fa altro che sottolineare questo fatto, illustrando come l’iniziativa delle piccole unità sia radicata nelle prerogative dottrinali della Russia.

Poi, l’autore invoca i concetti russi di guerra non lineare e di guerra senza contatto, facendoci prima ripercorrere la storia dello sviluppo da parte della NATO della dottrina Air-Land Battle, creata negli anni ’80 per rompere lo “stallo” percepito tra le forze sovietiche in un ipotetico scontro europeo. Per contrastarla, l’URSS sviluppò di conseguenza il famoso Complesso Ricognizione-Colpo e il Complesso Ricognizione-Fuoco (la sua controparte a livello tattico), di cui ho scritto qui:
All Seeing Eye: La Russia può superare l’eccesso di capacità ISR (intelligence, sorveglianza, riconoscimento) dell’Occidente?
“Ogni guerra al punto di svolta delle epoche tecnologiche (e noi siamo proprio in uno stato di tale transizione) è gravata dalla mancanza di comprensione dei principi di funzionamento delle nuove armi e delle tattiche del loro uso, nonché della strategia complessiva dell’intero complesso di azioni militari e politiche”.

Per riassumere molto brevemente – e in modo eccessivamente semplificato – la dottrina della battaglia aereo-terrestre privilegiava fortemente le forze aeree della NATO e le capacità di attacco profondo per eliminare le linee secondarie e le “retrovie” del Patto di Varsavia. Si trattava della prima dottrina che ruotava intorno a colpi di precisione in profondità nelle retrovie, contribuendo così a cementare un nuovo paradigma di guerra.

L’autore prosegue affermando che i sovietici “cercarono di mitigare la distruttività di queste nuove capacità occidentali (attacchi in profondità della battaglia aereo-terrestre) disperdendo ulteriormente le forze sovietiche sul campo di battaglia, compresi gli elementi di supporto logistico, per renderle meno vulnerabili”.

In particolare, l’autore afferma una cosa che fa presagire il conflitto odierno:
In questo modo, hanno riconosciuto che mantenere lo slancio e raggiungere la concentrazione necessaria prima della battaglia sarebbe diventato più difficile.
Tutto ciò è culminato nella “battaglia non lineare” sovietica, di cui l’autore scrive:
“Nel 1990, il tenente colonnello Lester Grau, dell’Ufficio Studi dell’Esercito Sovietico presso il Combined Arms Center dell’Esercito degli Stati Uniti, scrisse un rapporto sulle previsioni sovietiche della guerra futura, affermando:

“I sovietici vedono la battaglia non lineare come una battaglia in cui battaglioni e reggimenti/brigate separati “tatticamente indipendenti” combattono battaglie d’incontro e assicurano i loro fianchi per mezzo di ostacoli, fuoco a lungo raggio e tempo...

Le grandi unità, come le divisioni e gli eserciti, possono influenzare la battaglia attraverso l’impiego delle loro riserve e dei sistemi di attacco a lungo raggio, ma l’esito sarà deciso dalle azioni dei battaglioni e dei reggimenti/brigate di armi combinate che combattono separatamente su più assi a sostegno di un piano e di un obiettivo comuni...

Il combattimento tattico sarà ancora più distruttivo che in passato e sarà caratterizzato da combattimenti frammentati [ochagovyy] o non lineari.

La linea del fronte scomparirà e termini come “zone di combattimento” sostituiranno i concetti obsoleti di FEBA, FLOT e FLET. Non esisteranno rifugi sicuri o “retrovie profonde”.
Questa dottrina prevedeva quindi che battaglioni e reggimenti “tatticamente indipendenti” avrebbero combattuto essendo influenzati dalle formazioni classiche solo in modo ausiliario, e il risultato sarebbe stato deciso da queste piccole unità e dalle loro operazioni indipendenti.

L’altra rivelazione più importante è che la classica linea del fronte di guerra cesserà letteralmente di esistere e sarà invece sostituita da “zone di combattimento”.

Inizia a suonare familiare? Dovrebbe, perché assomiglia sempre di più all’attuale SMO (Operazione militare speciale, ndr), dove piccole unità disparate combattono per il controllo di “zone di combattimento” apparentemente scollegate tra loro, come il corridoio Kupyansk-Svatovo contro i combattimenti nel sud di Donetsk o Zaporozhye, ecc. O anche lungo fronti adiacenti, come le zone occidentali e orientali di Zaporozhye.

Poi, l’autore introduce il concetto di “guerra senza contatto”, premettendo che gli strateghi russi sono stati fortemente influenzati dalla distruzione dell’Iraq e della Jugoslavia da parte della NATO con intense campagne aeree, tanto da riconoscere la minaccia di un “attacco aerospaziale massiccio”.
Secondo il defunto Maggiore Generale Vladimir Slipchenko, probabilmente uno dei più influenti teorici militari russi degli ultimi decenni, l’Operazione Desert Storm fu la prima manifestazione di quella che Ogarkov aveva definito una “rivoluzione negli affari militari” – un riferimento al crescente uso di sistemi di attacco di precisione a lungo raggio nella guerra futura.

Il concetto di guerra di sesta generazione, elaborato dallo stesso Slipchenko, indicava la computerizzazione della guerra e l’aumento dell’uso di armi a distanza. Il suo elemento più importante è stato quindi chiamato guerra senza contatto, in contrapposizione alla tradizionale guerra di contatto di quarta generazione.
Il punto di partenza di questi sviluppi è la frase seguente:
“Sottolineò che l’accresciuta capacità di trovare e colpire obiettivi sia a maggiore velocità che a maggiore distanza, oggi definita ‘catena di morte’ dai militari occidentali, avrebbe reso le tradizionali concentrazioni di massa di truppe un’impresa pericolosa”.
Inoltre, il teorico militare russo Slipchenko ha sottolineato l’idea precedente secondo cui tutti i concetti classici di un campo di battaglia sarebbero stati gradualmente cancellati a causa della natura imprevedibile e onnicomprensiva dei moderni sistemi di attacco:
Concetti fondamentali come “fronte”, “retro” e “linea avanzata” stanno cambiando... Sono ormai passati di moda e sono stati sostituiti da due sole frasi: “bersaglio” e “non bersaglio” per un attacco a distanza di alta precisione.
L’autore continua notando che il concetto di “battaglia in profondità” è stato sostituito da quello di “attacco in profondità” e che invece di schierare sul campo di battaglia formazioni enormi e stratificate per sfondare e distruggere le aree C2 posteriori, come i quartieri generali delle brigate e così via, si utilizzeranno a tale scopo gli attacchi in profondità.

L’importante deduzione è che questo cambiamento non è dovuto semplicemente alla “convenienza” dei moderni sistemi di attacco in profondità, ma piuttosto al fatto che anche la creazione di concentrazioni locali di truppe sufficientemente grandi per ottenere i classici sfondamenti da “battaglia in profondità” non è più fattibile a causa della capacità dei moderni sistemi ISR (e delle relative dottrine in stile “recon-fire-complex” da entrambe le parti) di spazzare via catastroficamente tali concentrazioni.

L’autore prosegue sottolineando che una serie di moderni teorici militari russi, come S.S. Bogdanov, il colonnello S.G. Chekinov, il colonnello generale Kartapolov e il generale Gerasimov, hanno successivamente sottolineato e sviluppato queste teorie in concetti come “guerra di nuova generazione”. È interessante notare che di due dei teorici citati, Chekinov e Bogdanov, esiste un documento collegato intitolato The Nature and Content of a New-Generation War.

Nel documento scrivono:
Nella Guerra del Golfo, scoppiata all’inizio degli anni ’90, l’esercito iracheno impiegò la sua obsoleta e inflessibile strategia di stallo posizionale, che non poteva competere con le nuove forme e i nuovi metodi di guerra utilizzati dagli Stati Uniti e dai loro alleati. Questa strategia contribuì alla disastrosa sconfitta degli iracheni.

La Guerra del Golfo è stata una dimostrazione pratica della verità che la superiorità tecnologica nelle armi può annullare il vantaggio numerico del nemico equipaggiato con armi ormai obsolete.

È stata la prima volta nella storia delle guerre che formidabili forze di terra, forti di mezzo milione di uomini, non hanno combattuto nel tentativo di vincere. Sono state dispiegate completamente solo negli ultimi giorni della guerra, quando l’esercito iracheno era ormai finito a causa di attacchi aerei e missilistici che si sono protratti per settimane.
La prima guerra della nuova era high-tech è stata diversa da tutte le guerre che l’hanno preceduta per molti aspetti critici:
non c’erano chiare linee di demarcazione tra le forze avversarie;

i fianchi dei belligeranti erano esposti;

i loro ordini di battaglia operativi presentavano ampi spazi non difesi, i loro elementi di combattimento erano separati da una distanza considerevole l’uno dall’altro;

l’attaccante aveva una superiorità schiacciante ottenuta con armi ad alta tecnologia;

le armi a lungo raggio e ad alta precisione sono state utilizzate su scala massiccia, in particolare in un momento in cui le forze della Coalizione stavano prendendo l’iniziativa strategica e conquistando l’assoluta superiorità aerea;

le forze della Coalizione colpivano regolarmente e selettivamente gli obiettivi chiave delle forze nemiche, le strutture economiche vitali di importanza militare e i centri di controllo civili e militari, distruggendo i sistemi di supporto vitale in qualsiasi punto del territorio nemico per costringere il difensore a deporre le armi.

Un’altra peculiarità della campagna contro l’Iraq è stata l’integrazione, per la prima volta in assoluto, di forze di ricognizione, fuoco, elettronica e guerra d’informazione di diverse branche e armi del servizio in un sistema condiviso di ricognizione e attacco spazialmente distribuito, che ha fatto ampio uso di moderne tecnologie informatiche e di sistemi automatizzati di controllo delle truppe e delle armi”.
Prestate attenzione in particolare alla parte evidenziata qui sopra. Ciò che i teorici stanno dicendo è che la guerra del Golfo, ai loro occhi, non ha impiegato alcuna “formazione classica” simile a come immaginiamo che le guerre siano tipicamente combattute. Per usare un esempio esagerato, non si è trattato di una guerra dell’era napoleonica, in cui c’erano linee chiaramente definite tra i due eserciti, differenziazioni precise tra unità destinate a difendere i fianchi e unità d’avanguardia all’assalto che si scontravano su una linea di contatto delineata.

Invece, grazie all’avvento delle moderne integrazioni e dei sistemi di controllo network-centrici, le forze nemiche sono state distrutte in modi che non richiedevano nemmeno il dispiegamento di tali formazioni classiche.

Si potrebbe pensare che la Russia abbia fatto lo stesso contro l’Afghanistan, per esempio, ma si trattava di una guerra completamente diversa, contro un’insurrezione di guerriglieri e non contro un Paese con un vero e proprio “esercito permanente” classico. Dopo tutto, la guerra in Afghanistan non è stata combattuta contro l’Afghanistan stesso, la Russia era al fianco del governo afghano e si trovava lì su sua richiesta. Stavano combattendo i mujaheddin insorti.

Nella Guerra del Golfo, invece, la coalizione si è scontrata con le formazioni delle forze armate classiche di un potere statale legittimo.

Il documento militare russo contiene altre interessanti informazioni, come la seguente:
Una guerra di nuova generazione sarà dominata dall’informazione e dalla guerra psicologica, che cercherà di ottenere una superiorità nel controllo delle truppe e delle armi e di deprimere moralmente e psicologicamente il personale delle forze armate e la popolazione dell’avversario.

Nella rivoluzione in corso nelle tecnologie dell’informazione, la guerra informativa e psicologica getterà in gran parte le basi per la vittoria.
Così come:
Si prevede anche che le forme non tradizionali di lotta armata saranno utilizzate per provocare terremoti, tifoni e forti piogge di durata sufficiente a danneggiare l’economia e ad aggravare il clima socio-psicologico dei Paesi in guerra.
Torniamo al rapporto West Point.

L’autore osserva quanto segue:
Invece di combattere lungo migliaia di chilometri di linea del fronte ininterrotta, i pensatori militari russi immaginavano una guerra futura in cui la guerra di contatto lineare si sarebbe verificata solo in luoghi specifici e il combattimento non lineare lungo la maggior parte del fronte, con effetti che sostituivano le concentrazioni di truppe al fine di stabilire uno sforzo principale.

Insieme alla prospettiva di piccole guerre più comuni lungo la periferia della Russia, questi punti di vista hanno fortemente influenzato gli sforzi di riorganizzazione e modernizzazione russi, intrapresi sulla base della crescente necessità di formazioni tattiche più piccole, ad alta prontezza, capaci di azioni indipendenti e di guerra senza contatto.
La parola chiave è l’uso dell’oscuro termine “effetti” per indicare qualsiasi tipo di “attacco” cinetico, elettronico o persino non letale.

Il punto è che la nuova dottrina russa elimina lo stile lineare di combattimento continuo della fanteria su un’ampia linea del fronte, ma lo sostituisce con forze di manovra più piccole che operano in luoghi chiave specificamente isolati, mentre il “combattimento” lungo il resto della linea del fronte è sostituito da vari tipi di capacità di “guerra senza contatto” come i colpi d’artiglieria, la guerra EW, gli effetti psicologici, ecc.

In breve, ciò significa che la linea del fronte può essere ampia in senso definitorio, ma solo i settori chiave vedrebbero l’attenzione operativa di gruppi con capacità di manovra che cercano di ottenere guadagni.

L’autore osserva inoltre che il conflitto ucraino è in realtà un “conflitto tra pari”, in quanto l’Occidente ha armato l’Ucraina con tutti i suoi sistemi più avanzati e con il C4ISR/ISTAR in tempo reale. Questa constatazione conduce l'autore al punto più critico dell’intero articolo, che io stesso ho già evidenziato molte volte:
Di conseguenza, questa è la prima guerra della storia in cui entrambe le parti sono in grado di colpire l’intera profondità tattica e operativa dell’avversario con un alto livello di precisione.
Rileggete e comprendete le implicazioni. Questa è la prima guerra nella storia in cui due moderne potenze di pari livello stanno effettivamente utilizzando sistemi moderni in grado di colpire l’una contro l’altra in tutta la profondità operativa.

L’ovvia implicazione è che gli Stati Uniti non hanno mai combattuto una guerra del genere, né la NATO. Ricordiamo che a dirlo è il prestigioso istituto di West Point, non un “troll del Cremlino“.

Ciò significa che la Russia sta combattendo la guerra più complessa e difficile dell’era moderna. In effetti, questa guerra è il culmine, la collisione culminante delle due dottrine a lungo sostenute della NATO, la battaglia aereo-terrestre, e della Russia, il complesso ricognizione-attacco.

Sono stati spesi decenni a teorizzare quale di questi sistemi contrapposti avrebbe vinto in un potenziale scontro tra giganti, e lo stiamo vedendo proprio qui e ora. L’unica differenza, ovviamente, è che la NATO non è (ancora) in grado di utilizzare i suoi strumenti più importanti, come l’intera flotta di caccia stealth, le armi stand-off e così via, ma ci sta lentamente arrivando con l’inclusione di elementi come gli Storm Shadows, gli HIMARS e i potenzialmente prossimi ATACM, GLSDB, F-16 e così via.

L’autore prosegue con un altro punto importante, non solo elogiando le capacità di attacco della Russia, ma delineando in modo perspicace come il conseguente cambiamento delle tattiche ucraine stia plasmando l’attuale campo di battaglia:
Dopo il fallimento dell’invasione iniziale, il periodo successivo dei combattimenti nel Donbass è stato inizialmente caratterizzato dal dominio russo nel fuoco. Oltre alle munizioni di precisione, l’impiego di UAV per il rilevamento dei bersagli ha migliorato notevolmente l’efficacia dei numerosi sistemi di artiglieria russi.

Le batterie di artiglieria russe che impiegavano gli UAV per il rilevamento dei bersagli si sono dimostrate generalmente in grado di impegnare le posizioni ucraine entro pochi minuti dal rilevamento.

Di conseguenza, le compagnie di fanteria ucraine sono state costrette a disperdersi e spesso hanno occupato linee del fronte larghe fino a tre chilometri. Di conseguenza, i battaglioni hanno coperto fronti che tradizionalmente sono di competenza delle brigate.

La superiorità dell’artiglieria russa e la densità dei sensori hanno persino impedito agli ucraini di concentrarsi in unità di dimensioni superiori alla compagnia, perché qualsiasi cosa più grande sarebbe stata rilevata prematuramente e presa di mira efficacemente da lontano.
Ciò è più che mai pertinente in questo momento, poiché durante le recenti sortite di Zaporozhye, si dice che le forze ucraine abbiano attaccato in forze sempre più atomizzate ad ogni ondata successiva. Mentre la prima ondata li ha visti operare in gruppi a livello di compagnie e battaglioni, la seconda li ha visti ridursi in incursioni sempre più piccole con manovre solo a livello di plotone e compagnia.

Un altro punto importante è che la sicurezza sul campo di battaglia si trova ora solo nella mobilità. Ricordiamo che questo si ricollega all’idea iniziale delle “Riforme di Zhukov”, in cui la dottrina sovietica si è spostata verso organizzazioni più piccole e mobili, al fine di creare avanzamenti tattici più “rapidi”, in modo da limitare la quantità di tempo trascorso in posizioni di vulnerabilità al fuoco a lungo raggio e agli attacchi operativi di profondità.
Esempio qui, paracadutisti russi del VDV che assaltano le posizioni dell’AFU a Kremennaya, sfruttando la mobilità fulminea dei BTR-D per portare una compagnia di uomini in copertura per l’assalto.

Ogni volta che si conduce una manovra offensiva o difensiva, la sicurezza si trova nella mobilità, con periodi di concentrazione il più possibile brevi. Ciò è stato dimostrato durante l’offensiva ucraina di Kharkiv, dove le truppe ucraine si sono affidate alla velocità e alla sorpresa, utilizzando unità di ricognizione poco armate e in rapido movimento, mentre la densità delle truppe russe era relativamente bassa.

Quando grandi formazioni rimangono statiche e concentrate, diventano facilmente un bersaglio. Questo è stato dimostrato durante il fallito attraversamento russo del Siverskyi Donets l’11 maggio 2022, quando elementi significativi di una brigata russa di fucilieri motorizzati sono stati individuati e distrutti grazie alla ricognizione aerea e all’artiglieria.
E questo è vero: abbiamo diversi dati, tra cui recenti interviste a truppe dell’AFU, che sottolineano come i Leopard fossero dei bersagli facili e che, ironicamente, trovassero maggiore sicurezza nei MRAP che si muovevano velocemente e che potevano portarli attraverso i campi al successivo punto di copertura molto più rapidamente.

È ormai assodato da tempo, fin dai tempi dell’offensiva di Kharkov, che la tattica dell’Ucraina è la seguente: trascorre diverse settimane, o addirittura mesi, per far precipitare lentamente le truppe in un’area di sosta, facendole entrare molto gradualmente, in uniformi e veicoli civili, e solo con la copertura dell’oscurità. Ogni notte ci possono essere mezzi civili con poche decine di soldati che entrano in un posto come Mala Tokmachka.

Lo stesso vale per l’armamento, che viene mantenuto molto distribuito in una vasta gamma di villaggi nella regione generale, portato di notte sotto i teloni un pezzo alla volta e accumulato per un lungo periodo di tempo.

Poi, man mano che si avvicina il momento dell’offensiva, le truppe ricevono gli ordini di battaglia mentre vivono e operano ancora come “civili” in quest’area posteriore, protetti da una prima linea di altre forze a 20-40 km di distanza.

Quando mancano pochi giorni o una settimana all’offensiva, le truppe cominciano a ricevere le uniformi e l’armamento si consolida. Lo sappiamo dalle fughe di notizie e dalle comunicazioni intercettate, per esempio dalla recente offensiva di Zaporozhye, dove le intercettazioni hanno mostrato che le principali brigate d’avanguardia come la 47ª, la 33ª, ecc. venivano dotate di uniformi e documenti solo alcuni giorni prima dell’assalto.

E solo al momento dell’attacco i comandanti di brigata danno il via libera finale al consolidamento completo in compagnie che possono muoversi al calar delle tenebre.

Questo è il tipo di operazioni clandestine, distribuite e non lineari che sono diventate la caratteristica del campo di battaglia moderno. Ho già detto molte volte che il dottor Philip Karber, sempre a West Point, ha riconosciuto che gli Stati Uniti si troverebbero in una posizione molto sfavorevole in un campo di battaglia di questo tipo, dato che queste tattiche di “distribuzione” e occultamento non funzionerebbero per le unità dell’esercito americano, il cui “inquinamento del segnale” è di molti ordini di grandezza superiore a quello di qualsiasi altro Paese del mondo.

Ciò significa che tutti i posti di comando posteriori, le aree C2, ecc. si illuminerebbero come alberi di Natale sui sensori SIGINT/ELINT. I droni russi stanno tracciando gli ucraini grazie ai deboli segnali delle loro schede telefoniche, immaginate un quartier generale di un battaglione statunitense con una propria rete di router wifi 5G.

Per continuare, l’autore nota anche che le forze russe si sono notevolmente adattate a questo campo di battaglia moderno, con le forze di artiglieria in particolare che sono diventate “altamente reattive... e meno vulnerabili al fuoco di controbatteria”.

Si fa riferimento a come anche gli attacchi HIMARS siano stati in gran parte neutralizzati dall’EW russa, mentre l’infrastruttura C2 è diventata più resistente a tali attacchi in generale grazie a una migliore distribuzione, Opsec, ecc.
Le forze russe, inoltre, impiegano raramente i blindati e la fanteria in assalti concentrati e nella difesa occupano posizioni disperse, mentre ricorrono sempre più spesso all’artiglieria per smussare gli attacchi ucraini.
L’autore chiude l'analisi concludendo che l’attuale disposizione del campo di battaglia è il culmine di decenni di sviluppi russi e di comprensione del fatto che le grandi concentrazioni di truppe sono estremamente vulnerabili nell’era moderna. L'autore sostiene che ci sono solo due modi possibili per contrastare queste vulnerabilità e uscire dallo stallo intrinseco:
Il primo è migliorare l’efficacia dei propri complessi di ricognizione-incendio e ricognizione-attacco, al fine di degradare le capacità di attacco in profondità dell’avversario. Il secondo consiste nel disperdere le formazioni sul campo di battaglia per aumentarne la sopravvivenza.
Quindi, sia la Russia che l’Ucraina stanno facendo quanto sopra. Entrambe stanno migliorando il loro fuoco di ricognizione in molti modi, nel caso dell’Ucraina si tratta della fornitura aggiuntiva di sistemi ISR occidentali come la costellazione finlandese di satelliti SAR ICEYE, annunciata di recente e fornita all’Ucraina. E chiaramente, entrambi stanno disperdendo le proprie formazioni.

Anzi, per certi versi si può azzardare che l’Ucraina lo stia facendo ancora di più, o meglio, della Russia, semplicemente per necessità. Ma l’autore ci lascia con un ultimo punto molto importante:
Tuttavia, le attuali condizioni del campo di battaglia aggiungono la difficoltà di raggiungere la concentrazione di forze necessaria per stabilire gli sforzi principali durante le operazioni offensive. Questo riduce gli impegni su larga scala e quindi richiede una concentrazione e una sincronizzazione degli effetti, piuttosto che un tradizionale ammassamento fisico delle truppe.

A sua volta, questo comporta un onere aggiuntivo per il comando e il controllo, soprattutto se contestato dalla guerra elettronica.

Solo interrompendo la catena di morte dell’avversario, le formazioni più grandi possono riacquistare la capacità di concentrarsi e di impegnarsi in una guerra di manovra.

Durante la guerra in Ucraina, la superiorità nell’efficacia della catena di morte è diventata uno degli obiettivi principali per entrambe le parti. In questa guerra e in qualsiasi altra caratterizzata dalle stesse dinamiche, questa superiorità diventa una condizione essenziale per la vittoria.
Per i non addetti ai lavori potrebbe sembrare un’insalata di parole, ma permettetemi di analizzarla perché converge con un punto conclusivo che io stesso ho esposto qualche tempo fa su come sia possibile superare il temuto stallo moderno.

In primo luogo, l'autore ribadisce un’ultima volta l’ovvio: raggiungere la concentrazione di forze necessaria per fare breccia è quasi impossibile, perché grandi gruppi di unità sono troppo vulnerabili all’annientamento istantaneo da parte di inarrestabili sistemi di precisione a lungo raggio. Proprio la settimana scorsa è circolata la voce che un comandante ceceno, che aveva tenuto un “discorso entusiasmante” a un folto gruppo di truppe, sia stato visitato dalla fata HIMARS nel giro di pochi istanti [ma successivamente il “successo” dell’operazione è stato smentito dal diretto interessato, ndr].

Il fatto è che i piccoli droni moderni sono quasi invisibili ai radar. Lo ha ammesso lo stesso Putin nei colloqui della scorsa settimana, quando gli è stato chiesto di parlare degli attacchi dei droni al Cremlino e di come poterli fermare. Ha detto che la Russia sta facendo degli aggiustamenti al riguardo, ma che è difficile perché i piccoli droni moderni, in particolare quelli fatti di legno e altri materiali economici/sottili, sono praticamente “trasparenti” per quanto riguarda le onde radar.

Avete mai notato che la parte anteriore del cono nasale di un caccia è fatta di un materiale diverso dal metallo più duro del resto dell’aereo?

Questo perché le onde radar passano attraverso l’ogiva come se questa non ci fosse, perché i materiali più leggeri sono piuttosto porosi per le onde radar. Il punto è che non c’è modo di aggirare il fatto che piccoli droni vi ronzeranno e vi osserveranno in ogni momento, a prescindere da quanto grande sia la vostra “superpotenza”, e qualsiasi concentrazione di truppe che esponete stupidamente sul campo sarà rapidamente bombardata da un nemico competente.

Ma il punto chiave è la frase successiva, che incollo di nuovo:
Questo riduce gli impegni su larga scala e quindi richiede una concentrazione e una sincronizzazione degli effetti, piuttosto che un tradizionale ammassamento fisico di truppe. A sua volta, questo comporta un onere aggiuntivo per il comando e il controllo, soprattutto se contestato dalla guerra elettronica.
Questo è il punto cruciale: per aggirare questa situazione di stallo, l’unico modo è creare un comando e controllo altamente efficiente, fluido e ben addestrato, in grado di coordinare con grande competenza le varie unità e i vari “effetti” (EW, fuoco, psicologici/ibridi, ecc.) in modo potentemente sincronizzato, in modo da consentire alle unità di terra che avanzano di perforare e sfondare le linee del nemico grazie agli altri sistemi coordinati che identificano e sopprimono le strutture difensive chiave, le batterie, ecc.

In breve, è necessaria una capacità di armi combinate a spettro completo in cui l’aviazione, l’artiglieria divisionale, le truppe di segnalazione/guida e il comando inferiore operino tutti in una sincronizzazione fluida per avanzare insieme.

Se ricordate, questo è stato esattamente il punto principale su cui mi sono soffermato per spiegare perché la prima grande incursione dei Leopard/Bradley dell’AFU è fallita nei campi minati, e come non siano stati in grado di sincronizzare tutti gli elementi necessari per sopprimere le difese russe (artiglieria, ATGM, riporti di mine, ecc.), il che ha causato un’avanzata a singhiozzo che a volte ha visto i convogli di corazzati dell’AFU doversi “fermare e aspettare” sul posto per lunghi periodi di tempo mentre i loro esploratori avanzati o le squadre ISR dei droni trasmettevano lentamente le coordinate ai gruppi di fuoco nel tentativo di sopprimere le difese abbastanza da permettere al gruppo di corazzati di avanzare senza essere distrutto all’istante.

Il problema è che la Russia ha ancora problemi con questo tipo di integrazione. Può essere migliore di quella dell’Ucraina, e sta migliorando di giorno in giorno, con alcuni settori e accoppiamenti di unità/comandi di teatro che vanno meglio di altri.

Ma ci sono stati casi in passato, in particolare durante l’offensiva di Kharkov dell’anno scorso, in cui abbondavano le storie dell’orrore sulla mancanza di comunicazione/coordinamento tra i gruppi aerei russi e le forze di terra, ad esempio con i piloti dei Su-25 che cercavano disperatamente di chiamare le truppe a terra con i loro cellulari per capire chi bombardare.

Ci si potrebbe chiedere come sia possibile, quando l’intero scopo di questo articolo è quello di trasmettere i decenni di genialità militare della Russia nel teorizzare queste stesse soluzioni. Il problema sta nel fatto che una cosa è teorizzare tutto questo, e una cosa completamente diversa è introdurlo senza problemi nelle strutture di comando e, soprattutto, addestrarlo e inculcarlo in ogni truppa e unità.

Quindi, mentre questi sistemi sono stati sviluppati sulla carta, la loro effettiva implementazione rimane frammentaria, ma è in continuo miglioramento.

Una delle altre ragioni della disomogeneità ha a che fare con l’equipaggiamento tecnico in sé – o con la sua mancanza – piuttosto che con l’addestramento del personale. Uno dei limiti principali delle forze armate russe sono i sistemi di comunicazione. Alcuni di essi sono obsoleti e non sono all’altezza dei moderni standard di collegamento digitale. Abbiamo tutti sentito parlare del famigerato scandalo della radio cinese Baofeng da 20 dollari. Ma ricordate: la parola chiave è “alcuni”.

Ciò causa ovvi problemi nel coordinamento di operazioni su larga scala. Ancora una volta: si tratta di una scala mobile, non binaria. La Russia ha alcuni problemi in questa categoria, ma è ancora una delle forze armate più potenti al mondo da questo punto di vista.

La maggior parte dei Paesi della NATO ha problemi ancora peggiori, come la storia recentemente raccontata delle unità di carri armati tedeschi che non riuscivano nemmeno a comunicare, con i comandanti costretti ad aprire i portelloni e a gridare indicazioni ai carri armati adiacenti perché le loro apparecchiature di comunicazione erano così scarse.

È semplicemente qualcosa su cui la Russia deve ancora lavorare, come ha riconosciuto lo stesso Putin durante la recente tavola rotonda in cui ha elencato i “sistemi di comunicazione” tra i droni e le munizioni guidate tra le cose trovate “carenti” durante la SMO.

Ma come ho illustrato in dettaglio nel precedente articolo sull’ISR, la Russia sta rapidamente migliorando anche in questo senso, poiché sta introducendo una grande varietà di sistemi di integrazione del campo di battaglia incentrati sulla rete, come lo Strelets-M, l’Andromeda-D, il Planshet-M e molti altri, che danno ai comandanti la possibilità di trasmettere istantaneamente le coordinate dei bersagli nemici a qualsiasi tipo di unità sul campo di battaglia, che si tratti di una batteria di artiglieria o persino di un bombardiere come un Su-34 con un sistema corrispondente.

Questi sono esattamente i tipi di sistemi richiesti per ottenere il coordinamento necessario a superare l’impasse insito nella guerra moderna basata sull’ISR. Se ogni singola unità sul campo di battaglia fosse completamente integrata con le altre, dove un solo clic di un dito può promuovere gli obiettivi sugli schermi di ogni altra unità nel teatro, allora l’avanzamento e la svolta sarebbero semplici.

Tenete presente che anche l’Ucraina dispone di una serie di sistemi di questo tipo (di cui ho parlato a lungo nel mio articolo sull’ISR), come GIS Art, Nettle, Delta e molti altri. Ma il problema è che sono per lo più incentrati sull’artiglieria e non sono del tutto diffusi, per non parlare del fatto che l’Ucraina non ha una vera e propria forza aerea su cui contare, che è una componente critica di ciò di cui stiamo parlando.

In generale, l’esercito russo rimane “disomogeneo”, ma lo sono anche quelli di tutti tutti gli altri paesi del mondo, la maggior parte dei quali lo è ancora più dell'esercito russo. Ci sono unità specializzate e più d’élite all’interno dell’esercito russo che sono le più avanzate al mondo nel loro determinato MOS, persino di gran lunga superiori ai loro equivalenti americani (in particolare nel reparto EW, per esempio, dove anche gli Stati Uniti ammettono che la Russia è in vantaggio, come ho riassunto una volta dal loro rapporto interno di Fort Benning).

Ma poi, dall’altra parte del teatro, la Russia avrà altre unità dello stesso tipo che utilizzano equipaggiamenti degli anni ’70 semplicemente perché gli ammodernamenti non hanno ancora fatto il loro corso in tutte le forze armate.

La ragione di ciò, tra l’altro, è dovuta al fatto che questa guerra è il più grande impegno su scala per la Russia dalla Seconda Guerra Mondiale, il che significa che sta usando unità che non sono mai state pensate per essere risorse di prima linea, e quantità di truppe che non ha usato in 70 anni, il che richiede di attingere alle vecchie scorte per armare queste grandi quantità di truppe impreviste.

Lo si può vedere ovunque: ci sono unità di artiglieria con i più recenti 2S19M2 completamente automatizzati e computerizzati e poi ci sono ancora unità che si aggirano con i Gvozdika o addirittura con i cannoni D-20 dell’epoca della Seconda Guerra Mondiale.

In tempo di pace, queste unità con equipaggiamenti vecchi sarebbero state tenute nelle retrovie solo a scopo di addestramento, mentre i distretti militari più pronti e in prima linea, come l’Ovest e il Sud, avrebbero avuto tutte le attrezzature più recenti.

Ciò significa che su alcuni fronti limitati, la Russia è in grado di eseguire la piena misura delle evoluzioni teoriche delineate in questo articolo, mentre in altre aree subirà un relativo rallentamento e le unità presenti saranno probabilmente buone solo per mantenere una difesa statica.

Ma con la grande industrializzazione avviata dalla SMO (Operazione militare speciale, ndr), la Russia si sta modernizzando a un ritmo più veloce che mai. Lo si può vedere chiaramente anche guardando i video recenti dei soldati stessi: le loro uniformi e l’equipaggiamento generale sono molto migliorati rispetto all’inizio dell’SMO, dove si vedevano ancora molti reparti con elmetti/armature/camicie malridotte.

Quando la modernizzazione raggiungerà il punto critico di saturazione dei necessari sistemi di rete ad alta tecnologia, è chiaro che la Russia avrà voltato pagina e vedremo un esercito russo come nessun altro. I decenni di teorizzazione e di evoluzione delle dottrine convergeranno con il progresso tecnologico necessario per implementare con successo queste stesse dottrine nella pratica.

A quel punto, nessun altro esercito al mondo avrà sia la base dottrinale istituzionalizzata sia la tecnologia, l’equipaggiamento e l’esperienza per superare il grande enigma del campo di battaglia moderno.

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