I fatti dicono che, in Medio Oriente, stiamo ormai andando oltre lo scontro storico tra la resistenza palestinese e l’occupazione israeliana.
Da un lato Israele scopre che la sua consuetudine alla punizione collettiva contro i palestinesi mette in seria difficoltà i suoi alleati del blocco euroatlantico. Il fatto che a gestire la “vendetta” sia ancora un governo con a capo Netanyahu e il suo contorno di ministri ritenuti “estremisti messianici”, ha scavato in profondità nelle relazioni tra Tel Aviv e alcune cancellerie occidentali. La presenza dentro Gaza di ostaggi di vari paesi tra quelli sequestrati dai palestinesi nel raid del 7 ottobre, complica ulteriormente il quadro.
Gli Stati Uniti soprattutto appaiono in confusione. Hanno spostato un secondo gruppo di portaerei nel Mediterraneo orientale ma hanno precisato che le navi da guerra statunitensi non intendono partecipare alle operazioni militari israeliane. La loro presenza dichiara lo scopo di inviare un messaggio di deterrenza all’Iran e a Hezbollah, per dissuaderli dall’approfittare della situazione per attaccare Israele. Antony Blinken, il segretario di Stato americano, ha però chiesto, paradossalmente, alla Cina di usare la sua influenza sull’Iran per evitare che il conflitto si diffonda in tutto il Medio Oriente.
Dall’altro lato anche paesi che hanno sempre tenuto un basso profilo, limitandosi fino ad oggi a chiedere il rispetto della legalità internazionale sul “conflitto israelo-palestinese” (che in questo caso è indubbiamente a favore dei palestinesi), stanno alzando i toni.
È il caso proprio della Cina, secondo cui le azioni di Israele sono andate “oltre l’ambito dell’autodifesa” e il governo israeliano deve “cessare la punizione collettiva del popolo di Gaza”. Pechino ha chiesto a tutte le parti “una de-escalation e di tornare al tavolo del negoziato il prima possibile”. L’inviato cinese Zhai Jun sarà in Medio Oriente la prossima settimana per spingere per un cessate il fuoco nel conflitto tra Israele e Hamas e per colloqui di pace, riferisce l’emittente statale cinese CCTV.
La Russia ha chiesto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di votare oggi su un progetto di risoluzione sul conflitto Israele-Hamas che chiede un cessate il fuoco umanitario e condanna la violenza contro i civili e tutti gli atti di terrorismo.
La prevista invasione di Gaza da parte dell’esercito israeliano “potrebbe portare ad un genocidio di proporzioni senza precedenti”. È l’allarme lanciato dai capi della Lega Araba e dell’Unione Africana in una dichiarazione congiunta. Entrambe le organizzazioni hanno chiesto “all’Onu e alla comunità internazionale di fermare la catastrofe che si sta svolgendo davanti a noi, prima che sia troppo tardi”. L’Arabia Saudita ha dichiarato seppellita la normalizzazione dei rapporti con Israele.
Ma anche tra potenze rivali storiche di Israele come l’Iran i toni sembrano andare oltre quella della retorica utilizzata in questi decenni. “Se continueranno i crimini del regime sionista nei confronti del popolo palestinese, nessuno può garantire che la situazione nella regione rimanga la stessa”. L’avvertimento di Teheran a Israele arriva tra l’altro dopo l’incontro avvenuto a Doha, in Qatar, tra il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian e il leader di Hamas Ismail Haniyeh.
L’attentato a Teheran contro un alto ufficiale dei servizi di sicurezza iraniani potrebbe stavolta essere un serio passo falso per Israele, così come lo sono stati i bombardamenti sugli aeroporti siriani di Damasco e Aleppo, ultimi in ordine di tempo di ripetuti raid aerei contro la Siria in questi anni.
La missione di pace Onu in Libano (UNIFIL) ha fatto sapere che il suo quartier generale è stato colpito da un razzo nella città meridionale di Naqoura, durante scontri al confine tra soldati israeliani e Hezbollah.
Sul confine tra Libano e Israele, dopo il lancio di missili anti-carro dal Libano che hanno causato un morto e alcuni feriti in una pattuglia dell’esercito israeliano che operava al confine, l’esercito di Tel Aviv ha fatto sapere di aver “attaccato obiettivi militari” di Hezbollah.
Nella regione mediorientale la “ferita palestinese” è rimasta aperta in tutti questi anni ma la strategia israeliana, statunitense ed europea, ha ritenuto di avere in qualche modo liquidato come irrilevante la questione palestinese, cercando solo di favorire la ripresa di rapporti economici e diplomatici tra Israele a paesi arabi. Ma l’ultima illusione di Washington e Tel Aviv sugli “accordi di Abramo” è venuta giù fragorosamente.
Mentre il mondo e le relazioni internazionali cambiavano profondamente, le leadership israeliane e occidentali pensavano che i palestinesi – ma anche un risentimento che veniva crescendo in Iraq, Siria, Maghreb, Africa – non fosse un problema. I fatti si sono incaricati di smentirli. Dolorosamente come è inevitabile in questi casi.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento